«È DIFFICILE EVITARE LE TORRI GEMELLE
QUANDO VUOI PARCHEGGIARE UN BOEING A MANHATTAN»
UN LIBRO POLITICAMENTE IMPRESENTABILE DELL'ALGERINO Y.B.
11/9, TRE ANNI DOPO. SI PUO' RIDERE DEL TERRORE? SI', PER SEPPELLIRLO...

RIDERE DEL FANATISMO
Dario Olivero per www.repubblica.it


Ridere del fanatismo. Gettare un'onda di sarcasmo sul terrorismo, sul martirio in nome di Dio, sull'odio e sulla superstizione su cui il potere ha innestato religione e teologia. Si può fare tutto questo? Si può parlare del genocidio algerino dei tagliatori di teste del Gruppo islamico armato facendo ridere? Si può parlare dello svuotamento fisico, spirituale e istituzionale di uno Stato e di un popolo attraverso il setaccio dell'ironia e del comico?
E' quello che fa Yassir Benmiloud, più noto come Y. B., già autore del controverso Allah Superstar. Ora arriva in Italia l'altrettanto controverso Zero Kill (tr. it J. De Michelis, Mondadori, 7,80), primo volume di una trilogia dedicata all'Algeria, paese d'origine di Y. B. Yussef Sultane è un militante di un gruppo islamico collegato al Gia, un volenteroso carnefice incendiato dalla jihad contro gli infedeli, i crociati, i mangiamaiali, i cristiani, i nemici personali con cui ha conti in sospeso. Contro il mondo. Muore da martire nella sua ultima missione.

Convinto di risvegliarsi nel paradiso promesso circondato da vergini, si ritrova invece di fronte a un severo angelo della morte. E le cose per Yussef si mettono male fin dall'inizio. L'angelo non sembra per niente incline a usare il metro di giudizio dell'imam che ha convinto Yussef a diventare un militante e piano piano viene passata in rassegna la sua vita. Si metterà malissimo. Ogni riga del libro di Y. B. è sopra le righe. Niente viene risparmiato. Ogni regola della sharia, la legge islamica nella sua espressione più rigida, viene sommersa dal sarcasmo, ogni debolezza mascherata da precetto religioso rivelata per quello che è: paura, insicurezza, ipocrisia. E soprattutto, controllo, potere, vampirismo. "Se la religione è l'oppio dei popoli - dice Y. B. - in Algeria è cocaina".


«IL SOLE FA MALE ALLA PELLE E AI DIRITTI UMANI»
Tratto da "Allah Superstar" - Sotto titolo: "Se vuoi parcheggiare un Boeing a Manhattan, è difficile evitare le Torri Gemelle" - di Y.B. (Yassir Benmiloud), Einaudi

Io voglio diventare o star del cinema, o comico alla mo­da, o alle brutte presentatore famoso che finisce sulle co­pertine dei settimanali. Ma per gli Arabi è più facile entrare a Al-Qaeda che alla televisione per colpa del numero chiu­so. Quindi io, in quanto giovane di origine difficile, ho l'orizzonte sbarrato a livello artistico. E non lo dico per scas­sare col fatto che la Francia è razzista e tutto quanto, è so­lo che ci ritroviamo in questa situazione e sembra che la Francia se l'è presa perché le abbiamo fatto la guerra d'Al­geria o che.

Da qui a dire che l'11 settembre è stata una bel­la cosa, no. Intanto era filmato malissimo, poi magari sono stati gli Ebrei, e alla fine comunque io sono contro la poli­tica, dico solo che in Francia, dal punto di vista delle star arabe, solo Jamel Debbouze non fa la fame. Anche Smain, è vero, ma mi hanno detto che lui ha un ristorante.

Intanto mi presento: Kamel Hassani. Sono nato in Al­geria diciannove anni fa. Mio padre si chiama Mohamed come tutti quanti. Al suo Paese lavorava nel turismo e infatti ha incontrato mia madre sulla spiaggia di Tipaza nell'82, Martine Gros, stenodattilografa in vacanza con il suo simpatico comitato aziendale. Mio padre l'ha scopata così bene che lei è rimasta con lui ad Algeri e sullo slancio sono nato io. Un anno dopo un tizio con la barba vestito di bianco ha sputato addosso a mia madre poveretta, e l'ha chiamata «francese satanica», lei che invece era solo una brava ragazza della campagna del Sud.

Mio padre per for­tuna ha reagito da uomo: è schizzato all'agenzia di viaggi a comprare tre biglietti. Ho detto la mia prima parola all'aeroporto di Orly, è stata «cacca», credo per via del tempo di merda.

Mio padre diceva sempre: « Il sole fa male alla pelle e ai diritti umani». E anche se io sono contro la politica, pen­so che aveva ragione, tranne che per la California. In breve, tutto questo era per dire che per un pelo non sono na­to a Evry, alla periferia di Parigi, quindi so di cosa parlo a livello di show business e il resto.

Come ho già detto voglio diventare come minimo fa­moso, ma non per tirarmela o che, per la sopravvivenza. Guarda, se prendi per esempio un francese normale, bian­co e che canta, be', può diventare famoso o restare ano­nimo, dipende da lui e se la giuria di Saranno famosi lo vo­ta. Invece se prendi un giovane di origine difficile nato in un quartiere di una zona a rischio soggetto a programmi di sostegno scolastico, quindi un arabo o un nero, ebbe', lui non ha scelta: o diventa famoso o niente. Non anoni­mo, proprio niente, e non è la stessa cosa.

E come dire per esempio dormire e morire, non è la stessa cosa. Ed è per questo che la giuria di Saranno famosi alla fine ha scelto un'araba e sono stati carini con lei visto come canta, per­ché i giovani di origine difficile, ti dico, non possono nean­che bere qualcosa di anonimo in una discoteca anonima e riuscire a fare un lavoro anonimo in un appartamento ano­nimo, con una macchina e una donna anonime, a parte Ja­mel Debbouze.

E comunque non ho mai visto un arabo vincere un César come miglior attore, a parte Isabelle Adjani, ma lei ha gli occhi blu come Samy Naceri, e io no. Anche un mongoloide ha vinto un César con Daniel Au­teuil nonostante in Francia ci sono più maghrebini che mongoloidi. Anche se i mongoloidi mi piacciono un sac­co. Chiaro che non ho i paraocchi, vedo benissimo la di­scriminazione razziale che nessuno chiama con il suo vero nome mentre io mi sono presentato, Kamel Hassani, il fu­turo più grande comico di origine difficile, a parte Jamel Debbouze.

E giuro sulla tomba di mia madre che diven­terò famoso come tutti gli anonimi. E dico la tomba per­ché mia madre è morta scivolando che avevo quattro an­ni, è triste, lo so.



All'inizio mi sono detto: per diventare star del cinema ci vuole un produttore, per diventare presentatore famoso che finisce sulle copertine ci vuole una raccomandazione, ma per diventare comico alla moda? Intanto bisogna far ridere.

Se io faccio ridere? Non capisco che c'entra. Prendi il gruppo dei Robin des Bois di Tele + , loro sono comici alla moda, ti fanno ridere? Vedi? Per essere comici alla moda bisogna giu­sto trovare il pitch folgorante così Thierry Ardisson ti invi­ta alla sua trasmissione per parlare di te tra parolacce e pe­rizomi per l'Auditel del servizio pubblico.

Come ho già detto, mamma poveretta è morta che ave­vo quattro anni, quindi non è colpa mia. È scivolata da so­la su non so che, papà non ne ha mai voluto parlare come se la cosa lo infastidiva. Io ero molto triste perché il man­giare era diventato schifoso e non avevo più pannolini pu­liti. A dieci anni, quando mio padre ha visto che non man­giavo né il crudo né il bruciato e quindi niente, ha pensa­to che dovevo essere depresso e mi ha portato da una psicologa.

Mi ricordo più o meno che lei mi ha detto: ora che tua madre è morta devi uccidere tuo padre per com­pensare. All'epoca non avevo capito bene perché la psico­loga aveva un forte accento tedesco o alsaziano o che, ma adesso sono d'accordo, è per questo che non sono contra­rio all'adozione da parte degli omosessuali, dico solo che
servono due psicologi per uccidere i due padri. Perlome­no per i ragazzi.

Ma il problema, degli orfani, soprattutto di madre come me, è che il tuo vecchio non è diventato un orfano, ma un segaiolo; dato che non tromba piú, si mena via, è logico. La cosa peggiore era l'alcol. È vero, ho visto bere mio padre una volta sola, ma è durata pa­recchio, tra i quattro e i dodici anni non ha mai smaltito la sbornia, ma dopo grazie a Dio si è calmato, ha ascolta­to la sua barba crescere, è andato alla Mecca ed è diven­tato un buon musulmano. Ecco che ho detto la parolac­cia: musulmano...


PERO'
Dal blog Camillo di Christian Rocca -

Autore: Y. B., che sta per Yassir Benmiloud, romanziere, 36 anni, francese di origini algerine.
Titolo: Allah Superstar.
Sotto titolo: "Se vuoi parcheggiare un Boeing a Manhattan, è difficile evitare le Torri Gemelle". Risate.
Casa editrice: Einaudi.
Ecco. Nell'era del politicamente corretto, nell'epoca in cui non si può dire né negro né nero a una persona "di colore", in cui è vietato dire pane al pane, frocio al frocio, cieco al cieco e nano al nano, nel mondo in cui finanche la guerra si cura di non fare troppo male al nemico tagliatore di teste, ché c'è da riscaldare prima i cuori e poi le menti; nei giorni, a proposito di teste, in cui guai a pubblicare le foto di Nick Berg, insomma in questa meravigliosa società occidentale e multiculturale in cui stancamente vegetiamo succede che è vietato quasi tutto cioè che è urticante, fuorché prendere per i fondelli i tremila morti di Manhattan e far diventare simpatici i volenterosi sgozzatori di Allah.

Y.B. scrive che "Zacarias Moussaoiu, poveretto, è l'unico pirata dell'11 settembre che ha perso l'aereo... E per una volta che un marocchino tenta la strada del terrorismo internazionale invece di quella del negozietto di alimentari, io gli dico bravo". Certo, si tratta di un romanzo. Certo, l'autore è un dissacratore. Certo, scrive bene. Certo, sfotticchia anche la cialtroneria degli imam e la coscienza falsa dei fondamentalisti. Però.

Il libro racconta la storia di un giovane comico franco-algerino che vuole diventare famoso e sa che "per gli arabi è più facile entrare in Al Qaida che alla televisione", motivo per cui spera di ottenere una bella fatwa islamica come quella che ha fatto la fortuna, così scrive Y.B., di Salman Rushdie. La notorietà da fatwa gli consentirà di viaggiare e incontare Bono, prendere un tè col Papa, fumarsi un sigaro con Clinton e farsi "una grossa striscia con Bush junior". Solo a quel punto il suo spettacolo satirico sarà davvero "esplosivo" e diventerà un "comico kamikaze".

Questa la trama. La critica ne è entusiasta, c'è chi dice che Y.B. sia il nuovo Woody Allen, chi il nuovo Lenny Bruce. Esempi: "Da qui a dire che l'11 settembre è stata una bella cosa, no. Intanto era filmato malissimo, poi magari sono stati gli ebrei, e alla fine io sono contro la politica". E' per frasi come questa che, cita Einaudi nella seconda pagina di copertina, "Les Inrockuptibles" giudica Y.B. come "il miglior romanziere francese di questa stagione". Ancora: "Quando bin Laden ha tirato giù le torri gemelle mio padre ha detto, me lo ricordo benissimo, testuali parole: - Non so chi è il figlio di puttana che ha fatto questo ma io invito lui a mangiare il cuscus a casa mia quando vuole!".

Scrive Paris Match, sempre sulla seconda di copertina del libro: "Un romanzo pieno di trovate, di personaggi eccentrici, di scene comiche". Eccone una: "Io non ho la barba e se devo fare la parte del terrorista allora mi devo mettere una barba finta metaforica così i giornalisti alla moda penseranno che l'islam è la religione dell'umorismo e della pace e dato che i giornalisti alla moda sono per la maggior parte ebrei, all'improvviso hanno ancora più paura e quindi ridono ancora di più e scrivono delle cose carine su di te per farti diventare loro amico". Commenta Einaudi, sulla quarta di copertina: "E' una sorta di Céline musulmano". Forse, andrebbe aggiunto, più il Céline delle "Bagattelle per un massacro" che quello del "Viaggio al termine della notte".

Il caustico e iconoclasta romanziere continua così: "Detto tra noi, di terroristi non ne ho mai visti molti a Evry invece li ho visti in televisione su Tf1, ma devono essere dei precari della jihad perché quelli col contratto a tempo indeterminato i giornalisti li sgozzano, come in Algeria, il mio bel paese". Scrive, sempre sulla quarta di copertina, il Nouvel Observateur: "Un magnifico e divertentissimo one-man show". Eccone la prova: "Su Arté c'era un documentario sui campi di concentramento, allora mio padre ha detto che le camere a gas non sono mai esistite ma lo Sceicco ha ribattuto immediatamente che 'era tutti fumino e niente rabbino' ".

Y.B. sfotte Oriana Fallaci e Michel Houellebecq e ha una vera fissazione su Rushdie, Albert Camus e il ministro Nicolas Sarkozy, noto per il suo pugno di ferro contro gli islamisti. La più bella battuta del libro, Y.B. la attribuisce ad Alain Finkielkraut: "All'improvviso ho potuto conoscere Finkielkraut, il filosofo antifascista, che ha blaterato che io ero 'l'anello mancante tra la giudeofobia, la francofobia e l'islamofobia' ".


Dagospia 11 Settembre 2004