DEMOCRAZIA IN PERICOLO: PALAZZO CHIGI ASSALTATO DA 4650 DIPENDENTI
Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera
«Pochi giorni fa ho incontrato la signora Margaret Thatcher che criticava Tony Blair perché ha aumentato i dipendenti di Downing Street da 70 a 200. Ma lo sapete quanti sono quelli di Palazzo Chigi? Quattromilacinquecento. Dico: 4.500!», sbottò a metà settembre Silvio Berlusconi, mettendosi le mani nei radi capelli. Detto fatto, i partiti della Casa delle Libertà, hanno deciso di dare una sterzata. E di assumerne altri 150. La decisione, che rafforza l'impressione di una certa distonia tra i desideri del Presidente del consiglio e le azioni della sua truppa che dovrebbe realizzarli, è contenuta in un emendamento alla Finanziaria coralmente firmata dai responsabili in commissione bilancio dei quattro partiti dello schieramento destrorso.
E smaschera definitivamente Francesco Rutelli. Ricordate cosa aveva detto in campagna elettorale? «Quelli del Polo hanno parlato di dimagrimento nella Pubblica amministrazione: vedete che parola leggiadra usano, sembra la pubblicità di certe cliniche: "sei chili in sei giorni...". Ma dimagrimento significa una cosa sola: licenziamenti». Balle. Il nuovo governo non licenzia: assume più che può.
Per capirci qualcosa va fatto un passo indietro. Magari non ai tempi di Antonio di Rudinì o Benedetto Cairoli, quando la Presidenza del consiglio lasciava ai posteri resoconti di dibattiti sull'opportunità o meno di assumere due nuove segretarie o confermare tre o solo due archivisti. E forse non vale nemmeno la pena di tornare agli anni della Prima Guerra Mondiale, affrontata dal Capo del governo di allora avendo alle dipendenze dirette poche decine di persone. Altri tempi.
Lo stesso Berlusconi, però, spiegò durante la sua prima residenza a Palazzo Chigi che proprio non capiva il perché di tanti dipendenti che si era ritrovato. Una massa tale che Raffaele Costa, pignolo cacciatore sabaudo di sprechi e idiozie amministrative, aveva contato «43 addetti all'ufficio stampa e 280 autisti di auto blu». Sospirò allora Sua Emittenza con l'aria di chi è colpito da una colica: «Ai tempi di De Gasperi l'organico era sulle 200 persone. Ma col passare dei governi si sono stratificati i dipendenti».
Un andazzo decennale. Con progressivo ingolfamento, via via che cambiava il capo, di andreottiani e rumoriani, spadoliniani e craxiani, "tecnici" e berlusconiani, prodiani e dalemiani. E un allargamento parallelo del palazzo in stanze, corridoi, anticamere, bagni e sale riunioni recuperati qua e là nei dintorni. Un mostro che cresceva, cresceva e cresceva indifferente alla riduzione delle competenze. Fino a toccare l'organico stratosferico denunciato appunto da Berlusconi nel paragone ironico con la Thatcher e Blair: 4500 persone. Pagate mediamente, grazie a una speciale indennità, il 18% in più rispetto agli altri ministeriali.
Bene. In questo contesto, forse credendosi nel solco della della promessa berlusconiana di un «rifacimento dal profondo di tutta l'organizzazione dello Stato», i senatori Francesco Ferrara di Forza Italia, Oreste Tofani di An, Amedeo Ciccanti del Ccd-Cdu, rappresentanti ciascuno del proprio partito nella Commissione Bilancio, più il capogruppo leghista al Senato Francesco Moro, hanno avuto una bella pensata. E hanno firmato insieme, perché la cosa fosse solenne, l'emendamento alla finanziaria «A.S.699». Che dice testualmente: «All'art. 12 dopo il comma 2 aggiungere il seguente: "2-bis. Il personale di cui agli articoli 1 e 2 della legge 26 novembre 1993, n. 482, è inquadrato, a domanda, nel ruolo unico speciale presso la Presidenza del Consiglio. Conseguentemente è abrogata la legge 26 novembre 1993 n. 482».
Di che legge si tratta? Di quella con cui, dopo l'esplosione di Tangentopoli, falciati dagli arresti e impossibilitati a ricorrere ai finanziamenti neri, i partiti fecero assumere segretarie, autisti, portaborse, consulenti che non potevan più pagare in proprio. Consentiva di prendere un tizio dipendente da un ente pubblico o da una società privata e «distaccarlo» presso i gruppi parlamentari, a spese della collettività. Bene: tradotto dal burocratese, l'emendamento in questione (scovato tra migliaia da Willer Bordon) dice che tutti questi collaboratori oggi provvisoriamente al lavoro negli uffici dei partiti in Parlamento, circa 150, possono essere assunti facendo una semplice domanda, senza concorso, a Palazzo Chigi. Tra loro deputati e senatori hanno infilato sorelle, cognati, cugini, amiche... E quando se la sarebbero sognata, una carriera così?
Gian Antonio Stella
Dagospia.com 29 Ottobre 2001
«Pochi giorni fa ho incontrato la signora Margaret Thatcher che criticava Tony Blair perché ha aumentato i dipendenti di Downing Street da 70 a 200. Ma lo sapete quanti sono quelli di Palazzo Chigi? Quattromilacinquecento. Dico: 4.500!», sbottò a metà settembre Silvio Berlusconi, mettendosi le mani nei radi capelli. Detto fatto, i partiti della Casa delle Libertà, hanno deciso di dare una sterzata. E di assumerne altri 150. La decisione, che rafforza l'impressione di una certa distonia tra i desideri del Presidente del consiglio e le azioni della sua truppa che dovrebbe realizzarli, è contenuta in un emendamento alla Finanziaria coralmente firmata dai responsabili in commissione bilancio dei quattro partiti dello schieramento destrorso.
E smaschera definitivamente Francesco Rutelli. Ricordate cosa aveva detto in campagna elettorale? «Quelli del Polo hanno parlato di dimagrimento nella Pubblica amministrazione: vedete che parola leggiadra usano, sembra la pubblicità di certe cliniche: "sei chili in sei giorni...". Ma dimagrimento significa una cosa sola: licenziamenti». Balle. Il nuovo governo non licenzia: assume più che può.
Per capirci qualcosa va fatto un passo indietro. Magari non ai tempi di Antonio di Rudinì o Benedetto Cairoli, quando la Presidenza del consiglio lasciava ai posteri resoconti di dibattiti sull'opportunità o meno di assumere due nuove segretarie o confermare tre o solo due archivisti. E forse non vale nemmeno la pena di tornare agli anni della Prima Guerra Mondiale, affrontata dal Capo del governo di allora avendo alle dipendenze dirette poche decine di persone. Altri tempi.
Lo stesso Berlusconi, però, spiegò durante la sua prima residenza a Palazzo Chigi che proprio non capiva il perché di tanti dipendenti che si era ritrovato. Una massa tale che Raffaele Costa, pignolo cacciatore sabaudo di sprechi e idiozie amministrative, aveva contato «43 addetti all'ufficio stampa e 280 autisti di auto blu». Sospirò allora Sua Emittenza con l'aria di chi è colpito da una colica: «Ai tempi di De Gasperi l'organico era sulle 200 persone. Ma col passare dei governi si sono stratificati i dipendenti».
Un andazzo decennale. Con progressivo ingolfamento, via via che cambiava il capo, di andreottiani e rumoriani, spadoliniani e craxiani, "tecnici" e berlusconiani, prodiani e dalemiani. E un allargamento parallelo del palazzo in stanze, corridoi, anticamere, bagni e sale riunioni recuperati qua e là nei dintorni. Un mostro che cresceva, cresceva e cresceva indifferente alla riduzione delle competenze. Fino a toccare l'organico stratosferico denunciato appunto da Berlusconi nel paragone ironico con la Thatcher e Blair: 4500 persone. Pagate mediamente, grazie a una speciale indennità, il 18% in più rispetto agli altri ministeriali.
Bene. In questo contesto, forse credendosi nel solco della della promessa berlusconiana di un «rifacimento dal profondo di tutta l'organizzazione dello Stato», i senatori Francesco Ferrara di Forza Italia, Oreste Tofani di An, Amedeo Ciccanti del Ccd-Cdu, rappresentanti ciascuno del proprio partito nella Commissione Bilancio, più il capogruppo leghista al Senato Francesco Moro, hanno avuto una bella pensata. E hanno firmato insieme, perché la cosa fosse solenne, l'emendamento alla finanziaria «A.S.699». Che dice testualmente: «All'art. 12 dopo il comma 2 aggiungere il seguente: "2-bis. Il personale di cui agli articoli 1 e 2 della legge 26 novembre 1993, n. 482, è inquadrato, a domanda, nel ruolo unico speciale presso la Presidenza del Consiglio. Conseguentemente è abrogata la legge 26 novembre 1993 n. 482».
Di che legge si tratta? Di quella con cui, dopo l'esplosione di Tangentopoli, falciati dagli arresti e impossibilitati a ricorrere ai finanziamenti neri, i partiti fecero assumere segretarie, autisti, portaborse, consulenti che non potevan più pagare in proprio. Consentiva di prendere un tizio dipendente da un ente pubblico o da una società privata e «distaccarlo» presso i gruppi parlamentari, a spese della collettività. Bene: tradotto dal burocratese, l'emendamento in questione (scovato tra migliaia da Willer Bordon) dice che tutti questi collaboratori oggi provvisoriamente al lavoro negli uffici dei partiti in Parlamento, circa 150, possono essere assunti facendo una semplice domanda, senza concorso, a Palazzo Chigi. Tra loro deputati e senatori hanno infilato sorelle, cognati, cugini, amiche... E quando se la sarebbero sognata, una carriera così?
Gian Antonio Stella
Dagospia.com 29 Ottobre 2001