LE MIE PRIGIONI - VITTORIO EMANUELE NON LEGGE LE CARTE PROCESSUALI MA LEGGE "LE AVVENTURE DI PIERINO". LA DEVOZIONE DI NARDUCCI E BONAZZA («PRINCIPE, CI PENSO IO, ADESSO LE LAVO I PIEDI») LE MICROSPIE IN CELLA LI TRADISCONO.

Maria Corbi per "La Stampa"


Altro che quota di iscrizione all'Ordine di San Maurizio e Lazzaro. I 30 mila euro contenuti nella famosa busta consegnata a Villa d'Este da Rocco Migliardi e Vittorio Emanuele di Savoia servivano a una sola cosa: ottenere dai Monopoli di Stato l'autorizzazione per le schede truccate delle slot machine. Rocco Migliardi lo ha detto al gip e lo ha ripetuto al principe, in un colloquio registrato lo scorso 20 giugno nella cella di Potenza dove i due erano rinchiusi insieme a Gian Nicolino Narducci. «Non si può negare l'evidenza», sono le testuali parole usate dall'imprenditore messinese davanti a Vittorio Emanuele e a Narducci. Le registrazioni restituiscono anche il clima di quei giorni nella cella di Potenza. Con il principe che cade dal letto a castello, inciampa, russa come un trombone già alle nove di sera (causa sedativo), si inchina a tutti, e i due compari che si danno da fare per alleggerire le pene savoiarde. Loro insistono: «Legga le carte...». Lui alza le spalle: «Non mi va, tanto è un castello contro di me».



D'altronde sul letto ha già un'opera fondamentale che lo attende: «Le avventure di Pierino», il libro preso in prestito in Biblioteca. Perché leggere altro? Il duro pavimento del carcere di Potenza come le strade dell'isola di Cavallo dove i Savoia hanno una villa mimetizzata fra le rocce: da calpestare a piedi nudi. «Migliora la circolazione sanguigna», spiegava il principe alle guardie che chiedevano: «A principe, ma che stai facendo?». Poi arriva Ugo Bonazza, devoto e servizievole: «Principe, ci penso io, adesso le lavo i piedi». Lui dice no, ma l'orgoglio dura un attimo visto che i pavimenti di un carcere proprio puliti non sono. «Prima ha fatto resistenza - ha raccontato uno degli occupanti della cella - ma poi ha acconsentito».

Un'allegra brigata per niente divisa dalle questioni giudiziarie intrecciate. Migliardi non ha mai chiesto a Vittorio Emanuele dove fossero finiti i soldi dati all'ordine. Oggi dice: «Mi chiedeva continuamente soldi per opere di beneficenza. Alla luce delle intercettazioni che sono emerse, penso che quei soldi siano finiti in tasca al principe». Quasi dispiace abbandonare questo speciale club vacanze di Potenza, quando arriva la notizia della scarcerazione per tutti (tranne De Luca) la mattina di venerdì 23 giugno scorso. E quando c'è da completare le formalità di uscita ecco anche il conto per le «piccole spese», lame da barba, bibite, cibo, sapone. Rocco Migliardi salda per tutti. Che problema c'è? «E' solo un argent de poche», spiega Vittorio Emanuele che come la regina d'Inghilterra si guarda bene dal mettere mano al portafoglio.


Dagospia 30 Giugno 2006