QUELLI DEL "TIGER TEAM" - ROCCO LUCIA: "GHIONI CI CHIESE DI RUBARE I DATI DAL COMPUTER DI COLAO" - POMPILI, PER DIFENDERSI, TIRA IN BALLO DELLE FOTO DI AFEF NUDA - UN NUOVO TESTIMONE: "TAVAROLI DISSE CHE IL PRESIDENTE VOLEVA AVERE NOTIZIE SU MUCCHETTI".

Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"


«Rocco, c'è da fare un lavoro fuori programma...». Comincia così l'amarcord ai magistrati di Rocco Lucia, il più bravo dei maghi del computer del cosiddetto Tiger team coordinati da Andrea Pompili sotto la guida del capo della sicurezza informatica di Telecom, Fabio Ghioni. A introdurlo al «fuori programma» nel novembre 2004, ha raccontato Lucia ai magistrati dagli arresti domiciliari, è Andrea Pompili, che lo invia a Milano insieme al collega Alfredo Melloni, un altro (più giovane) genietto del computer.

Bersaglio: Colao - E a Milano, nell'ufficio di Ghioni in via Victor Hugo, Ghioni avrebbe chiarito al tandem di tecnici l'obiettivo: «C'è da prendere i dati del computer di Colao (ex n.1 di Vodafone e all'epoca amministratore delegato di Rcs, ndr): tu, Rocco, darai supporto ad Alfredo, che ha già i dettagli...».
Lucia, ricordando qualcosa delle operazioni condotte dal Tiger team ai danni dei sistemi di Vodafone (cartella Vodka Red), dice di aver per questo pensato che l'operazione richiestagli da Ghioni - per quanto non convenzionale e fuori dai casi di regolari test di penetrazione informatica - avesse come cornice la concorrenza telefonica tra Telecom e Vodafone, e come obiettivo Colao in quanto ex manager Vodafone.

Una linea che il gip sembra non escludere nel passaggio nel quale commenta che l'intrusione non aveva a oggetto nè test generici sulla tenuta della rete Rcs né la percezione generica di dinamiche interne al gruppo editoriale; ma direttamente i dati del computer di Colao, e indirettamente quelli di quanti ritenuti a lui vicini, come appunto altri manager passati con lui da Vodafone a Rcs. E come, scrive il giudice, «il fastidioso Mucchetti».

Nuovo testimone - «Fastidioso» per chi? Nella motivazione degli arresti di ieri, per la prima volta spunta un nuovo testimone: ne viene indicato solo il cognome («Silvestri»), la collocazione («un collaboratore di Guglielmo Sasinini», cioè del giornalista di Famiglia cristiana pure arrestato due settimane fa con Lucia) e un solo spicchio di dichiarazione. Quella nella quale spiega di aver compilato, per Sasinini, un profilo di Colao, però del tutto lecito a suo dire, di puro stampo giornalistico, attingendo alla banca dati "Pico" del settimanale.



«Interesse del presidente» - Ma in quel quadro, Silvestri aggiunge: «Tavaroli ( capo della Security di Telecom, ndr) disse a me e a Sasinini che era interesse del presidente» (di Telecom, ndr) avere notizie sul giornalista Mucchetti. Silvestri, che colloca questo riferito «interesse» sempre nel contesto del proprio lavoro di ricerche su fonti aperte, ricorda di aver valorizzato il ruolo di Rosalba Casiraghi come consulente delle analisi del giornalista. Secondo Silvestri, «Tavaroli non fece alcun commento», e afferma che su Casiraghi non venne stilato alcun profilo.

Ma il giudice osserva che la successiva attività illecita ai danni del giornalista e della sua consulente (rivelata da Bernardini per la parte di dossieraggio, e per il resto testimoniata dal pur fallito attacco informatico al pc di Mucchetti) sembra costituire proprio il tassello mancante a quella richiesta di informazioni prospettata inizialmente come in un ambito di liceità.

Le foto di Afef - L'arresto di ieri segnala che i pm non hanno creduto a quanto Pompili aveva detto loro giorni fa, interrogato come indagato ancora a piede libero. Oltre a negare qualunque ruolo attivo nell'attacco informatico al Corriere, Pompili aveva negato anche di sapere alcunché dei 4 cd-rom trovati nella sua cassaforte, contenenti tracce sia dell'operazione Vodka Red contro Vodafone, sia del «monitoraggio abusivo» (nell'operazione battezzata Radiomaria3) della posta elettronica di alcuni italiani vicini (o ritenuti tali) ai brasiliani soci-rivali di Telecom Italia in Brasil Telecom: come le e-mail dello studio dell'avvocato Giorgianni a Roma o quelle dei giornalisti di Libero Fausto Carioti e Davide Giacalone.

Pompili, indagato anche per questo capitolo, non soltanto sostiene di nulla saperne, ma al giudice prospetta che con quel nome (Radiomaria) fosse rubricata un'altra operazione riguardante tutt'altra vicenda: e cioè il tentativo, a suo dire affidato da Ghioni, di risalire al giornalista di un sito Internet di gossip, Svanity Fair, pluridenunciato per diffamazione da molti vip effigiativi, che aveva pubblicato alcune foto di Afef nuda (non è chiaro nelle parole di Pompili se ritenute vere o fotomontaggi). Ma il giudice Gennari addita l'inverosimiglianza della circostanza di una coincidenza sul nome multiplo di una operazione (Radiomaria) di cui Pompili possedeva materiale che però dice di non conoscere.


Dagospia 01 Febbraio 2007