SALVATE IL PINCIO DAL PARKING SOTTERRANEO - BENE, COME NO, MA QUALCUNO HA DIMENTICATO CHE SOTTO VILLA BORGHESE DA DECENNI C'È UN IMMENSO PARCHEGGIO CON PALESTRE E NEGOZI E NESSUNO S'È MAI LAGNATO.
Lilli Garrone Edoardo Sassi per il "Corriere della Sera"
«Crimine» e «iniziativa barbara»: sul progetto di parcheggio interrato nella collina del Pincio - cantiere in corso e opera simbolo dell'ex giunta Veltroni, da sempre osteggiata dall'associazione Italia Nostra con il presidente della sezione di Roma Carlo Ripa di Meana in prima linea - il «fronte dei contrari», in crescita di ora in ora, non usa mezzi termini.
Ieri lo stesso Ripa di Meana, insieme alla moglie Marina, si è appellato addirittura al Papa: «Santo Padre, vescovo di Roma, ti imploriamo di proteggere il Pincio in pericolo», ha implorato la coppia in uno dei cartelli mostrati durante una conferenza stampa sul contestatissimo progetto. E intanto per quei sette piani per 700 auto da scavare sotto la terrazza panoramica che affaccia su piazza del Popolo, elegante complesso d'inzio Ottocento disegnato dal Valadier, la contrarietà si manifesta sempre più netta, anche a prescindere dagli importanti ritrovamenti archeologici che da mesi stanno interessando l'area.
Gigi Magni, regista e grande appassionato della Roma che fu, abita a pochi passi dal cantiere in corso e spara a zero: «Penso si stia commettendo una follia, una cosa barbara. Stanno realizzando un garage in un luogo intatto da secoli e carico di storia». Vicina di casa di Magni, un'altra cineasta celebre, Lina Wertmüller: «Facciano quel che vogliono, purché non tocchino piazza del Popolo e la collina del Pincio. Qualsiasi cosa turbi questa meraviglia mi renderebbe una tigre». Contraria anche la scrittrice Dacia Maraini, pure lei residente in zona: «Non conosco gli aspetti tecnici dell'operazione, ma con un po' di buon senso mi sento di dire che i parcheggi andrebbero fatti in periferia. In tempi di crisi energetica bisognerebbe scoraggiare l'ingresso di nuove automobili».
Incerto nel frattempo il destino di quest'opera pubblica: si farà? Non si farà? Si farà ma variando il progetto e salvaguardando i reperti? La parola spetta ora al ministro Bondi e al sindaco Alemanno. Il ministro, ieri era a Firenze per partecipare a un dibattito con il suo collega «ombra» Vincenzo Cerami alla Festa Democratica, ha dichiarato di aver chiesto al suo capo di gabinetto «di avere subito carte e documentazione».
«Domani (oggi, n.d.r.) - ha aggiunto - le esaminerò, poi ne parlerò con il sindaco. Ci vedremo e prenderemo, come spero, una decisione di comune accordo». Favorevole si è detto invece Cerami: «Se si trova un modo elegante e rispettoso dei beni culturali e archeologici, il parcheggio secondo me va fatto». E dopo il sì dell'archeologo Andrea Carandini, possibilista e «non pregiudizialmente contrario al parcheggio » si è dichiarato ieri anche il soprintendente al Polo museale della capitale, lo storico dell'arte Claudio Strinati.
Che però ha aggiunto: «Nelle critiche qualche fondamento c'è. Forse si tratta di un'operazione un po' troppo massiccia». D'accordo anche un altro dirigente del ministero per i Beni culturali, il direttore regionale del Lazio Luciano Marchetti. Ma a favore dell'opera, a sorpresa, si era già espresso a inizio estate il sottosegretario Francesco Giro, in una polemica (al vetriolo) con il collega e presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto, anche lui di FI, che ieri ha ribadito in una lettera al Foglio di non prendere «neanche in considerazione l'ipotesi che il ministero tolga il vincolo sulla zona».
A sorpresa perché per anni tutto il centrodestra, con il sindaco Alemanno che era arrivato a farne un cavallo di battaglia durante l'ultima campagna elettorale, si era opposto compattamente all'opera veltroniana (che in realtà, e in modo trasversale, già aveva spaccato il centrosinistra con il no dei Verdi).
Ieri intanto l'ultima riunione tra Alemanno e la commissione di saggi istituita dal sindaco come organo consultivo sul parking della discordia. Riunione non decisiva (in ballo le penali per un'opera già appaltata): «La decisione - ha detto Alemanno - sarà presa dalla giunta il 9 settembre, di concerto con Bondi».
Annunciato da Veltroni per il 2007, il parcheggio, che per i promotori avrebbe dovuto liberare una parte del centro di Roma dalle auto in sosta e che l'allora sindaco definì «la più importante operazione urbanistica degli ultimi anni», è oggi difeso dal suo «inventore» e capofila del «fronte del sì», il manager Chicco Testa, all'epoca presidente della Sta, società per la mobilità poi fusa in Atac e committente del parking. Testa nelle ultime ore ha invitato a «non essere provinciali. Chi gira l'Europa sa che in ogni capitale si trovano parcheggi sotterranei in luoghi centrali».
Una posizione fin da subito osteggiata dal gotha dell'intellighenzia - storici dell'arte, intellettuali e urbanisti in gran parte di sinistra - con un appello che già nel 2004 raccolse, tra le tante, le firme di Salvatore Settis, attuale presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, dell'urbanista Italo Insolera, del presidente del Wwf Fulco Pratesi e dello storico della letteratura Alberto Asor Rosa.
A cui si sono aggiunte via via e tra le altre quelle di Vittorio Sgarbi e Giuliano Ferrara. Ieri l'architetto Paolo Portoghesi ha dichiarato: «Muovere solo un dito in un complesso simile è un crimine ». Ma rovine, Valadier e rampe per auto sugli emicicli ottocenteschi non sembrano scoraggiare chi difende con convinzione il maxi-garage: come l'ex assessore veltroniano Roberto Morassut, oggi deputato Pd, o il leader di Confcommercio Roma Cesare Pambianchi: «Sono sempre stato favorevole. Se si blocca va trovata un'alternativa».
Dagospia 03 Settembre 2008
«Crimine» e «iniziativa barbara»: sul progetto di parcheggio interrato nella collina del Pincio - cantiere in corso e opera simbolo dell'ex giunta Veltroni, da sempre osteggiata dall'associazione Italia Nostra con il presidente della sezione di Roma Carlo Ripa di Meana in prima linea - il «fronte dei contrari», in crescita di ora in ora, non usa mezzi termini.
Ieri lo stesso Ripa di Meana, insieme alla moglie Marina, si è appellato addirittura al Papa: «Santo Padre, vescovo di Roma, ti imploriamo di proteggere il Pincio in pericolo», ha implorato la coppia in uno dei cartelli mostrati durante una conferenza stampa sul contestatissimo progetto. E intanto per quei sette piani per 700 auto da scavare sotto la terrazza panoramica che affaccia su piazza del Popolo, elegante complesso d'inzio Ottocento disegnato dal Valadier, la contrarietà si manifesta sempre più netta, anche a prescindere dagli importanti ritrovamenti archeologici che da mesi stanno interessando l'area.
Gigi Magni, regista e grande appassionato della Roma che fu, abita a pochi passi dal cantiere in corso e spara a zero: «Penso si stia commettendo una follia, una cosa barbara. Stanno realizzando un garage in un luogo intatto da secoli e carico di storia». Vicina di casa di Magni, un'altra cineasta celebre, Lina Wertmüller: «Facciano quel che vogliono, purché non tocchino piazza del Popolo e la collina del Pincio. Qualsiasi cosa turbi questa meraviglia mi renderebbe una tigre». Contraria anche la scrittrice Dacia Maraini, pure lei residente in zona: «Non conosco gli aspetti tecnici dell'operazione, ma con un po' di buon senso mi sento di dire che i parcheggi andrebbero fatti in periferia. In tempi di crisi energetica bisognerebbe scoraggiare l'ingresso di nuove automobili».
Incerto nel frattempo il destino di quest'opera pubblica: si farà? Non si farà? Si farà ma variando il progetto e salvaguardando i reperti? La parola spetta ora al ministro Bondi e al sindaco Alemanno. Il ministro, ieri era a Firenze per partecipare a un dibattito con il suo collega «ombra» Vincenzo Cerami alla Festa Democratica, ha dichiarato di aver chiesto al suo capo di gabinetto «di avere subito carte e documentazione».
«Domani (oggi, n.d.r.) - ha aggiunto - le esaminerò, poi ne parlerò con il sindaco. Ci vedremo e prenderemo, come spero, una decisione di comune accordo». Favorevole si è detto invece Cerami: «Se si trova un modo elegante e rispettoso dei beni culturali e archeologici, il parcheggio secondo me va fatto». E dopo il sì dell'archeologo Andrea Carandini, possibilista e «non pregiudizialmente contrario al parcheggio » si è dichiarato ieri anche il soprintendente al Polo museale della capitale, lo storico dell'arte Claudio Strinati.
Che però ha aggiunto: «Nelle critiche qualche fondamento c'è. Forse si tratta di un'operazione un po' troppo massiccia». D'accordo anche un altro dirigente del ministero per i Beni culturali, il direttore regionale del Lazio Luciano Marchetti. Ma a favore dell'opera, a sorpresa, si era già espresso a inizio estate il sottosegretario Francesco Giro, in una polemica (al vetriolo) con il collega e presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto, anche lui di FI, che ieri ha ribadito in una lettera al Foglio di non prendere «neanche in considerazione l'ipotesi che il ministero tolga il vincolo sulla zona».
A sorpresa perché per anni tutto il centrodestra, con il sindaco Alemanno che era arrivato a farne un cavallo di battaglia durante l'ultima campagna elettorale, si era opposto compattamente all'opera veltroniana (che in realtà, e in modo trasversale, già aveva spaccato il centrosinistra con il no dei Verdi).
Ieri intanto l'ultima riunione tra Alemanno e la commissione di saggi istituita dal sindaco come organo consultivo sul parking della discordia. Riunione non decisiva (in ballo le penali per un'opera già appaltata): «La decisione - ha detto Alemanno - sarà presa dalla giunta il 9 settembre, di concerto con Bondi».
Annunciato da Veltroni per il 2007, il parcheggio, che per i promotori avrebbe dovuto liberare una parte del centro di Roma dalle auto in sosta e che l'allora sindaco definì «la più importante operazione urbanistica degli ultimi anni», è oggi difeso dal suo «inventore» e capofila del «fronte del sì», il manager Chicco Testa, all'epoca presidente della Sta, società per la mobilità poi fusa in Atac e committente del parking. Testa nelle ultime ore ha invitato a «non essere provinciali. Chi gira l'Europa sa che in ogni capitale si trovano parcheggi sotterranei in luoghi centrali».
Una posizione fin da subito osteggiata dal gotha dell'intellighenzia - storici dell'arte, intellettuali e urbanisti in gran parte di sinistra - con un appello che già nel 2004 raccolse, tra le tante, le firme di Salvatore Settis, attuale presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, dell'urbanista Italo Insolera, del presidente del Wwf Fulco Pratesi e dello storico della letteratura Alberto Asor Rosa.
A cui si sono aggiunte via via e tra le altre quelle di Vittorio Sgarbi e Giuliano Ferrara. Ieri l'architetto Paolo Portoghesi ha dichiarato: «Muovere solo un dito in un complesso simile è un crimine ». Ma rovine, Valadier e rampe per auto sugli emicicli ottocenteschi non sembrano scoraggiare chi difende con convinzione il maxi-garage: come l'ex assessore veltroniano Roberto Morassut, oggi deputato Pd, o il leader di Confcommercio Roma Cesare Pambianchi: «Sono sempre stato favorevole. Se si blocca va trovata un'alternativa».
Dagospia 03 Settembre 2008