Fausta Chiesa per "www.corriere.it"
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Il caso è quello di un ragazzo calabrese, Francesco, che ha tirato un pugno a Gianmarco facendogli saltare un dente, perché lo stava bullizzando. I genitori del ragazzo, Maria Giovanna e Claudio, sono stati condannati dalla Corte di Appello di Catanzaro nel 2017 a risarcire con 18mila euro Gianmarco.
L’epidosio tra i due compagni di scuola risale a circa dieci anni fa, dopo che per lungo tempo Francesco era stato angariato da Gianmarco e da altri ragazzini.
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Secondo la Corte d’Appello, «essendo il comportamento offensivo e persecutorio della vittima collocato in una fase temporale diversa da quella della reazione di Francesco, quest’ultimo non aveva agito per legittima difesa, ma per aggredire fisicamente il proprio rivale». Dunque la reazione «a freddo» non andava «perdonata».
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Ora, invece, la Cassazione ha ribaltato la sentenza, assolvendo il ragazzo e motivando così la decisione. È «doveroso che l’ordinamento si dimostri sensibile» verso gli adolescenti bullizzati che hanno reazioni aggressive dopo essere stati lasciati soli, «dalla scuola e dalle istituzioni», nell’affrontare il conflitto» e che non hanno avuto il «sostegno» della condanna «pubblica e sociale» dei bulli», scrive infatti la Suprema Corte che ha accolto il ricorso dei genitori contro la condanna al risarcimento del danno.
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«Nell’attesa che si diffondano forme di giustizia riparativa specificamente calibrate sul fenomeno del bullismo - auspica il verdetto - ferma la necessaria condanna tanto dei comportamenti prevaricatori quanto di quelli reattivi, la risposta giuridica, nel caso affrontato, non avrebbe dovuto ignorare le condizioni di umiliazione a cui l’adolescente in questione è stato ripetutamente sottoposto».
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«Ed è prevedibile - prosegue il verdetto - che la vittima possa reagire con comportamenti aggressivi internalizzati che possono trasformarsi, con costi particolarmente elevati in termini emotivi, in forme di resilienza passiva e auto-conservativa, evolversi in forme di autodistruzione oppure tradursi, come in questo caso, in comportamenti esternalizzati aggressivi».
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Per la Cassazione, «in assenza di prove circa come le istituzioni, la scuola, in particolare, fossero intervenute per arginare il fenomeno del bullismo e sostenere Francesco, mancando anche la prova di condanna pubblica e sociale del comportamento adottato dai cosiddetti bulli, non era legittimo attendersi da parte di Francesco una reazione controllata e non emotiva».
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Non si può «decontestualizzare» quel pugno, come ha sostenuto l’avvocato Carmine Comegna che ha difeso i due genitori. Ora ci sarà l’appello bis.
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