CARMEN LLERA MORAVIA
Carmen Llera Moravia per Dagospia
Da vittima a carnefice il passo è breve. Ce lo racconta magnificamente Matteo Garrone in “Dogman”.
Finalmente vero cinema, il talento narrativo del regista ci tiene incollati allo schermo. Dalla prima inquadratura (un grosso cane) allo sguardo allucinato del protagonista dopo il massacro.
Empatia totale
Non è la vera storia del canaro ma le assomiglia molto credo, almeno nella parte fondamentale.
DOGMAN
Un uomo mite, gentile, fisicamente sgraziato, chiama "amore" ogni cane che incontra e adora la figlia Alida di 7 anni. Un padre, un lavoratore, un vicino amato da tutti.
Un luogo-non luogo, degradato certo ma che Garrone rende poetico come lo stesso protagonista l'attore Marcello Fonte
Geniale.
DOGMAN
La sceneggiatura potrebbe essere di Guillermo Arriaga, la Magliana o il Messico, poco cambia, ricorda il Bunuel de “Los Olvidados”.
Fra spacciatori e piccoli delinquenti, furti e droga, violenza e degrado.
L'uomo gentile dai grandi occhi picassiani sopporta le violenze dell'amico ex pugile Simone che lo trascinerà in una spirale di violenza senza fine. Non lo denuncerà e si farà un anno di galera.
Ne uscirà cambiato.
Garrone Fante
Quando torna nel suo quartiere nessuno lo vuole, lo cacciano dal bar chiamandolo "infame".
Solo la piccola Aida e gli amati cani riescono a consolarlo.
Ma la vendetta non si farà attendere, programmata nei minimi dettagli, intrappolerà Simone, lo chiuderà in una gabbia e lo ucciderà a martellate, ne farà a pezzi il corpo... questo ci dice la cronaca ma il regista si ferma prima...
Alle luci dell'alba vediamo l'assassino seduto, solo, ultima inquadratura sullo sguardo perso.
Merita molti premi.
CARMEN LLERA CON MORAVIA dogman