Fabio Amendolara per “La Verità”
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Mentre le sue società andavano a gambe all'aria Massimo Ferrero, l'ex patron della Sampdoria noto come il Viperetta, non aveva perso la sua passione per il lusso. E, così, avrebbe fatto pesare sui bilanci già critici un contratto per una Ferrari Spider da 200.000 euro e un pesantissimo leasing da 600.000 per i primi due anni e da 900.000 per gli ulteriori otto per l'acquisto di uno yacht Azimut da vero vip, portando le aziende alla bancarotta.
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Ma questa è solo una delle accuse che gli contesta la Procura della Repubblica di Paola (Cosenza), che ieri, a meno di quattro mesi dagli arresti, ha fatto notificare al Viperetta, che è ai domiciliari a Roma dal Natale del 2021 dopo aver passato qualche giorno a San Vittore, e agli altri otto indagati, la figlia Vanessa, il nipote Giorgio e l'ex moglie Laura Sini, il consulente Aiello Del Gatto, Roberto Coppolone, Cesare Fazioli, Paolo Carini e Giovanni Fanelli, un avviso di chiusura delle indagini preliminari (prodromico di solito a una richiesta di rinvio a giudizio).
Il documento giudiziario ricostruisce il crac di quattro società che operavano nel settore alberghiero, turistico e cinematografico. Una di queste si sarebbe accollata un debito di oltre 1 milione di euro che altre aziende del gruppo Ferrero avevano nei confronti di Rai Cinema.
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In un altro caso le passività avevano toccato quota -13 milioni di euro. Ma quello che veniva sottolineato nell'ordinanza che ha privato il Viperetta della libertà è che gli indagati avrebbero provveduto a distruggere o a sottrarre libri e scritture contabili danneggiando i creditori, ma anche rendendo difficile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, con tanto di passaggi sospetti direttamente sui conti personali del commercialista Del Gatto, originario di Torre Annunziata (Napoli) ma il cui studio era ad Acquappesa, in provincia di Cosenza. E il gip aveva evidenziato «un concreto e gravissimo pericolo di commissione di delitti analoghi».
Viene denunciato, per esempio, il falso furto di un'Audi, all'interno della quale era custodita una borsa in pelle che conteneva tutta la documentazione contabile di una delle società finite in bancarotta.
massimo ferrero torna in treno a roma
Ferrero è considerato dalla Procura il «deus ex machina» dei reati di bancarotta che gli vengono contestati, perché, svolgendo l'attività dell'amministratore di fatto, avrebbe gestito illecitamente il patrimonio e le questioni societarie di tutte le aziende a lui riconducibili, mirando allo «svuotamento degli asset con successivo fallimento delle società».
Ormai il Viperetta, che aveva affidato le sorti di alcune delle sue aziende allo studio di consulenza cosentino (motivo che ha radicato a Paola la competenza a indagare), veniva descritto come uno sconsiderato perfino dalla figlia Vanessa, che parlando di lui in una intercettazione si è fatta scappare: «Non ci sta con la testa, sta fuori». «Spregiudicato, pervicace e scaltro», invece, l'hanno etichettato i magistrati calabresi.
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La Procura ha ricostruito che le società non avrebbero versato imposte e contributi previdenziali per quasi 6 milioni di euro. Ma sarebbero state riportate nei bilanci anche «riserve patrimoniali fittizie» per 1.890.000 euro. Ora gli indagati hanno 20 giorni per decidere se farsi interrogare dal magistrato, depositare documenti difensivi o aspettare la richiesta di rinvio a giudizio. Il difensore dell'ex presidente della Sampdoria, l'avvocato Luca Ponti, ha subito rimarcato «che nell'avviso di chiusura indagini non ci sono nuove contestazioni» rispetto all'ordinanza di custodia cautelare.
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