Gianmaria Tammaro per Dagospia
PAPA BERGOGLIO MANGIA LA PIZZA
Il modo migliore per parlare di “Churchbook” di Alice Tomassini è partendo dalla fine. E quindi: la Chiesa, intesa come prelati, come funzionari, come responsabili della comunicazione, sa usare i social meglio di noi. Di più: la Chiesa sa perfettamente il peso e la funzione dei vari social, e li ha scelti con cura, con attenzione, convinta non tanto dell’importanza della forma quanto – eccola qui, la vera rivoluzione – dell’importanza del contenuto.
gianmaria tammaro
La Tomassini, che ha passato un anno seguendo il team responsabile dei social del Vaticano, è riuscita non solo a catturare il passaggio di testimone tra Benedetto XVI e Francesco in una chiave inedita, ovvero: attraverso i social (i tweet vengono cancellati, gli account vengono ripuliti, eccetera eccetera); ma è pure riuscita a mettere insieme una vera e propria lezione di comunicazione.
churchbook 3
“Churchbook”, sottotitolato “#quandolafedesifasocial”, non è un documentario per credenti (per i credenti, forse, non ce n’è nemmeno bisogno: loro credono); ma per tutti quanti gli altri, per il mondo laico, per chi guarda con curiosità al Vaticano e, soprattutto, per chi di questi tempi segue i social e l’utilizzo che ne viene fatto. Tra i primissimi a spingere fortemente perché anche a San Pietro arrivasse Twitter, c’è stato papa Ratzinger. E, sorpresa, Bergoglio non è il fan numero uno di cinguettii digitali e foto su Instagram: vuole rileggere tutto, ogni frase, ogni parola, ogni tag; e senza la sua approvazione, non si pubblica.
Gregory Joseph Burke 1
Una delle persone più interessanti intervistate dalla Tomassini è senza ombra di dubbio Gregory Joseph Burke, ex-direttore della sala stampa del Vaticano, membro dell’Opus Dei, corrispondente per Fox News da Roma, che non si risparmia mai, nemmeno per un istante, nel dire quello che pensa. E quindi: il papa è uno che sa a malapena che cosa sono i social, è un vecchio, e va bene; con la nomina di Bergoglio, temeva che tutta la sezione social venisse chiusa, e quasi sperava che non diventasse papa.
churchbook 4
BERGOGLIO RATZINGER
Per il Vaticano i social sono sempre stati un mezzo e nient’altro; non c’è mai stata una caccia all’ultimo follower, né c’è mai stato il tentativo di denaturalizzare quella che la Chiesa è solo per poter “funzionare” meglio online. Prima di aprire i profili del papa, il team della comunicazione della Santa Sede ha studiato quelli di altri uomini istituzionali, politici e capi religiosi, per poter avere un’idea più chiara di quali messaggi ottengono più interazioni, se quelli più brevi o quelli più lunghi; di quanti tweet al giorno fare, e in che modo impostarli.
churchbook 5
Gregory Joseph Burke
Per Instagram, è stata un’altra storia. All’inizio, “perché troppo frivolo, troppo attento alle apparenze”, il Vaticano non era intenzionato ad aprire un account. Ma poi, corteggiato anche dal colosso di Internet, si è deciso, attingendo di fatto al lavoro dei fotografi ufficiali, che ogni giorno – viene raccontato – scattano centinaia di immagini. Ma la cosa più intelligente di questo documentario, ed è intelligente perché è un messaggio chiaro, non di parte, condivisibile anche dai non credenti, è come i social vengano “definiti” dalla Chiesa.
BERGOGLIO RATZINGER
churchbook 6
E cioè come una possibilità per creare contatti, per arrivare a chi è lontano, e non come dei pulpiti da cui urlare i propri sermoni. Non mancano le frecciatine a chi li usa così, e anche questo mostra la bontà e l’onestà del lavoro della Tomassini: non si nasconde niente, mai, anche se tra i co-produttori del film, insieme a Officina della Comunicazione, c’è Vatican News. “Churchbook” andrà in onda su Rai2 stasera, nella cornice di Petrolio, intorno a mezzanotte, e sarà poi in replica sabato mattina, alle 10, sempre su Rai2.
churchbook 1
churchbook churchbook 2