BABIS
Andrej Babis detto Babisconi, il premier-tycoon ceco coinvolto nei Pandora Papers, in indagini della Procura Ue per conflitto d'interessi e della polizia e magistratura ceche per frode fiscale, sequestro del figlio che voleva testimoniare contro di lui e altro, voleva restare incollato al potere come i suoi amici Orbán e Kacyzsnki, ma sta uscendo dalle elezioni politiche svoltesi oggi e ieri nella Repubblica ceca come il grande sconfitto politico.
I sovranisti europei perdono uno tra i loro leader più abili. Secondo i dati sul 99,93% delle schede valide diffusi in diretta da Radio Praga, lo Ano (Unione dei cittadini insoddisfatti) di Babis è solo il secondo partito per un soffio col 27,14% nel piccolo, tecnologico e industriale Paese centroeuropeo tornato alla democrazia (come quale nacque come Cecoslovacchia) con la rivoluzione di velluto del 1989 dopo 41 anni di rovinoso comunismo e di occupazione coloniale sovietica.
andrej babis
Con una partecipazione al voto di oltre il 65% degli elettori, al primo posto è Spolu (insieme), la coalizione di conservatori e liberali europeisti composta dalla Ods, daTop 09 e dai democristiani col 27,78%. Secondo appunto Ano. Terza la coalizione Pirstan di Pirati e sindaci europeisti col 15,60%. Quarta col 9,56% l'ultradestra anti-Ue, razzista e xenofoba dell'imprenditore di origine nipponica Tomio Okamura. Al momento sui 200 seggi del Parlamento 71 sia a Spolu sia a Babis, 38 a pirati e sindaci, 20 all'ultradestra. Spazzati via i comunisti eredi delle marionette dell'Impero del Male sovietico.
BABIS
Il leader di Spolu, Petr Fiala, ha già praticamente proclamato la vittoria: «Noi e Pirstan due coalizioni europeiste e occidentali insieme abbiamo una maggioranza di almeno 107-108 voti sui 200 del nuovo Parlamento, possiamo chiedere il mandato per governare insieme». La complessa ripartizione dei seggi al nuovo Parlamento deriva dal difficile sistema elettorale e dalla ripartizione tra voti e seggi nelle circoscrizioni e regioni elettorali più o meno popolose.
Petr Fiala
Tutto dipende ora, e non sono esclusi tempi lunghi per la formazione del nuovo governo, dal conferimento dell'incarico a un futuro premier. L'anziano presidente russofilo Milos Zeman vuole che Babis resti e ha già da tempo dichiarato che darà il mandato al leader del primo partito, non della prima coalizione. Ma non esiste limite di tempo per il conferimento dell'incarico, e Zeman è gravemente malato.
Se dovesse ottenere l'incarico, Babis avrà serie difficoltà nel formare una coalizione: dovrebbe cercare di dividere il ticket di destra cercandovi conservatori nazionalisti come il potente Sasha Vondra di ODS - ex ministro dell'Interno e ora europarlamentare, ammiratore dichiarato di Orbán.
Oppure dovrebbe cercare l'appoggio dell'ultradestra. La quale però in cambio gli chiederebbe l'uscita dalla Ue, inaccettabile per "Babisconi" che non vuole perdere i fondi dell'Unione da lui usati a piacimento. Non potrà più contare sui suoi alleati fino a ieri, i corrotti socialdemocratici (Cssd) né sul partito comunista erede delle marionette di Mosca, rimasti sotto la soglia di rappresentanza del 5% come altri partiti minori.
milos zeman
Aveva promesso di lasciare la politica se avesse perso, ora vedremo. Non gli è bastato dunque né tenere con l'autocrate ungherese Viktor Orbán l'ultimo comizio anti-Ue né rovinare il bilancio sovrano ceco con demagogici aumenti di stipendi e pensioni dei dipendenti pubblici. I cechi al momento si mostrano stanchi di un leader ricchissimo, abilissimo, meno ideologico di Orbán o dei sovranisti polacchi, ma eticamente impresentabile.
viktor orban
Coinvolto nei Pandora Papers, quinto ceco più ricco secondo Forbes, cominciò ad arricchirsi sotto il comunismo come iscritto al PC fantoccio di Mosca; possiede il colosso agroalimentare Agrofert, media e altre aziende, la sua correttezza fiscale è sotto inchiesta in patria e secondo i Pandora Papers ha investito in modo dubbio tra 15 e 22 milioni di euro venuti non si sa da dove per un castello e altre proprietà in Francia, poi negli Usa e nel principato di Monaco.
La Cechia che centotrè anni fa come Cecoslovacchia nacque come democrazia più industriale e avanzata della Francia creata dal Cavour e Mazzini locale Tomas Garrigue Masaryk ha ritrovato un sussulto d'orgoglio. Mentre la Polonia elogiata dai sovranisti di tutto il mondo attacca la legislazione europea alludendo a una Polexit a rate e Orbán la appoggia con un decreto legge quasi preannunciando in sostanza di volere anche a Budapest come a Varsavia la primazia del diritto nazionale su quello dell'Unione e violandone i Trattati, Praga si mostra nazione occidentale come è sempre stata, di cultura e riforme: da quelle di Dubcek stroncate dall'invasione sovietica del 21 agosto 1968 alla rivoluzione di velluto che nel 1989 abbattè la dittatura satellite comunista.
ANDREJ BABIS
La formazione di un nuovo governo potrà richiedere mesi, ma il dado è tratto. Alla domanda della prima strofa del dolce inno nazionale "Dov'è il mio Paese?", i cechi hanno in maggioranza risposto nel modo giusto: in Europa, in Occidente.