Giulia Zonca per ''La Stampa''
Si ride a Venezia. Succede quasi alla fine e con un nome che chiama deferenza, Rossellini: voce che si abbassa subito sotto tonnellate di fama. Pura storia del cinema, la mostra celebra due maestri in un giorno solo. Fellini con La verità su la Dolce Vita e The Rossellinis, il titolo che capovolge il Festival.
i rossellinis
Via i timori, le ansie da prestazione, i confronti: il documentario elaborato per cinque anni dal nipote di Roberto Rossellini, Alessandro, è una liberazione. Non è da vedere per la saga che racconta un pezzo di Italia (e di mondo) ma per quello che dice sulla famiglia di ognuno di noi. «In casa di chiunque c' è uno più bello, uno autorevole, uno che incute timore».
Alessandro non fa il regista di professione e forse è logico che l' unica voce lieve in un coro di drammi e spremute di problemi sia di qualcuno che sta fuori dal cinema. Pure essendoci nato più dentro di chiunque altro. Alessandro Rossellini, quasi 57 anni, passato complicato da anni di tossicodipendenza superati «con un lungo e attento ricompattamento».
i rossellini
Mancava solo un pezzo, la tribù e lui l' ha rimessa insieme in un documentario che ha un nome troppo importante per reggere pure un soggetto serioso. Lo sguardo è autoironico e gioca sul fatto che ogni essere umano abbia la stessa sindrome: «la rossellinite», declinata in qualsiasi modo. Tutti colpiti dallo struggente bisogno di sentirsi amati e approvati, tutti intenti a reggere, superare o stracciare aspettative, a riannodare relazioni.
alessandro rossellini
I Rossellini sono figli e nipoti di tante passioni: «mi sono trovato in difficoltà, la morale oggi è aperta, ma diversa e il giudizio sul maschio è feroce». Un uomo che abbandona, fa il despota e richiama figli di matrimoni infranti per avere il controllo riceverebbe acidi commenti ora «io non posso proprio dire che nonno era un maschilista. Non era monogamo, era ancora padre e padrone e ci ha amato molto. A 11 anni mi ha spiegato il sesso dicendomi che prima di chiedere piacere a una donna bisogna darne due volte tanto a lei». Età sbagliata magari per un discorso così, però nei Rossellinis tutto è confuso. Per fortuna.
Radici miste, parenti sparpagliati tra gli Usa, Roma, il Qatar, la Svezia e poi si scopre che questi rapporti non erano poi un continuo Vulcano. Eruzioni al momento dei tradimenti e poi tranquillità ricomposta con una continua estensione della stessa sicurezza: «Basta un colpo di genio». Motto del capostipite Rossellini e tormento per la dinastia: «Come se ognuno potesse tirare fuori una Roma città aperta all' improvviso». No, pure se il padre di Alessandro ha fatto il regista, se la zia Isabella si è tolta ogni sfizio di notorietà tra la carriera di modella e quella di attrice, niente sarebbe stato abbastanza per essere come Roberto Rossellini e Ingrid Bergman. E nel documentario si scopre che nessuno voleva seguire orme così definite.
the rossellinis
Oggi i Rosselinis sono una famiglia allargata e più che multietnica. Alessandro ha una madre afroamericana, «la hanno allontanata, non perché nera, allora era alcolista e umorale ma lei e mio padre si sono voluti bene davvero», c' è il ramo indiano con Raffaella che è diventata musulmana e si chiama Nur «e c' è questo strano sguardo su di noi che io non avevo mai visto prima».
La vena malinconica non è nel film è nelle inevitabili considerazioni che si fanno guardandolo: «Eccoci lì: meticci, mulatti, misti, atei e convertiti, etero e gay, c' è tutto in una sola unitissima famiglia eppure la gente mi guarda storto quando entro in un negozio. Fino a che non tiro fuori al carta di credito». Se ognuno curasse la propria «rossellinite» forse sarebbe un po' più semplice.
ISABELLA ROSSELLINI ALBERTO ARBASINO ROSSELLINI E LA MOGLIE RENZO E ISABELLA ROSSELLINI ISABELLA ROSSELLINI BERGMAN INGRID ROSSELLINI RENZO ROSSELLINI BERGMAN ROSSELLINI renzo rossellini sul set di roma citta aperta roberto rossellini ingrid bergman e vittorio de sica roberto rossellini e vittorio gassman isabella e roberto rossellini