Michela Allegri per "Il Messaggero"
oreficeria trafilor a milano
Un colpo studiato nei dettagli, messo a segno nel momento migliore, cioè quando la cassaforte era piena di oggetti preziosi, tra gioielli già realizzati e materiale da modellare.
Il sospetto degli investigatori è che i cinque rapinatori che hanno sequestrato i dipendenti e la titolare del laboratorio orafo Trafilor, in via Privata Assab, a Milano, stessero preparando l'assalto da tempo.
banditi
Dovevano sapere che ieri tra gioielli già ultimati, materiali grezzi, oro e palladio, sarebbero potuti fuggire con un bottino da più di un milione di euro. E così è stato: hanno minacciato i dipendenti puntando contro di loro le pistole, li hanno immobilizzati e hanno aspettato che arrivasse la titolare, l'unica con le chiavi della cassaforte. I rapinatori erano travisati in volto: uno indossava una maschera di lattice, gli altri avevano cappelli, sciarpe e mascherine chirurgiche.
I DETTAGLI
oreficeria
L'indagine dei poliziotti della Squadra Mobile di Milano parte dai dettagli che mancano e che avrebbero dovuto rendere più difficile un'impresa illegale che, invece, si è svolta senza intoppi.
Partiamo dicendo che via Privata Assab è una stradina di circa 250 metri nascosta in una piega tra i quartieri Crescenzago e Cimiano, zona nord della città. Il laboratorio Trafilor si trova al civico numero 5, ma la sua presenza non è annunciata da nessuna insegna e da nessun cartellone.
rapina in oreficeria
È impossibile scoprire per caso che in quelle stanze, dagli anni Novanta, si lavorano materiali preziosi: è necessario conoscere non solo la zona, ma anche il mercato di settore. I banditi sapevano anche gli orari di lavoro dei dipendenti: hanno agito all'apertura, intorno alle 8 del mattino, e hanno atteso che l'ultimo lavoratore entrasse da un ingresso secondario.
Lo hanno intercettato mostrando due pistole. Poi, continuando a minacciarlo, si sono fatti portare all'interno del laboratorio dove c'erano già quattro orafi. La tempistica fa pensare che i ladri avessero effettuato diversi sopralluoghi per capire i movimenti dei dipendenti e gli orari di ingresso e di uscita.
LE ARMI
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Secondo quanto riferito alla polizia, due dei cinque malviventi erano armati: avevano pistole semiautomatiche. I dipendenti sono stati imbavagliati e immobilizzati con fascette da elettricista. Le vittime sono state rassicurate dai rapinatori sul fatto che nessuno avrebbe fatto loro del male se avessero seguito le indicazioni: «State calmi e aspettate».
LA CASSAFORTE
Hanno atteso per circa un'ora e mezza, fino alla comparsa della responsabile del laboratorio, l'unica ad avere la combinazione della porta blindata. La donna, 52 anni, ha inserito il codice e ha lasciato che la cassaforte venisse svuotata.
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È in corso l'inventario, ma il valore della merce sottratta ha già superato il milione di euro. Dopo avere legato e imbavagliato anche la titolare, i rapinatori sono fuggiti. Il personale del laboratorio è riuscito a liberarsi in pochi minuti: alcune fascette erano allentate.
Subito dopo la chiamata, la polizia si è precipitata nel laboratorio, ma i banditi erano già lontani. Il primo passo degli inquirenti, dopo avere ascoltato tutti i testimoni, sarà passare al setaccio i filmati delle telecamere di sorveglianza della zona.
Un'impresa che si annuncia difficile: al momento sembra che non ci siano filmati utili per ricostruire il percorso dei banditi. Nei fotogrammi delle scorse settimane, però, gli investigatori cercheranno le tracce di eventuali sopralluoghi e appostamenti.
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