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    “DECAPITATELE” – ALCUNE GIOVANI VOLONTARIE DELLA ONG BELGA BOUWORDE SONO STATE MINACCIATE DI MORTE IN MAROCCO: LE RAGAZZE PARTECIPAVANO AI LAVORI DI PULIZIA DI UNA STRADA PER RENDERE ACCESSIBILE IL VILLAGGIO IN SHORTS, SCATENANDO GLI ESTREMISTI CHE HANNO INVOCATO LA DECAPITAZIONE – LA ONG HA SOSPESO IL PROGETTO, ALCUNE GIOVANI SONO STATE RIMPATRIATE, MA NEL PAESE SI E' ACCESA LA PROTESTA IN LORO DIFESA…


     
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    Marta Serafini per "Corriere della Sera"

     

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    «Le loro teste dovrebbero essere tagliate così che nessuno osi sfidare gli insegnamenti della nostra religione».

    Adar, vicino a Taroudant, Sud del Marocco, tra le oasi e le montagne dell' Atlante. Un gruppo di 37 giovani belgi - per lo più ragazze - partecipa ai lavori di pulizia di una strada per rendere accessibile il villaggio. Risate, selfie e vacanza impegnata.

     

    Le volontarie, arrivate nel Paese nordafricano con la Ong Bouworde, per le attività all' aperto indossano shorts e canottiera. Nel paesino, all' apparenza, nessuno sembra infastidito. Poi, un filmato, realizzato per documentare l' attività di Bouworde, finisce in Rete.

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    Ad accendere la miccia è Ali El Asr senatore del Pjd - partito di maggioranza conservatore e filo islamista. «Quando mai in Europa si fanno lavori in costume da bagno?», si chiede su Facebook. Passano pochi minuti e sotto il post appare un commento in cui un uomo si augura che le ragazze vengano decapitate. A scriverlo, un insegnante di 26 anni, della regione di Tangeri, che verrà poi arrestato con l' accusa di incitamento all' odio.

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    Alla Ong belga, intanto, viene suggerito di tutelare le giovani.

    «Non invieremo nuovi gruppi in Marocco», ha dichiarato Karen Heylighen, portavoce di Bouworde, confermando che tre volontarie sono state già rimpatriate. E mentre il pensiero corre subito a Louisa e Maren, le due turiste scandinave decapitate il dicembre scorso, i cui assassini sono stati di recente condannati a morte, è scattata la mobilitazione. Diversi media marocchini, tra cui Med1 Tv, hanno promosso per oggi una manifestazione in shorts sul lido di Casablanca.

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    La petizione «Tous en short» ha raccolto più di 1.000 firme. Il tutto mentre in Rete hanno iniziato a circolare fotografie in bianco e nero che mostrano le donne marocchine in calzoncini corti. «Le volontarie hanno fatto un ottimo lavoro, voglio incontrarle», ha scritto da Bruxelles Mohamed El Bachiri, marito di una delle vittime degli attentati dell' Isis in Belgio.

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    Ma c' è anche chi fa notare come il dibattito, ogni qual volta si concentri sul corpo delle donne, inevitabilmente finisca per polarizzarsi, senza rendere giustizia alla realtà. «Non è vero che in passato in Marocco c' era più libertà nell' abbigliamento.

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    Semplicemente il problema era tenuto sotto traccia, mentre ora crisi politica e disoccupazione stanno facendo riesplodere l' estremismo», ha scritto il giornalista marocchino Reda Zaireg. Con buona pace degli hashtag shorts sì, shorts no.

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