Paolo Griseri per la Repubblica
Nel giorno in cui Donald Trump arriva in Italia, a Washington il Dipartimento della giustizia Usa mette sotto inchiesta Fca accusandola di aver deliberatamente falsato i test sulle emissioni dei motori diesel. Accusa pesante, che in gennaio, quando si erano diffuse le prime voci sull' indagine, Sergio Marchionne aveva catalogato come fantasiosa. Oggi invece è un organo federale a raccogliere i dubbi sollevati dall' Epa, l' ente per l' ambiente.
trump marchionne
Le accuse di Epa erano arrivate pochi giorni prima dell' insediamento di Donald Trump e molti ritenevano che il nuovo presidente, ben meno attento del predecessore alle questioni ambientali, avrebbe finito per far cadere l' indagine. Poche settimane dopo l' insediamento, Trump aveva infatti sostituito il numero uno dell' agenzia annunciando anche di voler tagliare i fondi.
Tutte queste mosse non hanno però impedito a Epa di proseguire il suo lavoro. L' accusa ufficiale mossa ieri è sempre quella di gennaio: Fca non avrebbe comunicato correttamente alle autorità Usa gli effetti sui test di otto dispositivi elettronici installati sui motori diesel di Ram 1500 e Grand Cherokees. I dispositivi, montati anche in Europa, hanno lo scopo di proteggere il motore quando, oltre una certa temperatura, trattenere le particelle inquinanti potrebbe danneggiarlo.
modello Fca dieselgate
Spiegazione, che, pur tra mille polemiche e indagini in corso, in Europa è prevista dai regolamenti. In Usa invece è necessario spiegare comunque gli effetti dei dispositivi sui test. L' effetto concreto infatti è che durante gli esami di omologazione l' emissione di sostanze nocive è inferiore a quella che si verifica quando in strada il motore si scalda. Epa prima e ora anche il Dipartimento di giustizia accusano Fca di non aver indicato correttamente la presenza dei dispositivi e sospettano che lo abbia fatto di proposito per superare l' omologazione.
Il punto cruciale non è che i dispositivi esistano ma che siano stati appositamente installati per truccare i test, come ha ammesso di aver fatto Volkswagen. «Possiamo aver commesso errori di comunicazione ha detto più volte Marchionne - ma ci arrabbiamo quando ci accusano di averlo fatto in malafede». La differenza non è secondaria.
grandcherokee fca dieselgate
Se il processo di concludesse accertando la volontarietà della scelta Fca, allora il gruppo del Lingotto potrebbe essere condannato a pagare una multa molto salata: fino a 4,63 miliardi di dollari per i 104.000 veicoli convolti dall' accusa. Volkswagen infatti aveva pagato 25 miliardi per circa 600 mila veicoli. Ma è anche possibile che l' avvio del processo serva a fare pressione su Marchionne per trovare un accordo su una multa meno salata.
Nelle scorse settimane Torino aveva fatto sapere di aver consegnato all' Epa alcune proposte di modifica del software dei motori diesel in grado di superare le obiezioni delle autorità. La mossa non è però servita ad evitare l' apertura di un' accusa formale: «Abbiamo sempre collaborato con le autorità - dicono al Lingotto - e siamo contrariati dalla decisione di avviare questa azione legale. Ci difenderemo con forza dall' accusa di aver deliberatamente tramato per aggirare i test sulle emissioni. Continueremo comunque a collaborare con Epa e Carb (l' ente californiano n. d. r.) per risolvere la questione in modo rapido e amichevole ».
mary barra donald trump sergio marchionne
Senza un accordo infatti il processo rischia di andare per le lunghe influenzando inevitabilmente le scelte di Fca: una eventuale multa di oltre 4 miliardi avrebbe comunque effetti sulla società. Il gruppo italiano non è l' unico ad aver trascorso ieri una giornata difficile. Il tribunale di Stoccarda ha infatti inviato un' indagine sulle emissioni di Mercedes perquisendo undici sedi del gruppo.