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    DIO (FORSE) ESISTE, MA DI SICURO NON SEI TU - A ERIC CLAPTON LO SCRIVEVANO SUI MURI: "ERIC IS GOD". E QUELLO, IRRIMEDIABILE NARCISISTA, CI CREDEVA - PER IL RE DEGLI SPECULATORI, GEORGE SOROS, LA SUA ONNIPOTENZA È "UNA MALATTIA" - DA FABRIZIO CORONA A MARTA MARZOTTO, PASSANDO PER DALÌ E OSCAR WILDE: QUANDO IL CULTO DI SÉ E L'UMANA DEBOLEZZA DI SENTIRSI DIO IN TERRA SI TRASFORMA IN PATOLOGICA MEGALOMANIA...


     
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    Jessica D'Ercole per “La Verità

     

    Eric Clapton Eric Clapton

    «Non avrai altro Dio al di fuori di me», così recita il primo dei dieci comandamenti incisi su due tavole di pietra, comandamento puntualmente infranto da famosi e milionari che, fagocitati dal proprio successo, si sono fortemente convinti di essere l'onnipotente.

     

    «Io sono Dio, e tu mi hai preso». Questa frase non è scritta né sulla Bibbia né sul Vangelo. Viene dalla bocca di Eric Clapton. Fu così che negli anni Ottanta, all'apice del successo, si presentò a Lory Del Santo.

     

    Eric Clapton 2 Eric Clapton 2

    Affetto da una forma di narcisismo patologico, fece suo il graffito Clapton is God che qualche fan gli dedicò su un muro davanti al quale si trovò a passare. A quel tempo la fama e i soldi portarono Clapton sulla strada della perdizione, e, alcol e droghe esaltavano il suo ego smisurato fin quando non toccò il fondo e decise di redimersi.

     

    lory del santo e eric clapton lory del santo e eric clapton

    Fu proprio in una clinica di riabilitazione che trovò la fede: «Da quel giorno, non ho mai smesso di pregare al mattino, in ginocchio, chiedendo aiuto, e la sera, per esprimere gratitudine per la mia vita e soprattutto per il fatto di essere sobrio».

     

    GEORGE SOROS A DAVOS GEORGE SOROS A DAVOS

    Non intende redimersi George Soros, l'uomo che grazie a una speculazione finanziaria riuscì a portarsi a casa 1 miliardo di dollari in sole 24 ore. Da anni questo imprenditore sogna di controllare gli Stati Uniti finanziando con fior di milioni le campagne di quei politici che predicano le sue cause liberaliste e progressiste.

     

    GEORGE SOROS A DAVOS GEORGE SOROS A DAVOS

    E fin qui non ci sarebbe niente di male se non che, qualche anno fa, spiegando il suo progetto, affermò: «Per dirla senza tanti complimenti, ho immaginato di essere una specie di dio».

     

    fabrizio corona foto di ray banhoff 5 fabrizio corona foto di ray banhoff 5

    E quando il quotidiano britannico Independent gli chiese lumi in merito, alla sua affermazione aggiunse un bel carico da 90: «È una specie di malattia quando ti consideri una specie di dio, il creatore di tutto, ma ora mi sento a mio agio da quando ho iniziato a viverlo».

     

    Ha un ego altrettanto smisurato Fabrizio Corona che, dopo anni di spola tra galera e domiciliari, ha dichiarato nel 2020 a Silvia Nucini di Vanity Fair: «Le ho già detto che sono Dio? Vuole una prova? Sono riuscito a portare il mondo fuori, qui dentro. Da casa muovo 4 programmi televisivi, sono mie le 12 storie più importanti degli ultimi mesi, do da lavorare a 15 persone. Nell'ultimo anno - 55 giorni in comunità, 1 mese in un albergo, 8 mesi qui ai domiciliari - avrò fatturato 2 milioni di euro. Col Covid. Sono sempre impegnato a parte il sabato. Il sabato dormo un po' di più, mangio tutto quello che voglio, leggo i giornali, guardo la tv. Il sabato è l'unico giorno in cui, per statuto, non scopo []. Da quando sono ai domiciliari avrò fatto l'amore con 60 donne diverse».

    fabrizio corona fabrizio corona

     

    Si potrebbe dire forse che, con queste affermazioni, Corona del signore non s'è guadagnato neanche la «s» minuscola.

     

    Meno megalomani sono i grandi narcisisti, che il culto lo hanno solo per la propria personalità o per la propria immagine.

     

    Tra loro si annoverano conquistatori (uno su tutti Alessandro Magno), imperatori (come non citare Napoleone), reali (le manie di onnipotenza di Luigi XIV di Francia), dittatori (tanto per dirne uno Hitler) e poi terroristi, politici, un'infinità di ignoranti ma anche una schiera di illustri, e talvolta simpatici, egocentrici che si sentono una spanna sopra agli altri.

     

    achille bonito oliva achille bonito oliva

    Basti pensare a Curzio Malaparte, che stando a Leo Longanesi era tanto pieno di sé da sentenziare: «È così egocentrico che se va ad un matrimonio vorrebbe essere la sposa, a un funerale il morto».

     

    O ancora a Achille Bonito Oliva che come scriveva Mario Perazzi su Sette è il «Gran Narciso della critica d'arte italiana. Blandito e osannato, dileggiato ed esecrato a seconda dell' andamento ondivago del suo potere nell'industria delle esposizioni».

     

    Alla Zanzara di Giuseppe Cruciani e David Parenzo - dopo aver vinto una causa per diffamazione contro Vittorio Sgarbi - strapazzò il suo collega spiegando cosa li rendeva diversi: «Non c'è nessun saggio o libro suo che si ricordi, i miei sono stati tradotti anche in Cina. Io ho due cognomi e lui uno solo. Io sono famoso e lui è popolare, io sono narcisista lui è vanitoso ma la vanità è il prêt-à-porter del narcisismo».

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    Per dirla con le parole di François de La Rochefoucauld: «Ciò che rende la vanità degli altri insopportabile, è che offende la nostra». Non si può parlare di vanità senza citare Oscar Wilde che ostentava il suo talento: «Non ho nulla da dichiarare eccetto il mio Genio».

     

    Lo scrittore e drammaturgo di ineccepibile cultura fece di Narciso Dorian Gray, un romanzo dove il culto dell'estetica la fa da padrona. Attento all'estetica era Giorgio Strehler un altro genio del teatro, tanto umile nella sua arte quanto vanitoso nella vita. Scrive Cristina Battocletti nel suo Il ragazzo di Trieste (La Nave di Teseo) che si faceva azzurrare i capelli, che aveva un pettinino sempre in tasca e portava scarpe col rinforzo e che amava che le donne lo amassero.

     

    MARTA MARZOTTO MARTA MARZOTTO

    Vittorio Lingiardi nel suo saggio Arcipelago N. (Einaudi) ricorda che esistono diverse variazioni di narcisismo. C'è quello maligno, che manipola le persone a proprio piacimento e che apre le porte a una vera e propria psicopatia, quello arrogante che manifesta segni di onnipotenza e quello fragile di cui soffre chi si innamora di stesso.

     

    MARTA MARZOTTO MARTA MARZOTTO

    Tra questi ritroviamo anche una Marta Marzotto, musa di pittori, regina della mondanità, definita da Alberto Moravia «una narcisista naturale» perché sin da piccola il papà la issava sul carretto per farle vedere «il mondo dall'alto».

     

    Nonostante sia stata molto amata da Vittorio Marzotto, Renato Guttuso, Lucio Magri, era solita ritagliare le poesie che la colpivano per poi spedirle a sé stessa: «Che emozione l'arrivo del postino! Era come se un misterioso spasimante l'avesse dedicata a me», disse in un'intervista a Stefano Lorenzetto. E, fino all'ultimo, anche in clinica, è stata animata da uno sconfinato desiderio di piacere. Innamorata di sé era anche Wally Toscanini: «La bellezza per me ha significato la conquista, la sicurezza. Da ragazzina, ero tanto narcisista che mangiavo di fronte allo specchio. Mi punivano, mettendomi addosso un grembiule nero. Ma spero che il narcisismo e il piacere della frivolezza non mi abbiano mai impedito di dare e di farmi in quattro».

     

    salvador dali salvador dali

    Allo specchio si guardava ogni mattina anche Salvador Dalì: «E ogni mattina provo sempre lo stesso e immenso piacere: quello di essere Salvador Dalì». Andrea Kerbaker, che lo scorso anno gli dedicò una mostra Me ne faccio un baffo, sostiene che il pittore spagnolo sia stato tra i più grandi egocentrici della storia: «Tutto ciò che disegnava, diceva, scriveva, era riferito anzitutto a lui».

     

    Kerbaker racconta che quando subì un processo da parte degli altri artisti che volevano cacciarlo dal movimento per le sue idee filo-naziste, lui non li ascoltò nemmeno perché era così stanco che voleva solo dormire, oppure di quando inventò il Paranoico-critico: «Di fatto è un metodo per parlare di arte, ma sempre partendo da sé stesso e dal suo personaggio».

     

    D ANNUNZIO D ANNUNZIO

    Altro grande egocentrico era Gabriele D'Annunzio, che anticipò quel desiderio di fama e gloria oggi comune alla gran parte degli uomini.

     

    E la sua cultura e la sua scrittura, raffinata e pregiata, rendevano il suo ego spettacolare senza però dimenticare la sua fede: «Il nostro dio è sempre davanti a noi come l'orizzonte o come la colonna invisibile di fiamma».

     

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    Non come Friedrich Nietzsche che tentò di sostituirlo con l'Otreuomo: «Ciò che ci distingue non sta nel fatto che non ritroviamo un Dio [] ma nel fatto che non consideriamo, come divino, ciò che fu venerato» (Frammenti postumi 1887-1888). La conclusione la lasciamo a Umberto Saba: «I poeti (questo lo sanno tutti) sono egocentrici. Per essi, il mondo esterno esiste; solo gira esclusivamente intorno alla loro persona. I filosofi (metafisici) avevano fatto un passo più avanti nel cammino della regressione: erano egocosmici».

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