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    IL BOCCA DELLA VERITA’ – DITE A SCANZI DI RILEGGERE QUELLO CHE DICEVA IL GIORNALISTA SCOMPARSO NEL 2011 SULLA CULTURA DI DESTRA, “IL MEGLIO DELLA CULTURA EUROPEA FRA LE DUE GUERRE MONDIALI” - GIÀ NEGLI ANNI ‘90 E 2000 BOCCA PRENDEVA DI MIRA I RADICAL: "OGGI A ESSERE PROGRESSISTI SONO I RICCHI” - QUANDO MARCUSE DISSE: “MA DAVVERO AI PAPERONI ITALIANI PIACCIONO TANTO I COMUNISTI?”


     
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    Francesco Borgonovo per "la Verità"

     

    giorgio bocca giorgio bocca

    L'altra sera, a Otto e mezzo, Andrea Scanzi se n' è uscito dicendo che «da 300 anni non esistono intellettuali di destra». Ovviamente è una bestialità: gli intellettuali di destra esistono eccome (basti citare il solo Veneziani), e alcuni di loro si sono persino presi la briga di replicare a Scanzi. Tuttavia la sensazione è che ai progressisti di tali repliche interessi nulla.

     

    Di più: gli esponenti più visibili della sinistra italiana sembrano disinteressati a qualsiasi ragionamento proveniente dalla parte avversa. Restano chiusi nella loro arroganza, totalmente indisponibili all' ascolto e al confronto. In fondo, parlare con loro è inutile: non prenderanno mai in considerazione le obiezioni - per quanto sensate - provenienti «da destra».

     

    Proviamo allora a lasciare che di alcune questioni di stringente attualità si occupi qualcuno che al mondo della destra non appartiene affatto.

     

    Pochi giorni dopo l' uscita di Scanzi, mi sono ritrovato in mano un vecchio libro di Giorgio Bocca, uno che si può a ragion veduta considerare un mostro sacro della sinistra italiana (partigiano, antifascista, antiberlusconiano...). Il volume s' intitola Il Provinciale, e rileggerlo oggi ha un effetto quasi balsamico.

     

    andrea scanzi a otto e mezzo 3 andrea scanzi a otto e mezzo 3

    Commentando i cambiamenti intervenuti nella società italiana dopo il Sessantotto, Bocca scrive: «L' intolleranza si diffonde, chi non è intollerante passa per uno senza principi, uno che tira a campare». Il grande giornalista racconta di quando un giovane storico di Rimini gli sottopose una antologia della cultura di destra da lui curata. Era «una raccolta di volgarità e asinerie chiosate in modo ironico».

     

    Al giovane progressista che voleva irridere la destra, sentite che rispose Bocca: «La cultura di destra, se per essa intendi una cultura non marxista, non ottimista, non sicura delle magnifiche sorti e progressive è la cultura di Freud, di Skinner, di ciò che va pubblicando l' Adelphi, il meglio della cultura europea fra le due guerre mondiali».

     

    Liquidato l' arrogante storico, Bocca proseguiva a elencare alcune tare degli intellettuali di sinistra: le stesse che essi presentano oggi. «L' avversario politico non va discusso ma cancellato, ammazzato o almeno insozzato», spiegava.

    scanzi scanzi

     

    «L' avversario non deve ragionare, non bisogna lasciarlo ragionare se no può mettere in crisi i credenti».

     

    Non funziona così anche adesso? Pensate solo al dibattito sul ddl Zan: le critiche non valgono, bisogna accettarlo in blocco o si è omofobi. Stesso discorso per i discorsi sull' immigrazione, il Covid... Insomma, su ogni tema o si aderisce alla linea tracciata a sinistra o si è dipinti alla stregua di subumani.

     

    Ancora Bocca: «Fascisti!Ecco la parola magica che nel Sessantotto divide i buoni dai perfidi, i democratici dai reazionari». Il ruvido cronista piemontese scriveva queste frasi nel 1991, le riferiva al movimento studentesco del tempo che fu, ma evidentemente le riteneva ancora valide. E aggiungeva poco dopo: «I danni fatti alla cultura politica italiana da case editrici come la Feltrinelli, la Editori Riuniti e anche la Einaudi sono stati pesanti [...]: una cattiva scuola fatta di nominalismo e demagogia».

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    Da azionista, laico e socialisteggiante, Bocca aveva colto perfettamente tutti i limiti della sinistra comunista prima e post comunista poi. Compresa la disponibilità a servire il «pensiero dominante», cioè a imbellettare di fumisterie i discorsi utili ai potentati economici. Vale la pena di ricordare, a tal proposito, un episodio meraviglioso narrato nel Provinciale.

     

    Trovandosi a Bari per un servizio, Bocca si imbatte in una serata culturale in cui l' ospite d' onore era - nientemeno - Herbert Marcuse, uno dei padri del Sessantotto, nemico del capitalismo e del consumismo, in qualche modo anticipatore della rivoluzione sessuale. «Lui fece la sua conferenza, disse ai baresi [...] le sue cose eversive e poetiche e poi finì a cena nella casa dell' avvocato Paolo Laterza, il fratello del mio editore.

     

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    Conoscevo Paolo perché mi aveva fatto assolvere dalla querela di un fascista [...]. A Milano mi avrebbero condannato, ma Paolo giocava a Bridge e frequentava il circolo della vela con il giudice. Lì il vecchio Herbert e la moglie, canuta e un po' stramba, furono abbandonati in una saletta: la commedia sinistrese era finita».

     

    SIGMUND FREUD SIGMUND FREUD

    Fu allora che Marcuse disse: «Voi italiani non vi capisco. A Torino mi ha invitato mister Fiat, a Milano mister Pirelli, qui sono stato festeggiato da prefetti, colonnelli, miliardari. Ma davvero ai ricchi italiani piacciono tanto i comunisti?».

     

    La risposta l' abbiamo sotto gli occhi in questi giorni: gli intellettuali dem piacciono al potere che li usa per fare i suoi comodi (sostenere la causa Lgbt, ad esempio). E, viceversa, agli intellettuali piace giocare con il potere, ma sempre credendosi «rivoluzionari». Oggi gli artisti si dannano per le Ong, i diritti gay o per eleggere Fedez a eroe del libero pensiero. Ai tempi di Bocca «attori famosi come Gassman che avevano guadagnato miliardi con filmetti commerciali scioperavano contro la repressione nemica delle arti. Repressione di chi?

     

    fedez concertone fedez concertone

    Contro chi? Non si sapeva bene, non si spiegava, ma c' era.[...] Attori di successo come Volonté o Castel si azzuffano con poliziotti che non guadagnano la centesima parte di quel che guadagnano loro, i repressi».

     

    In un libro successivo, Pandemonio, del 2000, il vecchio Giorgio rincarava la dose, parlando delle nuove battaglie per i diritti in epoca di globalizzazione: «Ma una rivoluzione che fa il gioco dei ricchi che rivoluzione è?». E aggiungeva: «Ora gli innovatori, i progressisti, i riformatori sono i ricchi, mentre i retrogradi e reazionari diventano i poveri».

     

    marcuse marcuse

    Niente di più vero. E non è un caso che la penna acuminata di Cuneo non fosse poi così gradita ai nuovi liberal, che gli rimproveravano l' eccessivo conservatorismo e perfino - sottovoce - una certa omofobia.

     

    Intendiamoci: Giorgio Bocca non ci è mai andato leggero nemmeno con la destra. Anche lui ha avuto la sua ferocia, i suoi abbagli. Ma aveva capito perfettamente quali fossero i vizi della «cultura di sinistra».

     

    Sono gli stessi di adesso, solo che i progressisti continuano a considerarli virtù.

    giorgio bocca montanelli1986 large giorgio bocca montanelli1986 large giorgio bocca giorgio bocca Giorgio Bocca, Sandro Viola e Bernardo Valli Giorgio Bocca, Sandro Viola e Bernardo Valli

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