Marco Lillo per il Fatto Quotidiano
giuseppe pignatone
Il presunto conflitto tra l'attività inquirente di due magistrati con quella professionale dei loro fratelli, entrambi avvocati di grido, sta spaccando la Procura di Roma. Roberto Pignatone, 61 anni, professore associato di Diritto tributario con studio a Palermo, ha ottenuto nel 2014 un incarico da Piero Amara, poi destinatario di una richiesta di arresto della Procura di Roma.
Il sostituto procuratore di Roma Stefano Rocco Fava, 52 anni, ha scritto al Consiglio Superiore della Magistratura per segnalare il comportamento del suo ex capo Giuseppe Pignatone, da poco andato in pensione, che non si è astenuto. Nell' esposto di Fava è citato anche il caso dell' aggiunto Paolo Ielo, tuttora a capo del pool reati amministrativi della Capitale.
PAOLO IELO
Domenico Ielo, 49 anni, titolare di un suo studio associato con sede a Milano, ha fatto legittimamente il consulente per l' Eni, società che a sua volta è finita nel mirino della Procura perché i pm hanno scoperto pagamenti per decine di milioni da Eni a una società di nome Napag. Secondo il pm Fava quella società sarebbe stata riferibile allo stesso Amara. Il titolare di Napag - Francesco Mazzagatti - e Amara negano.
All' esposto sono allegate le carte, depositate da molto tempo a Roma, provenienti da altre indagini di Siracusa, che documentano i rapporti del fratello minore di Pignatone.
pietro amara al centro
In testa c' è la lista dei testimoni depositata nell' ottobre del 2014 dall' avvocato Mangione che difendeva Amara a Siracusa per una storia di false fatture. Tra i testi a difesa spicca il "prof. avv. Roberto Pignatone affinché riferisca nella qualità di consulente tecnico di parte sulla relazione tecnica fiscale dallo stesso redatta".
C' è poi una fattura da 5 mila e 200 euro pagata dalla STI di Ezio Bigotti, anche lui arrestato poi dai pm di Roma, nel novembre 2014, sempre a Roberto Pignatone.
(...)
piero amara
L' esposto è centrato su Pignatone ma nel testo si fa riferimento anche all' astensione del procuratore aggiunto Paolo Ielo. Le ragioni non sono specificate ma al Fatto risulta che si tratti degli incarichi avuti dal fratello avvocato, stavolta dall' Eni, società che a sua volta ha pagato parcelle profumate al solito Amara per i suoi servigi.
Fava è un pm testardo, nato a Santo Stefano d' Aspromonte, che voleva colpire duro su Amara nonostante avesse già subito un arresto nel 2018 e avesse ottenuto un patteggiamento con l' assenso della Procura. Grazie alla sua collaborazione erano stati fatti altri arresti e ai pm è sembrata congrua la pena di tre anni più una multa.
claudio descalzi
Fava però riteneva che la storia non fosse finita lì. E aveva puntato di nuovo Amara per i suoi presunti affari con la Napag, società di cui il Fatto ha già scritto, che ha fatto affari per decine di milioni di euro con Eni. Fava voleva colpire duro su questo filone ma Pignatone, confortato da Ielo e da altri aggiunti, ha stoppato il sostituto prima negando il suo assenso alle richieste e poi togliendogli il fascicolo, finito poi per un filone importante a Milano. Al centro dell' esposto di Fava c' è una riunione del 5 marzo scorso convocata da Pignatone nel suo ufficio per discutere dell' eventuale sua astensione in ragione dei rapporti professionali del fratello.
michele prestipino e giuseppe pignatone (1)
Tutto inizia il 12 dicembre 2018 quando Fava chiede di accelerare nell' indagine su soggetti diversi da Amara. A quel punto l' aggiunto Paolo Ielo chiede di astenersi perché il fratello prende incarichi da Eni, società legata ad Amara.
Al posto di Ielo subentra l' aggiunto Rodolfo Sabelli. Il 29 gennaio e il 4 febbraio 2019, però, dopo la richiesta di astensione di Ielo ma prima che Pignatone la accogliesse, ci sono due nuove riunioni. Ielo, ancora non formalmente astenuto, partecipa con Sabelli.
I due aggiunti non condividono le sue richieste e dicono in coro a Fava che non sono d' accordo sulla linea dura. Fava non concorda e l' 8 febbraio scorso invia una seconda proposta di andare giù pesante anche nei confronti di Amara e di altri soggetti. Ielo a questo punto si astiene. La richiesta di Fava non viene approvata da Pignatone oltre che da Sabelli e quindi muore prima di nascere.
RODOLFO SABELLI
Fava tiene il punto e fa notare a Pignatone i rapporti di suo fratello con Amara. A quel punto Pignatone convoca la famosa riunione del 5 marzo. Ci sono gli aggiunti Michele Prestipino, Paolo Ielo, Rodolfo Sabelli e il sostituto Mario Palazzi, quello che - con Ielo e Pignatone - ha condotto l' inchiesta Consip. Pignatone sostiene che tutti conoscevano i rapporti del fratello Roberto e nessuno aveva avuto nulla da ridire sulla sua "non astensione". Fava nega. A lui Pignatone - spiega il pm - non aveva detto tutto sugli incarichi ricevuti dal fratello come consulente di Amara in Tribunale a Siracusa e anche della parcella alla STI di Bigotti.
PROCURA DI ROMA
Gli aggiunti si schierano con il capo. E questo fa presagire che - ove convocati al Csm - potrebbero sostenere la sua tesi. Passano appena 13 giorni e il 18 marzo Pignatone toglie il fascicolo a Fava. Il giorno dopo gli scrive una lettera con la sua versione dei fatti. Fava non è d' accordo e replica. Poi raccoglie il carteggio e lo allega al suo esposto. Pignatone sostiene che il procuratore generale di Roma, suo superiore, aveva rigettato le sue richieste di astensione. Il Csm potrebbe ora sentire i protagonisti.
procura roma
Pignatone è in pensione ma Ielo è in carica. Dalla sua l' aggiunto ha un dato formale: le due riunioni a cui ha partecipato sono precedenti all' assenso sulla richiesta di astensione. Anche se Fava lamenta la scarsa trasparenza perché non ha potuto vedere le richieste di astensione di Ielo e Pignatone. Il Fatto ha chiesto lumi a Roberto Pignatone, che non ha risposto. Domenico Ielo replica: "Assisto Eni dal 1999, quando lavoravo in un altro studio. Dal 2008 ho redatto decine di pareri per Eni e non ho mai conosciuto l' avvocato Amara".