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    GIORGIÀ, À LA GUERRE COMME À LA GUERRE – IN CAMPAGNA ELETTORALE LA MELONI HA BATTUTO SUL TEMA DELLA “SUDDITANZA” ITALIANA NEI CONFRONTI DELLA FRANCIA. CRITICANDO IL NO DI ENRICO LETTA AL SEMIPRESIDENZIALISMO ALLA FRANCESE, LA “DRAGHETTA” HA TUONATO: “EPPURE I FRANCESI NON VI SEMBRAVANO AUTORITARI QUANDO VI AIUTAVANO A RIMANERE AL GOVERNO ANCHE QUANDO PERDEVATE LE ELEZIONI” –  UNA ROTTURA DELL'ASSE ROMA-PARIGI SPOSTEREBBE GLI EQUILIBRI EUROPEI IN UN MOMENTO MOLTO DELICATO…


     
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    Francesco Olivo e Marco Bresolin per “La Stampa”

     

    GIORGIA MELONI GIORGIA MELONI

    Tra Bruxelles e Roma c'è una domanda che circola in queste ore: «È finita la pacchia» è una frase da comizio o un programma di governo? Giorgia Meloni ha mandato un messaggio all'Europa. L'occasione era una manifestazione elettorale in piazza Duomo a Milano, ma c'è una questione centrale che questa campagna elettorale non ha ancora chiarito fino in fondo: la collocazione italiana all'interno dell'Ue.

     

    Meloni, non solo sull'Europa, ha alternato posizioni moderate a richiami al sovranismo. Da una parte si rassicura: «Rispetteremo i trattati», dall'altra si rispolvera l'identità: «L'Italia si farà rispettare». Il doppio registro è stato portato avanti in questi anni anche all'interno del Parlamento europeo: i Conservatori, di cui Meloni è presidente, inglobano partiti estremisti come Vox, ma negli ultimi tempi sono entrati negli ingranaggi comunitari, hanno votato la presidente del parlamento Roberta Metsola, facendo eleggere un vicepresidente.

     

    letta macron letta macron

    L'operazione è stata portata avanti da Raffaele Fitto, (co-presidente del gruppo), il cui ruolo è stato chiave per far saltare il progetto di fusione con i sovranisti di Identità e democrazia, il gruppo di cui fanno parte Matteo Salvini, Marine Le Pen e i tedeschi di Afd.

     

    Giovanbattista Fazzolari, responsabile del programma di FdI la spiega così: «Il nostro obiettivo è tornare a un rapporto paritetico con Francia e Germania, e non subalterno come è stato negli ultimi dieci anni». Nei discorsi di Meloni torna spesso il tema delle relazioni con Parigi e Berlino. La presidente di FdI, la settimana scorsa a Firenze, si è spinta ad alludere a interferenze dell'Eliseo sulla vita politica italiana. Criticando il No di Enrico Letta al semipresidenzialismo alla francese, Meloni ha detto «eppure i francesi non vi sembravano autoritari quando vi aiutavano a rimanere al governo anche quando perdevate le elezioni».

     

    GIORGIA MELONI SENZA DENTI GIORGIA MELONI SENZA DENTI

    L'idea che circola all'interno del partito è che il Pd abbia volutamente trascurato la difesa dell'interesse nazionale, in cambio di protezione politica da parte di «nazioni amiche della sinistra» (sempre Meloni). In tanti citano le legioni d'onore, le onorificenze che l'ambasciata di Piazza Farnese ha assegnato a «politici del Pd», in cambio, è la tesi, di favori al governo di Parigi.

     

    Il riferimento è ad alcune partite strategiche sugli asset nazionali che avrebbero danneggiato il nostro Paese. Meloni lo ha ripetuto ieri nel dibattito con Enrico Letta, ospitato dal Corriere della Sera: «Serve un riequilibrio rispetto all'asse franco-tedesco». E queste tesi vengono ascoltate con attenzione anche nei palazzi comunitari. Parlando con gli interlocutori che seguono l'evolversi della campagna elettorale emergono due preoccupazioni: un diverso equilibrio al tavolo dei governi Ue, con un'Italia più lontana da Parigi e più vicina a Budapest e un atteggiamento ostile nei confronti dell'attuale Commissione europea.

     

    brigitte emmanuel macron brigitte emmanuel macron

    Al civico 175 di rue de la Loi, dove i funzionari del Consiglio discutono con i diplomatici delle varie delegazioni, diverse fonti esprimono il timore per quello che potrebbe essere uno degli effetti più significativi di questo cambiamento: la rottura dei rapporti tra Roma e Parigi, con il ritorno di una situazione simile a quella del 2018.

     

    «L'Italia e la Francia – ragiona un diplomatico di un Paese terzo – hanno grandi convergenze d'interesse, specialmente per quanto riguarda i dossier economici. Tra poco più di un mese entrerà nel vivo il dibattito sulla riforma del Patto di Stabilità, inoltre l'Italia e altri Stati del Sud Europa potrebbero avere bisogno di nuovi strumenti di debito comune per affrontare il caro-energia. Per superare le resistenze di Germania e Paesi Bassi, il sostegno di Emmanuel Macron è fondamentale. Davvero Meloni pensa di poter vincere questa partita giocando da sola?».

     

    Nei giorni scorsi, un'autorevole fonte del Parlamento Ue evidenziava poi un altro aspetto. «Oggi il Consiglio europeo è un consesso di leader azzoppati. Parlano di grandi riforme, ma hanno tutti enormi problemi a casa loro. Il leader più forte è Viktor Orban, l'unico che ha davanti a sé un orizzonte di cinque anni durante i quali potrà fare sostanzialmente ciò che gli pare. Ma al momento è isolato perché Polonia e Repubblica Ceca gli hanno voltato le spalle in seguito alle sue posizioni sulla guerra in Ucraina. Cosa succede però se inizia a trovare alleati?».

     

    giorgia meloni giorgia meloni

    Lo scenario è infatti in evoluzione. Il peso del conflitto ucraino potrebbe presto ridimensionarsi nell'agenda Ue e resta da capire quanto tempo ci vorrà per far ricicatrizzare le ferite nel gruppo Visegrad. L'arrivo di Meloni a Palazzo Chigi, inoltre, potrebbe fornirgli una sponda. A Strasburgo già aspettano al varco gli eurodeputati di Fratelli d'Italia per vedere come si schiereranno giovedì, quando l'Aula voterà un report per stigmatizzare il deterioramento dello Stato di diritto in Ungheria e per chiedere il congelamento dei fondi Ue destinati a Budapest. Nel palazzo della Commissione c'è invece il timore che ritorni un clima di quotidiana conflittualità, come durante il governo giallo-verde.

     

    GIORGIA MELONI GIORGIA MELONI

    «La maggioranza che potrebbe vincere le elezioni – sottolinea un alto funzionario – sarà composta da tre partiti. Fatta eccezione per Forza Italia, gli altri due hanno votato contro la Commissione von der Leyen». Una situazione destinata ad avere ripercussioni anche per Paolo Gentiloni. «Sin qui ha svolto un importante ruolo di cinghia di trasmissione con Roma – prosegue la fonte –, ma con il nuovo governo rischia di finire schiacciato tra l'incudine e il martello».

     

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    Proprio ieri è andato in scena un botta e risposta indiretto a distanza, con Meloni che insiste per modificare il Pnrr e il commissario che ha replicato: «Durante tutta la durata del Next Generation Eu avremo 20 o 30 elezioni nazionali, non possiamo cambiare i nostri piani per questo». Gentiloni ha avvertito che «non abbiamo un trattamento speciale per l'Italia» e che «i principi su cosa è possibile modificare valgono per tutti».

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