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    ITALIANI, POPOLO DI TAR-TASSATI! – NEL 2018 ABBIAMO PAGATO 552 EURO DI TASSE A TESTA IN PIÙ RISPETTO ALLA MEDIA DEI CITTADINI EUROPEI. LA SOMMA TOTALE FA 33,4 MILIARDI DI GAP RISPETTO AGLI ALTRI PAESI UE – IL CALCOLO DELLA CGIA CHE COMPARA LA PRESSIONE FISCALE DEI 28 PAESI DELL’UNIONE: SOLO IN FRANCIA, BELGIO, DANIMARCA, SVEZIA, AUSTRIA E FINLANDIA SI PAGA DI PIÙ, MA ALMENO HANNO SERVIZI DECENTI…


     
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    Laura Carcano per AWE/LaPresse

     

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    I cittadini del Belpaese scontano un gap con l'Europa in veste di contribuenti. Nel 2018 gli italiani hanno pagato 552 euro di tasse a testa in più rispetto alla media dei cittadini europei. Complessivamente 33,4 miliardi di euro di tasse in più rispetto alla media versata dagli altri contribuenti Ue. A calcolarlo è l'Ufficio studi della Cgia che ha comparato la pressione fiscale dei 28 Paesi dell'Unione e poi calcolato il divario esistente tra l'Italia e ciascun Paese appartenente all'Ue.

     

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    Nel 2018 è emerso che in Europa solo Francia, Belgio, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia hanno pagato mediamente più tasse di noi. La "sorpresa" viene da Parigi: ogni cittadino d'Oltralpe ha versato al fisco 1.830 euro in più rispetto a noi. In termini assoluti il divario fiscale è a noi favorevole e ammonta a 110,7 miliardi di euro. Rispetto agli altri principali competitori, invece, "soccombiamo" sempre. "Se avessimo la pressione fiscale della Germania verseremmo 24,6 miliardi di tasse in meno (407 euro pro capite), dell'Olanda 56,2 (930 euro pro capite), del Regno Unito 114,2 (1.888 euro pro capite) e della Spagna 119,5 (1.975 euro pro capite)", illustra la Cgia.

     

    the day the government left la strada senza tasse the day the government left la strada senza tasse

    E "in attesa che la manovra di Bilancio 2020 chiarisca come verranno "recuperati" i 23,1 miliardi di euro necessari per evitare che dal prossimo 1° gennaio l'Iva torni ad aumentare", la Cgia ricorda che la pressione fiscale "reale" presente nel nostro Paese è di ben 6 punti superiore al dato "ufficiale".

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    Il nostro Pil, infatti- rimarca la Cgia - come del resto quello di altri Paesi dell'Ue, include anche gli effetti dell'economia non osservata che, secondo le ultime stime dell'Istat, ammontano a 209 miliardi di euro all'anno. Questa "ricchezza", generata dalle attività irregolari e illegali, se da un lato non fornisce alcun contributo all'incremento delle entrate fiscali, dall'altro accresce la dimensione del Pil.

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    "Rammentando che la pressione fiscale si ottiene dal rapporto tra le entrate fiscali e il Pil, se dalla ricchezza prodotta (ovvero dal denominatore) togliamo la componente riconducibile all'economia "in nero", il risultato del rapporto (vale a dire la pressione fiscale) in capo ai contribuenti onesti aumenta, consegnandoci un carico fiscale "reale" molto superiore a quello "ufficiale" (48 per cento anziché 42,1 per cento)", evidenzia la Cgia.

     

    Per la Cgia "le troppe tasse, comunque, sono un problema non solo perché mettono a repentaglio la tenuta finanziaria di tante famiglie e altrettante imprese, ma anche poiché hanno innescato nel sistema economico dei processi viziosi molto pericolosi".

     

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    "Con un peso fiscale opprimente- afferma il segretario della CGIA, Renato Mason - e una platea di servizi erogati dall'Amministrazione pubblica che negli ultimi anni è diminuita sia in termini di qualità che di quantità, la domanda interna e gli investimenti hanno subito una caduta verticale. Inoltre, è diventato sempre più difficile fare impresa, creare nuovi posti di lavoro e redistribuire la ricchezza".

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