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    “LA F1 È DOMINATA DAI BIANCHI, IO VEDO CHI TACE DI FRONTE ALL’INGIUSTIZIA” – HAMILTON CONDANNA IL SILENZIO SULL’OMICIDIO FLOYD DEI COLLEGHI PILOTI: "IO SONO ANCORA L’UNICO NERO QUI. PENSAVO AVRESTE DETTO QUALCOSA, INVECE…" - IL CIRCUS F1 IN CRISI: LA WILLIAMS È IN VENDITA. LA FUGA DELL'ULTIMO SPONSOR,  HA COSTRETTO UNO DEI TEAM PIÙ VINCENTI A METTERSI SUL MERCATO


     
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    STEFANO MANCINI per lastampa.it

     

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    «So chi siete e vi vedo». E’ durissimo il j’accuse di Lewis Hamilton ai colleghi piloti, alla Formula 1 e all’intera industria dell’auto che tacciono di fronte alla morte di George Floyd, l’afroamericano disarmato ucciso da un poliziotto a Minneapolis.

     

    Il sei volte campione del mondo della Mercedes aveva preso posizione contro il razzismo fin dal suo esordio nel mondo dei motori, «uno sport dominato dai bianchi», ma stavolta il tono della sua protesta si estende a coloro che corrono in pista con lui in giro per il mondo, virus permettendo.

     

     

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    «Io vedo quelli di voi che stanno zitti, le più grandi star che tacciono di fronte all’ingiustizia - scrive Hamilton su Instagram -. Non un segno da parte di nessuno nella mia industria, che ovviamente è dominata dai bianchi. Io sono ancora l’unico nero qui. Pensavo avreste capito come mai questo succede e avreste detto qualcosa, ma voi non potete stare al nostro fianco. Solo ricordate: io so chi siete e vi vedo...».

     

    Floyd, afroamericano di 46 anni, è morto a Minneapolis il 25 maggio dopo che l’agente di polizia Derek Chauvin è rimasto inginocchiato sul suo collo per otto minuti e 46 secondi. L’episodio ha incendiato l’America e spinto le più grandi star dello sport, da Serena Williams a Michael Jordan, a denunciare razzismo e violenze.

     

    Hamilton precisa che il suo appoggio va soltanto alla protesta pacifica. Ma aggiunge: «Non ci può essere pace finché i nostri cosiddetti leader non faranno un cambiamento. Non è soltanto l’America, questo è il Regno Unito, la Spagna, l’Italia e tutti gli altri. Il modo in cui le minoranze vengono trattate deve cambiare. Razzismo e odio non nascono nei nostri cuori, ma vengono insegnati».

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    Oltre a Hamilton, sui social è arrivata la presa di posizione contro il razzismo di Daniel Ricciardo, pilota della Renault, cui sono seguiti i messaggi di Charles Leclerc della Ferrari («è nostra responsabilità denunciare il razzismo, non dobbiamo restare silenziosi») e Lando Norris (McLaren).

     

     

     

    WILLIAMS

    Umberto Zapelloni per “il Giornale”

     

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    La Williams è in vendita. La fuga dell' ultimo sponsor, la Rokit, ha costretto uno dei team più vincenti nella storia della Formula 1 a mettersi sul mercato. «Abbiamo avviato un processo formale di vendita», recita il comunicato senza specificare se si tratterà di vendita parziale o totale.

     

    La Williams ha vinto 9 Mondiali Costruttori e 7 Piloti, ma l' ultimo titolo risale al 1997 con Jacques Villeneuve e l' ultima vittoria in un Gran premio al 2012 quando in Spagna Pastor Maldonado sorprese tutti, probabilmente anche se stesso. Da allora ha collezionato solo figuracce diventando la peggior squadra del campionato, con soli 8 punti nelle ultime due stagioni.

     

    Il crollo dell' economia dovuto alla pandemia, il rosso di 14,5 milioni di euro nel bilancio 2019 hanno costretto Frank e sua figlia Claire, che oggi gestisce il team in pista, a lasciare proprio mentre la F1 si appresta a entrare nell' era del budget cap, che Claire avrebbe voluto da anni.

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    La Williams che molla non è una bella notizia, perché la squadra di Grove è sempre stata un esempio, costruita a immagine e somiglianza del suo fondatore, sir Frank che, tetraplegico dal 1986, dopo esser rimasto per sei settimane tra la vita e la morte, non ha mai mollato. Se Alex Zanardi è un eroe moderno, sir Frank Williams non gli va molto lontano anche se lui, che pure era un maratoneta, non ha mai avuto la possibilità di muovere neppure le braccia.

     

    Una tortura per un uomo che era follemente innamorato della velocità. «L' ho amata e se sono finito su una sedia a rotelle è proprio per colpa della velocità», ammette. Era in auto quando ebbe l' incidente, stava raggiungendo l' aeroporto di Marsiglia da Le Castellet dove aveva assistito alle prove del team. Si è capottato, come gli è successo decine di volte. Era spregiudicato in pista come negli affari. Si racconta che quando vendeva auto agli italiani spesso si faceva rimandare indietro la vecchia monoposto, ci lavorava su per mesi, cambiava le targhette identificative del telaio e rivendeva come nuova la stessa auto al suo stesso proprietario.

     

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    Quando è diventato abbastanza forte e ricco da poter saldare tutti i conti, si è trovato alle prese con altri conti da pagare, oltre a quello della sua condizione fisica. La morte di Piers Courage negli anni Settanta e quella di Ayrton Senna nel 1984. Lui che per primo aveva offerto ad Ayrton la possibilità di salire su una Formula 1, lo aveva visto morire su una sua auto, per un problema tecnico. Provò a tenersi tutto dentro anche quella volta. «A casa nostra Ayrton è stato considerato un Dio per lungo tempo racconta Claire in un bel documentario della Bbc -.

     

    Papà ne era innamorato. Lo aveva nel cuore, nella testa e voleva assolutamente portarlo in squadra. Alla fine il suo sogno si è avverato, ma è finito nel peggior modo possibile». Sir Frank non ha ancora 80 anni (è nato il 16 aprile 1942), ma non ha più la forza per combattere come un tempo. Ha provato a lasciare tutto alla figlia che ci ha messo l' anima, ma non ha trovato vie d' uscita se non la ricerca di un compratore. E sarà come dire addio alla Formula 1 di un tempo. La più romantica, ma forse anche la più bella.

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