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    IL BELGIO CASCA DAL PERO - NEI QUARTIERI DI BRUXELLES, BASI OPERATIVE DEI JIHADISTI, SONO STATI ACCOLTI, SENZA INTEGRAZIONE, MIGLIAIA DI IMMIGRATI - COME POTEVA NON NASCERE IL TERRORISMO DOVE ABBONDANO DISOCCUPAZIONE, POVERTA' E PREDICATORI D'ODIO?


     
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    Anais Ginori per “la Repubblica”

     

    MOLENBEEK MOLENBEEK

    Albeggiava sui tetti di Schaerbeek quando i kamikaze del 22 marzo sono usciti dal civico 4 di rue Max Roos per compiere il loro piano mortale. Nell’attico dalle grandi vetrate sulla facciata arrotondata hanno forse avuto il tempo di guardare un’ultima volta il cielo prima di infilarsi nel taxi in direzione Zaventem. «Abito qui da un mese con la mia famiglia, ora vogliamo partire, abbiamo paura». John Jairo Valderama, inquilino del quinto piano, ha scoperto di essere dirimpettaio dei terroristi martedì sera quando la polizia è arrivata per perquisire l’appartamento dei terroristi.

     

    ARRESTI A BRUXELLES MOLENBEEK ARRESTI A BRUXELLES MOLENBEEK

    «Solo una volta ho visto un tipo entrare, mai niente di sospetto» ricorda l’uomo di origini venezuelane. Anche la ristoratrice che lavora vicino all’altro covo di Schaerbeek usato per la preparazione degli attacchi del 13 novembre non ha mai visto nulla di strano. «Niente, davvero, siamo gente tranquilla» dice con fare respingente la proprietaria dell’Osteria delle Stelle, a pochi passi dall’86 rue Henri Bergé, una palazzina grigia inizio secolo di tre piani.

     

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    Schaerbeek, Molenbeek, Anderlecht, Forest. I quartieri in cui sono stati pianificati gli attacchi degli ultimi quattro mesi - da Bruxelles a Parigi e poi ritorno – sono una vecchia conoscenza per gli abitanti della capitale. È il “Croissant pauvre”, la mezzaluna povera, l’insieme di enclave a forte popolazione musulmana che cingono il centro di Bruxelles, da nord a sud, lungo il canale Willebroek. Intorno all’arteria industriale e commerciale di un tempo, sono state accolte tutte le ondate di immigrazione, senza mai integrarle.

     

    Schaerbeek Schaerbeek

    Il tasso di disoccupazione dei giovani supera il 60 per cento, intere zone sono inavvicinabili per le autorità. Secondo uno studio del sociologo delle religioni Felice Dassetto, professore emerito all’università cattolica di Lovanio, in circa trenta chilometri quadrati si concentrano oltre settanta moschee, un’ottantina di associazioni religiose e culturali musulmane, divise tra varie comunità e correnti dell’Islam ma con un’influenza crescente del salafismo.

    Schaerbeek Schaerbeek

     

    Non si può capire come Bruxelles sia diventata un vivaio dell’estremismo islamico senza vedere che nella capitale le periferie sono dentro al tessuto urbano, i ghetti appaiono e scompaiono a macchia d’olio, il terrorista può davvero abitare nella porta accanto. Basta girare l’angolo di una strada, attraversare una piazza per passare da un mondo all’altro. Molenbeek, fabbrica di kamikaze, è diventato il nome più noto di questa mezzaluna povera in cui i jihadisti si muovono e nascondono con estrema facilità.

     

    Ma è a Schaerbeek, place Lehon, che Salah Abdeslam si è fatto lasciare la mattina del 14 novembre. Ed è sempre qui che suo fratello Brahim, morto da martire negli attacchi di Parigi, è stato sepolto giovedì scorso. Le oltre trecento perquisizioni lanciate dalla polizia negli ultimi quattro mesi si sono concentrate nel “Croissant”, l’ultima ieri ad Anderlecht dove un sospetto è stato arrestato. Nella mappa del terrore c’è poi Forest, la punta a sud della mezzaluna, in cui è stato ucciso Mohamed Belkaid, uno degli organizzatori del 13 novembre.

    bruxelles forest operazione antiterrorismo bruxelles forest operazione antiterrorismo

     

    Il nuovo caffé biologico della piazza comunale di Schaerbeek ha messo in vetrina la bandiera tricolore. Qualche strada più in là, ci sono negozi per spose con abiti classici marocchini. A Molenbeek o a Anderlecht gli artisti bruxellesi vengono ad abitare tra negozi halal e bar a narghilè, in graziose case basse dai costi ridicoli che non hanno niente del degrado delle nostre periferie. La gentrificazione del “Croissant pauvre” procede a rilento.

    bruxelles sparatoria bruxelles sparatoria

     

     «Sono anni che ci promettono che il quartiere sarà bonificato ma poi non succede nulla» confessa François Althaven che ha comprato una bella palazzina in mattoni rossi vicino a una piazza di Schaerbeek in mano agli spacciatori e chiamata “La cage aux ours”, la gabbia degli orsi, memoria di quando i circensi improvvisavano spettacoli. Il governo regionale ha proposto nuovi investimenti nell’edilizia popolare e la costruzione di aree verdi per ridare lustro alle zone intorno al canale Willebroek.

     

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    Qualche mese fa, il governo federale, a maggioranza politica diversa, ha annunciato un altro “Plan Canal” dalla filosofia opposta: rafforzamento di mezzi della polizia, tolleranza zero per la criminalità. È l’eterna disputa tra un approccio sociale o repressivo. La mezzaluna povera di Bruxelles è anche il simbolo di quello che i belgi chiamano “lasagne institutionnelle”, il sovrapporsi di poteri istituzionali contraddittori e talvolta antitetici. La regione della capitale ha diciannove comuni, sei zone di polizia, un governo regionale e rimane vincolata per molte competenze all’esecutivo federale in una nazione divisa tra due comunità linguistiche. Il surrealismo del Belgio poteva far sorridere fino a qualche tempo fa, ora non più.

     

     

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