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Paolo Salom per il “Corriere della Sera”
Questione di criteri. Uno studio, pubblicato dal Lancet, e realizzato dai ricercatori del Dipartimento di sanità pubblica dell' Università di Hong Kong, corregge al rialzo le statistiche sui contagiati da Covid-19 in Cina nel corso di quella che è stata definita la «prima ondata» della malattia. Dunque: se le autorità di Pechino avevano dichiarato poco più di 55 mila positivi al virus, ora da Hong Kong la cifra è corretta al rialzo: 232 mila, ovvero quattro volte le statistiche ufficiali. Lecito immaginare che la stessa proporzione possa essere attribuita ai decessi. Che cosa è successo davvero? Come mai questa variazione così sostanziale?
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Da notare, intanto, che questo dossier arriva non da una qualche università occidentale, potenzialmente «ispirata» dal proprio governo (o parti di esso) nel mettere in cattiva luce Pechino. Hong Kong, per quanto autonoma, è pur sempre Cina e dunque questi numeri vanno valutati con grande attenzione.
I ricercatori hanno dunque analizzato i dati forniti all' Organizzazione mondiale della sanità (Oms), al 20 febbraio scorso, alla luce delle sette differenti e sempre più accurate definizioni utilizzate, volta per volta, dalle autorità della Repubblica Popolare, per stabilire chi fosse o meno positivo al coronavirus: intensità dei sintomi, luogo di residenza, decorso dell' infezione e altri parametri medici.
GHEBREYESUS XI JINPING
È proprio in questi criteri che si è stabilita una sorta di ambiguità statistica che ha, alla fine, tenuto sotto controllo la curva ufficiale dei contagi. «Se si fosse applicato - dice lo studio tra l' altro - il quinto criterio per verificare tutti i casi la cifra ottenuta sarebbe stata 232 mila, e non i 55.508 dichiarati».
Una differente realtà con una scala decisamente più ripida. E comunque ottenuta con criteri «domestici». Peraltro che i numeri cinesi fossero sottostimati lo avevano denunciato numerose cancellerie occidentali. Il presidente Trump ha più volte messo in discussione la «sincerità» del suo «amico Xi Jinping», arrivando a ipotizzare numeri di contagiati e di deceduti «dieci volte maggiori» di quanto ammesso al mondo.
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E persino Angela Merkel, leader di un Paese, la Germania, che ha sempre considerato la Cina un partner economico privilegiato (e finora ne è stato il principale interlocutore in Europa), ha messo sul tavolo i suoi dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni di Pechino.
Rifatti i conti, tuttavia, resta il problema di affrontare una crisi epidemiologica che ormai ha coinvolto il mondo intero: e da tempo non è più soltanto una questione cinese.