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    MORTE A VENEZIA - DAVANTI AL SUICIDIO DEL GIOVANE GAMBIANO I PM NON SANNO COME MUOVERSI: I MARINAI SONO OBBLIGATI A LANCIARE IL SALVAGENTE, NON A TUFFARSI. NON L’HANNO FATTO LORO E NON L’HANNO FATTO I PASSEGGERI DEL VAPORETTO (VIDEO) - PER LE URLA DI SOTTOFONDO: «AFRICA», «DAI CHE TE TORNI A CASA TUA», «INSEMENIO», «...EORA NEGHITE» SI PUÒ IPOTIZZARE ISTIGAZIONE AL SUICIDIO? NO - PARLA IL CUGINO


     
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    Davide Tamiello ed Eleonora Biral per http://corrieredelveneto.corriere.it/

     

    Si getta in acqua e si sfila il giubbotto. Il vaporetto che passa fa retromarcia, si avvicina. Prima un salvagente, poi due, tre, quattro. Lui rimane immobile, non fa una bracciata per avvicinarsi. Quando il marinaio del vaporetto apre il barcarizzo, il pianerottolo sporgente sul piano della nave, è già troppo tardi. Il corpo si inabissa, trascinato a fondo dagli abiti inzuppati e pesanti come una zavorra. Aveva 22 anni il gambiano morto annegato in Canal grande a Venezia domenica pomeriggio.

     

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    È una storia di cui i più conoscono solo gli ultimi, tragici attimi, ripresi dai filmati acquisiti dalla procura di Venezia. Il sostituto procuratore Massimo Michelozzi, sul caso del 22enne gambiano morto annegato in Canal Grande domenica pomeriggio, ha esaminato a lungo cinque video che hanno ripreso la scena: uno dall’alto, dalla telecamera di Venezia Santa Lucia, e quattro riprese amatoriali, fatte con gli smartphone dalle persone che si trovavano a riva. La dinamica sembrerebbe escludere qualunque tipo di responsabilità e, soprattutto, evidenzierebbe la volontarietà del gesto.

     

    Si andrebbe, quindi, verso la conferma dell’ipotesi di suicidio, tanto che il pm sembra non aver ancora sciolto i suoi dubbi circa l’opportunità di disporre l’autopsia. Non esiste una ipotesi di reato per omissione di soccorso: i marinai sono obbligati a lanciare il salvagente, non a tuffarsi. Non l’hanno fatto loro e non l’hanno fatto i passeggeri del vaporetto: a nessuno è venuto l’istinto di lanciarsi in suo aiuto. Sui Social già si azzardano interpretazioni e si accendono polemiche per quelle urla di sottofondo che si sentono nei video: «Africa», «Dai che te torni a casa tua», «insemenio», «...eora neghite ».

     

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    Frasi di scherno o incitamenti a reagire? Sarà la procura a decidere se e come proseguire nell’inchiesta. Nella peggiore delle interpretazioni, si configurerebbe un’ipotesi di reato per istigazione al suicidio ma al momento questa eventualità sembra remota. Decontestualizzate sono parole pesanti ma il tono sembra quello dello «svegliati che sennò anneghi». E qualcuno potrebbe non aver capito del tutto la situazione perché quel ragazzo restava immobile e non chiedeva aiuto.

     

    Forse non era nemmeno chiaro quale fosse l’intento. Nelle sue tasche sono stati trovati un passaporto, un permesso di soggiorno e una carta d’identità rilasciata dal Comune di Pozzallo (Ragusa) su cui verranno fatte tutte le verifiche del caso. La notizia della morte ha sconvolto i famigliari che, di fatto, erano all’oscuro di tutto. Le forze dell’ordine non erano ancora riuscite a raggiungerli. La maggior parte dei suoi parenti vive in Germania, gli altri sono sparsi in vari paesi del Nord Europa. T.S., suo cugino, è l’unico a essere ancora in Italia.

     

    «Da un po’ di tempo provavo a contattarlo senza riuscirci. Da settembre ». «Pozzallo è il comune in cui rilasciano i documenti a questi ragazzi», spiega Paola, interprete di un centro di accoglienza a Frosinone, dove è ospitato T.S., stravolto dalla notizia. «What’s happened to him?» (Cosa gli è successo?) continua a ripetere.

     

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    «Mio cugino era rientrato in Gambia per un periodo e a settembre era tornato in Italia – racconta T.S. -. Poi in autunno si è spostato in Svizzera. Lì non abbiamo parenti. So che stava cercando un lavoro ma poi l’hanno rimandato in Italia». Il 22enne ci aveva provato, ma senza fortuna. Uno stato psicologico provato dalle difficoltà che per i famigliari potrebbe averlo spinto al suicidio. Sabato scorso il giovane ha comprato un biglietto del treno per Venezia e, una volta arrivato in laguna, si è seduto sui gradini della stazione dei treni, dove ha lasciato lo zaino.

     

    Ha riposto i documenti in una busta di plastica sigillata che aveva in tasca e si è tuffato in acqua. Si è lasciato andare, paralizzato dall’acqua gelida, sotto il mezzo Actv, trascinato dalla corrente. T.S. vorrebbe raggiungere Venezia nelle prossime ore. L’ultimo addio l’ha affidato ieri a un post su Facebook. «Oggi è un giorno che non dimenticherò mai. Ho perso mio fratello, non posso controllare le lacrime ma pregherò per sempre per lui».

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