drupi
Andrea Pedrinelli per Avvenire
«I o non voglio rientrare nel giro, anzi. Voglio essere libero di fare quanto più mi appartiene ». Non è posa da anticonformista per sport, quella di Giampiero Anelli, in arte Drupi, settant' anni compiuti da qualche mese, 10 milioni di dischi venduti nel mondo e forse unico cantautore italiano in tour permanente per tutta l' Europa.
drupi
Ovunque vada regala perle del suo repertorio, come Vado via subito eliminata da Sanremo '73 eppure seconda solo a Nel blu dipinto di blu fra i brani italiani più noti nel globo. Non è una posa perché Drupi non è solo ciò che tutti ricordano, ovvero la splendida voce nera che con Vado via approdò alla Bbc, con Sereno è passò trentaquattro settimane nell' hit parade, con Due vinse il Festivalbar, con Soli arrivò terzo a Sanremo e comunque seppe rimanere in prima pagina per oltre vent' anni: fra Sambariò, Regalami un sorriso e collaborazioni coi mostri sacri Colaiuta e Patitucci, passando per dischi non notissimi e però di bella fattura come Drupi scritto coi New Trolls, Un passo o Storie d' amore.
marco mengoni
Drupi da diversi anni mette in pratica una sua ribellione intelligente, del dire di no a trash e revival, rinunciando a Music farm o all' Isola dei famosi per incidere da indipendente cd non banali sin dal titolo Fuori target e Ho sbagliato secolo) che contengono testi appuntiti e ricchi di valori ( La foresta, Queste ossa, Piera e Salvatore, Ridammi il sole, Imparerò) e conducono ancora l' artista pavese nel mondo. Anche se da noi infatti di Drupi si vede poco e si sa pochissimo, lui a Praga è stato l' unico (con gli Stones) a suonare nella piazza dell' orologio; ha vinto dischi d' oro in Europa anche con l' ultimo Ho sbagliato secolo; di recente in Polonia è stato ospite di Lech Walesa e la serata con lui di un festival ha battuto i record d' ascolto.
GIUSY FERRERI A SANREMO
Quando Drupi dice che non vuole rientrare nel giro è perché non gli piace, la canzone del 2018: lui fa altra musica, se qui non incontra va a pesca. Tanto spopola appena oltre le Alpi: «e anche con le canzoni recenti».
Drupi, come sta oggi la nostra canzonetta?
«In coma. Non ci sono autori, e il business del disco è morto: ormai si fa musica per i talent, quindi per la tv. Lanciando meteore che lasciano poco o nulla».
Non salva nessuna delle voci più giovani?
«La tecnica c' è, intendiamoci. Rispetto ai miei tempi è cresciuta molto. Però oggi chiedono la presenza, il vestito, la parolaccia: la canzone non conta. E la discografia non c' è più, nessuno coccola e promuove i talenti veri. Tanto che se io dico Marco Mengoni tutti sanno chi è, ma è rimasta una sua canzone nella memoria della gente? E se dico Giusy Ferreri, che reputo bravissima? È uguale. Se nomino Cocciante, di titoli la gente ne cita al volo cinque o sei. Il rap l' ho amato all' inizio, ma ora mi sembra tutto uguale: in aderenza con il deserto del nostro pop in sé».
Quali artisti andrebbero studiati, almeno riscoperti?
«Tantissimi. Su tutti Lucio Dalla per l' unione fra testi e musica. Poi De Gregori, Gaber Ma anche Morandi, con la sua grande professionalità, continua a saper fare cose valide: anche con Rovazzi, in quel duetto senza senso ma con grande ritorno».
Lei non ha proprio più tentato di tornare almeno a Sanremo, dopo la sua ultima apparizione del 1995?
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«Mai. Se chi sceglie mi vuole sa dove trovarmi. Perché farmi giudicare, da chi? Non si capiscono neanche i criteri Non l' ho mai amato, Sanremo: però fra anni '70 e '80 andarci metteva a posto. Vendevi in fretta interi tour e andavi all' estero, dove non conoscevano Giuseppe Verdi ma Sanremo sì. Però quel Sanremo esaltava la musica, non nani e ballerine».
Cosa spinge secondo lei invece suoi colleghi coetanei a voler restare nel giro a tutti i costi?
«Chi lo sa, bisognerebbe guardare nei cervelli Io penso che ogni stagione abbia i suoi frutti. Noi siamo figli di una generazione diversa e non ha senso snaturarci. Certe cose le sapremmo fare benissimo, Morandi lo dimostra, però io non mi sentirei credibile e perciò non le faccio. Ma all' estero non mi hanno abbandonato, mi seguivano prima e mi seguono ora: in aprile mi aspettano in Slovacchia e in Repubblica Ceca e suono sempre per tutta l' Europa».
Pensa di aver pagato il suo sentirsi "fuori tempo" o "di un altro secolo" anche perché canta i valori, la vecchiaia, l' ecologia, la libertà dell' uomo?
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«Senz' altro. Poi bisogna vedere se sono fuori io o se è il tempo, che è deviato: però io non giudico, mi interessa solo fare quanto credo e addormentarmi tranquillo senza rimorsi. Sono nato con la black music, il rock, il jazz, fare altro tanto per farlo mi sembrerebbe mancanza di rispetto per me stesso».
Rimpianti proprio non ne ha?
«Qualcuno. Rifiutai un tour di spettacoloni in America, ad esempio. E non so far politica: ma questo non è un rimpianto Certo dirò sempre di no a una tv che vuole solo Piccola e fragile quando ho scritto diciotto album e ancora scrivo: sempre con mia moglie, ma ormai incidendo solo per l' estero».
Si è mai pentito di aver scelto la musica, nel 1973?
«Scherza? Quello mai. Ero poverissimo, sbarcavo il lunario con mille mestieri e l' unico decente era l' idraulico: la musica mi ha fatto vedere il mondo, conoscere i miei miti. E devo tutto a Mia Martini che non volle cantare Vado via: altro che menagramo».
MIA MARTINI drupi MIA MARTINI mia martini loredana berte