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    IL ''BLOB'' DEI GIUSTI - CHI INVENTO' IL PROGRAMMA CHE PERCULÒ LA TV ITALIANA? DI SICURO, MARCO GIUSTI CHE RAI3 E LOBBY GHEZZI-GUGLIEMI HANNO CANCELLATO VERGOGNOSAMENTE NON SOLO DAI TITOLI (ROBA DA DENUNCIA) MA OGGI ANCHE DALLA CELEBRAZIONE DEL TRENTENNALE: ''MI RICORDO BENE QUEL 14 APRILE DI 30 ANNI FA. IL TITOLO L'AVEVO RUBATO IO, ERA PERFETTO. IL FLUIDO TELEVISIVO CHE TUTTO INGLOBA E TUTTO DIVORA. PENSAVO CI AVREBBERO CHIUSO SUBITO E INVECE CI SALVARONO…'' - VIDEO: LA PRIMA PUNTATA


     
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    1. BLOB 30 ANNI FA

    Marco Giusti per Dagospia

     

    GIUSTI E GHEZZI GIUSTI E GHEZZI

    14 aprile 1989. Devo dire che me ne ricordo bene di quel primo giorno di Blob. Lo Studio 19. Le cassette coi nastri registrati il giorno prima della Cem, la società di Aldo Grimaldi, regista di Quando le donne si chiamavano Madonne, figlio di Gianni, regista di tanti Franco e Ciccio. La sigla, mi pare l’avevamo montata qualche giorno prima, col trailer del vecchio film di fantascienza Blob-Fluido mortale che ci aveva dato un amico collezionista.

     

    Forse l’avevamo già usata per un programma notturno molto cinefilo, La magnifica ossessione. Il titolo l’avevo ideato, o rubato io, Blob. Ghezzi aveva proposto Di tutto di più, che allora era lo slogan della Rai. Ma Blob era perfetto per quel che volevamo far raccontare, il fluido televisivo che tutto ingloba e tutto divora.

     

    BLOB-TV BLOB-TV

    Come avevamo puntato subito sull’idea di cattiva digestione di quel che si vedeva in tv. E da qui partivano due celebri tormentoni carosellistici, il “Mangiato in fretta, mangiato troppo?”, con le pasticche di Alka Seltzer riprese da una vecchia pubblicità firmata Gillo Pontecorvo, che non era il nostro regista preferito, ma che mostrava un regista che soffriva di mal di stomaco proprio mentre proiettava un superotto, e il “E’ tanto comodo che lo potete prendere anche in tram”, detto da Nicola Arigliano mentre prendeva la pasticca di digestivo Antonetto nella famosa serie ideata da Armando Testa.

     

    BLOB BLOB

    La Testa ci aveva anche regalato i nostri finali di puntata, cioè gli episodi più belli di Caballero e Carmencita per la Lavazza. In fondo, Carosello e quello che significa sia per la nostra tv di 30 anni fa sia per il nostro cinema, coi tanti registi che ci avevano lavorato, era uno dei nostri programmi di riferimento costruendo Blob, cioè un contenitore di dolcezze e orrori televisivi, di frasi e di frammenti che nel montaggio, per noi rivoluzionario, svelavano la dura realtà quotidiana che spesso la stessa tv celava.

     

    L’altro grande punto i riferimento e di partenza di Blob furono i cartoni animati classici della Warner e della MGM che aprivano il programmo. Il primo fu King Size Canary di Tex Avery, capolavoro assoluto del cinema. Ma anche modello per tutta la comicità moderna. Col nostro montaggio avremmo potuto riprendere proprio quel tipo di gag, di effetti, di montaggio. Arrivavamo a questo dopo ore e ore di discussioni. 

     

    Blob era un programma costruito da cinefili, io e Ghezzi, davvero molto poco televisivi, ma anche da un gruppo di cineclubbari militanti come Ciro Giorgini, Paolo Luciani, Fabrizio Grana, che venivano da Officina Filmclub, e che già lavoravano con Ghezzi al primo programma di frammenti della Rai, Schegge. Mettiamoci anche Fulvio Toffoli, che aveva simile esperienze cinefile e Susanna Vallorani e Filippo Porcelli. Nel corso degli anni altri sono entrati a Blob, da Guia Croce a Natalia Loppi a Francesca Todini, ma l’idea del gruppuscolo militante di cinefili è rimasta.

     

    BLOB BLOB

    Almeno fino a quando ci sono stato. Come è rimasta l’idea della contro-informazione, della critica alla società dello spettacolo debordiana. Anche Alberto Piccinini e Peter Freeman, che arrivarono qualche tempo dopo, venivano dal Manfesto. Io stesso scrivevo allora sul Manifesto e sull’Espresso, dopo un passaggio all’Europeo, dove scrivevo di tv con una rubrica proto-blob di frasi della tv della settimana prima.

     

    Ma con Ghezzi e il mitico Teo Mora avevamo fondato qualche anno prima a Genova, dove studiavamo, io architettura e Ghezzi filosofia, una fanzine di cinema militante, Il falcone maltese, edita dallo stesso editore che aveva stampato La società dello spettacolo di Guy Debord. Solo che per noi l’idea di cinema militante era la difesa del cinema di genere a oltranza, Mario Bava, Antonio Margheriti, Riccardo Freda, per me gli spaghetti western, i film comici più trucidi del grande Nando Cicero.

     

    Certo Ghezzi amava di più Kubrick, ma io e Teo puntavamo all’horror, al peplum, a tutto quello che fosse contro il cinema ufficiale del tempo. In qualche modo abbiamo portato dentro Blob, e io poi dentro Stracult, che tra due mesi arriva ai 20 anni, proprio quel tipo di critica militante. Unita, almeno per quanto mi riguarda, alla pratica giornalistica.

     

    MARCO GIUSTI ENRICO GHEZZI BLOB MARCO GIUSTI ENRICO GHEZZI BLOB

    Anche se non sono mai diventato giornalista professionista, per pigrizia francamente, scrivevo già moltissimo. Non solo su Il Manifesto, dove avevo una rubrica di pubblicità e recensivo tutti i film comici scorreggioni del tempo, ma anche sul leggendario Patalogo di Franco Quadri, dove mi ero occupato, tra la fine degli anni ’70 e tutti gli ’80, della parte cinema assieme al mio amico Giovanni Buttafava, allora giornalista dell’Espresso e compagno di stanza di mia moglie, Alessandra Mammì.

     

    In qualche modo Giovanni, grande esperto di cinema e letteratura russa e d’opera, fu uno dei primi affiancatori di Blob, fu lui a farmi vedere i primi montaggini di orrori sublimi, come i film diretti dal messinese Tano Cimarosa, Il vizio ha le calze nere, pazzie operistiche, unite ai capolavoro della commedia sexy e del poliziottesco. Fummo i primi a occuparcene in Italia, proprio sul Patalogo, alla faccia dei critici del tempo che hanno dominato la scena fino a pochi anni fa tentando una pulizia etnica del nostro cinema di genere e di culto.

     

    blob assolvenza moro blob assolvenza moro

     Ecco. Proprio da questo tipo di cultura e di critica militante nasceva Blob. E nasceva dentro alla Rai Tre di Angelo Guglielmi, l’unica che avrebbe accettato un linguaggio così innovativo unito al desiderio di svelare, anche politicamente, i meccanismi della tv generalista dei canali maggiori.

     

    Anche Striscia la notizia di Antonio Ricci poteva vantare la stessa libertà e intenti simili, ma, per noi, con il teatrino dei presentatori comici, si ancorava troppo alla tv che avrebbe dovuto massacrare. Ricordo che provammo a inserire Sabina Guzzanti come proto-presentatrice di Blob. Ma ci dicemmo subito che vederla dentro al nostro fluido mortale sarebbe sembrata solo parte dello stesso fluido, e non un qualcosa a parte. Meglio completamente liberi, uniti solo dal montaggio.

    blob assolvenza moro blob assolvenza moro

     

    Confesso che fu soprattutto idea di Ciro Giorgini quella di un programma senza alcuna impaginazione se non il montaggio. E fu sempre Ciro a convincermi a montarlo io, perché in qualche modo ero quello più vicino, culturalmente e tecnicamente, al programma che volevamo fare. Francamente pensavo che non saremmo andati molto lontano. Usavamo materiali di altre reti, di altri programmi, in maniera più che ironica. Spesso cattiva.

     

    E i diritti? Come la mettevamo coi diritti dei programmi che rubavamo? Chi li avrebbe pagati? Per questo avrei quasi preferito collaborare a Fluf, il programma sulla tv che stava mettendo in piedi Andrea Barbato, sempre a Rai Tre, per il quale mi aveva chiesto “il meglio della tv della settimana dopo” e io gli avevo controproposto “il peggio della tv della settimana prima”. Proprio da questa idea, unita al desiderio di Guglielmi di fare una sorta di simil “mattinale” del Manifesto, cioè un montaggio delle fesserie e delle notizie giornalistiche del giorno prima, nasce in qualche modo Blob.

    matteo renzi da blob matteo renzi da blob

     

    Ma senza l’amicizia fraterna che allora ci univa e senza i mille ragionamenti che facevamo giorno per giorno non sarebbe mai stato un programma così forte. Ci lanciarono, da subito, Beniamino Placido e Oreste Del Buono, i critici televisivi del tempo, Beniamino era anche un buon amico. Come impazzì per il programma Carlo Freccero, che allora stava in Francia con Berlusconi, ma era stato nostro socio di cinefilia e aveva inondato Canale 5 di film di Edwige Fenech e Gloria Guida.  Fu il successo, di critica, di pubblico, e il fatto che Blob diventò un programma di moda, di culto, a salvarci.

     

    Perché furono gli stessi canali e volti televisivi che avrebbero dovuto farci causa a voler essere blobbati, a vederlo come lancio pubblicitario. Capirono da subito che la nostra critica rendeva i loro programmi più forti e più visti. Il fluido mortale, insomma, funzionava. Inglobava tutto e rendeva tutto tv più forte. Forse non era esattamente quello che volevamo fare, ma fu di certo una rivoluzione per la tv del tempo. Il resto lo sapete.

     

     

    2. TRENT'ANNI E ANCORA LITIGHIAMO PER BLOB

    Angelo Carotenuto per ''il Venerdì - la Repubblica''

     

    BLOB - IL FILM BLOB - IL FILM

    A riguardare trent’anni dopo la prima puntata di Blob – 17 aprile 1989 – si misurano la distanza da un mondo e la freschezza di una formula. Per dichiarare all’Italia cosa stava succedendo, dopo la sigla con il famoso fluido bluastro che metteva la folla in fuga, (“...la cosa più orribile che abbia visto in vita mia...”), gli autori infilarono un’incursione di Mino Damato, conduttore di Alla ricerca dell’Arca: «La televisione va vista per piccoli brani, piccoli segmenti. Uscite fuori, all’aperto, portate fuori il cane, parlate con vostro figlio, con la vostra donna, con la nonna».

     

    Seguivano interviste in strada sulla sofferenza che dà la colite. Era già tutto chiaro. Pochi giorni dopo cominciava la protesta di Tienanmen, poi sarebbe caduto il Muro a Berlino, poi la Bolognina del Pci: le immagini della grande storia montate alle 20 coi cartoni animati e Nicola Arigliano rendevano più evidente la vertigine della tv che Blob voleva per un verso smascherare e dall’altro riprodurre. Dirigeva la rete Angelo Guglielmi, lo share passò al 10 per cento.

     

    alessandra mammi e marco giusti alessandra mammi e marco giusti

    Ha scritto in Senza rete. Il mito di Rai Tre 1987-1994 (Bompiani, 2010) che «Blob è allo stesso tempo giudice severissimo e complice colpevolissimo della tv». Nasceva dentro un’Italia che pareva non scardinabile, l’Italia del Caf (Craxi-Andreotti- Forlani). Blob era un Burp, televisione che si digeriva male. Il notista politico del Tg2 Onofrio Pirrotta querelò perché dopo di lui partì un «ma che bella faccia da cazzo» tratto da Tolgo il disturbo con Vittorio Gassman. Il ministro Pisanu fece lo stesso per un sottopancia che gli dava dell’ex piduista.

     

    La rubrica Cinico Tv di Ciprì e Maresco meritò una denuncia per vilipendio alla religione. Donatella Raffai andò in video raffreddata e si offese perché il montaggio mostrava poi Scarface con la faccia nella cocaina. Francesco Cossiga, al Quirinale, fu uno dei più tartassati: veniva doppiato da il Nano di Twin Peaks; ma non mosse un dito quando mostrarono che ce l’aveva nel naso durante un incontro con Gorbaciov.

     

    ENRICO GHEZZI ENRICO GHEZZI

    Con voce flebile al telefono Enrico Ghezzi, uno dei papà di Blob, dice che «è stata l’idea più originale dalla fine degli anni 80 a oggi, senza che quasi nulla fosse originale. Importante è stato reggere al tentativo di farne qualcosa di più sensato e orientato. Aver conservato lo spirito di partenza: tutto era ricattabile da Blob. Hanno provato diverse volte a mettergli le briglie. I più abili venivano a proporci un appuntamento più ricco, in seconda serata, settimanale. Offrivano forme e modalità lusinghiere che prevedevano una trasformazione in qualcosa di raro. Blob avrebbe perduto la sua efficacia in favore di un’accademia migliore».

     

    Marco Giusti, l’altro pioniere a bordo di questo vascello pirata, aggiunge che «oggi pare tutto ovvio, ma allora era roba vera. Ricci ci chiamava i due canari della Magliana, però costringemmo Striscia a darsi un taglio giornalistico. Era un programma di cosine comiche, iniziarono a copiarci l’uso dei frammenti dai tg, come gli starnuti, che per noi erano delle virgole. Noi facevamo il corpo a corpo sulla tv del giorno prima, con l’idea di spiegare bene le cose che non si sapevano e non venivano fuori».

     

    angelo guglielmi angelo guglielmi

    Trent’anni dopo resta in piedi il dilemma su chi l’abbia inventato. Questione dolorosa, se le due menti che lo partorirono non si parlano più dal 1996, quando Giusti lasciò e si vide recapitare cinque lettere di Ghezzi che non erano tanto amichevoli e che pare ancora conservi. Solo l’anno prima erano stati sospesi per 10 giorni.

     

    Avevano accostato alla faccia di Berlusconi una voce fuori campo dall’Intervista di Felini: «A cencio, vedi d’annà affanculo». Erano giorni in cui Luigi Locatelli era preso dalla tentazione di non firmare il rinnovo del contratto: l’ufficio legale segnalava irregolarità amministrative. Così Ghezzi- Giusti, dopo un’intervista di Biagi a Berlusconi, montarono una vecchia pubblicità: Locatelli fa le cose per bene.

     

    La versione di Ghezzi sulle origini: «Blob era l’evoluzione naturale di Vent’anni prima coi vecchi tg e di Schegge, programma più anarchico. Il lavoro è diventato più acuminato, una ricerca. Dissero che si trattava di televisione che funzionava solo con il cinismo, ma era come accusarci del suo massimo esito. Blob è la mancanza di differenza, la sua ripetizione. Lo chiamavamo il nostro catastrionfo ».

     

    Nel suo libro, Guglielmi scrive che «in famiglia se ne parlava e fu per l’appunto un figlio che suggerì di fare il mattinale dei notiziari televisivi. Ghezzi disse: perché non di tutta la tv? E si chiuse da qualche parte per un mese con Marco Giusti, nel tentativo di escogitare una formula. Non partivano da zero perché la rete aveva già qualche esperienza circa l’arte di fare la tv con la tv».

     

    luciana castellina angelo guglielmi luciana castellina angelo guglielmi

    Giusti ricorda che sì «Blob era nell’aria, faceva parte della cultura del tempo, i frammenti, le battute, gli accostamenti fra alto e basso. Ma io avrei voluto fare Blob come parte di Fluff, il programma di Andrea Barbato: mi propose uno spazio con il meglio della tv della settimana, io chiesi di fare il peggio. Avevo tenuto una rubrica simile su carta per L’Europeo. Eravamo critici militanti rispetto al cinema e citatori rispetto alla tv. Ci dava una mano Marco Melani, bravissimo, che era ai domiciliari per una storia di eroina.

     

    Guardava tutto e segnalava: prendi questo, prendi quello. Il figlio di Guglielmi l’ho visto dopo mesi. Blob è molto legato alla mia cultura di cinefilo avanguardista. Con Giovanni Buttafava dell’Espresso siamo stati i primi a sdoganare Bombolo, Tomas Milian, Alvaro Vitali. Enrico era più legato alla nouvelle vague, a cose da Fuori Orario. C’era uno scambio continuo fra me e lui, quello che rivendico è che io stavo fisso al montaggio, sei anni così, il primo tutti i giorni, poi due o tre volte a settimana.

    oreste del buono FOTO ADRIANO ALECCHI oreste del buono FOTO ADRIANO ALECCHI

     

    Andavamo contro il Tg1 per smontare le news. Blob è stato sin dall’inizio un programma politico, di satira, cinema, critica della tv, molto più complesso di come sembra ora. Ancora usano il mio schema di produzione, i due che montano sono gli stessi che hanno trascorso il giorno precedente a vedere la tv. Ci eravamo dati delle regole: mai usare un pezzo di due giorni prima. Regole in gran parte saltate perché Blob è diventato un’altra cosa».

     

    Fabio Masi è fra gli autori del programma nella sua veste attuale. «Un Blob di 30 anni fa è come quello di ieri sera per contenuti, la tv è sempre uguale. In quei momenti esagitati e coloriti, il tempo si annulla. Sono da 15 anni nel programma, Blob nasce quasi da solo. È nella scelta del taglio successivo a Trump-Kim che si vedono un gusto, una scelta, l’impronta autoriale. Resta un programma cannibale. Si nutre di altri programmi, non sempre li digerisce, li rigurgita.

     

    beniamino placido beniamino placido

    A chi lo fa, Blob concede quella piccola dose di cinismo che permette di sopravvivere, come capita ai chirurghi che hanno un distacco dal paziente da operare. La differenza macroscopica è il web. Lì troviamo un 40-50 per cento del blob quotidiano. Sulle pagine social degli amici recuperi frammenti persi: Mauro Corona con il suo amico alpino che fa i versi del fringuello e dell’allodola l’ho visto su Facebook. Facebook live ha scardinato la ritualità della tv. Una rivoluzione in corso che la politica ha capito. Instagram è un altro blob ancora».

     

    Ghezzi ora guarda Blob senz’audio, «come fosse una partita dell’Ajax». Per Giusti «oggi Blob te lo puoi fare con YouTube da casa. Siamo tutti vecchi. Che cosa stiamo a raccontà?».

     

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