Carmelo Lopapa per la Repubblica
berlusconi dito
«È un provocatore, non rispondetegli nemmeno, d' ora in poi la linea deve essere questa». È l' ordine impartito da Silvio Berlusconi alle truppe forziste dopo aver letto l' ultima di Matteo Salvini (nell' intervista ieri a Repubblica): l' apertura a un' alleanza con i Cinque stelle dopo il voto e la centesima rivendicazione della leadership leghista del centrodestra.
Basta, per il Cavaliere - appena tornato dal fine settimana in Sardegna - è la conferma che il dialogo con loro non può esistere. Ognuno per la sua strada e così, quasi certamente, fino alle elezioni. Tanto più col proporzionale. E la ritorsione è presto servita.
GRILLO SALVINI
Al contrario di quanto successo negli ultimi due anni, in altre occasioni analoghe, alla manifestazione organizzata dal Carroccio a Piacenza domenica prossima ed estesa a tutto il centrodestra - per la presentazione del programma per le politiche - non si presenterà alcun dirigente forzista, se non a titolo personale. Figurarsi Berlusconi, artefice del veto. Non ci sarà insomma la delegazione dei capigruppo e dei big più in vista, come già avvenuto nella piazza di Bologna di due anni fa o l' anno scorso al palco populista di Piazza San Silvestro a Roma. I capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta stavolta si eviteranno i fischi, insomma.
Il capogruppo alla Camera glissa con diplomazia: «Non ne so nulla, nessuno mi ha invitato, ne ho letto solo sui giornali, se qualcuno mi inviterà, valuterò». Ma a sentire quelli di via Bellerio gli inviti sono partiti ieri. E da Forza Italia confermano il "niet" categorico del leader. La scelta di Piacenza dove ha sì vinto il centrodestra, anziché Genova - città simbolo della vittoria alle ultime amministrative ma a trazione Forza Italia - è stata considerata ulteriore affronto. Non l' ha presa bene nemmeno il governatore Giovanni Toti, che di quella vittoria è considerato il regista.
giovanni toti paolo romani
Tant' è vero che - salvo ripensamenti dell' ultimora - a Piacenza questa volta non ha previsto di andare nemmeno lui, che pure ha fatto dell' asse con la Lega e del "modello Liguria" il suo baluardo. «L' ordine di scuderia è di lasciare quella roba ai populisti di destra, a Salvini e alla Meloni», racconta un dirigente berlusconiano di prima cerchia.
Non solo l' apertura del leader leghista al M5S, ma anche l' ennesimo rilancio sulla leadership («Sono pronto») e il disinteresse ostentato verso Berlusconi e su un eventuale incontro («Ci rivedremo quando si deciderà la data del voto»), hanno contribuito a logorare il già precario rapporto. Ma guai a darlo per sepolto, suggeriscono in tanti dentro Forza Italia, «perché poi Salvini è capace di presentarsi in extremis ad Arcore con l' amico Giorgetti e chiudere a sorpresa l' intesa». Allo stato però il barometro indica burrasca.
L' impressione è che «la Lega parli di alleanze con i Cinque stelle giusto per fare un dispetto a Berlusconi », dice Stefano Parisi, fondatore di Energie per l' Italia, tornato in queste settimane assai vicino alla galassia di Forza Italia. «Un dialogo del centrodestra con Grillo non è possibile».
stefano parisi
Per il centrodestra ma non per Salvini, che ripeterà il concetto - proiettato sul dopo voto - oggi pomeriggio davanti alla Stampa estera, in occasione della presentazione dell' appuntamento di domenica. Del resto, Lega e M5S hanno fatto asse in Parlamento in più occasioni, dai banchi dell' opposizione. E la battaglia comune di ieri contro il ddl Fiano sul reato di apologia del fascismo è stato solo l' ultimo pretesto per ritrovarsi sullo stesso fronte. Su tutto, purché contro il Pd.