Marco Giusti per Dagospia
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Magari non è il periodo migliore per raccontare storie dedicate alle prostitute nigeriane di Ostia, anche se vorrei proprio sapere quale sarebbe il periodo politico migliore per parlare delle prostitute nigeriane di Ostia. Ci aveva molto colpiti a Venezia, dove aveva inaugurato la sezione "Orizzonti", il secondo film scritto, diretto e prodotto da Roberto De Paolis, "Princess", che forse non era stato troppo capito dalla giuria. Magari perché siamo un paese fortemente cattolico, dove ancora esiste l’idea de “La grazia di Dio” e del vivere in grazia di Dio.
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Come insegnava il frate di “Le notti di Cabiria” di Federico Fellini, che riconosce la grazia di Dio nella prostituta Cabiria (“L’importante è vivere sempre in grazia di Dio. Chi vive in grazia di Dio è contento…”). Ma l’idea della grazia di Dio, più che di Fellini, era del suo sceneggiatore, Pier Paolo Pasolini, che la riproporrà pochi anni dopo in “Accattone”. Sarà la grazia di Dio a salvare la vita a Cabiria.
Tanti anni dopo, eterni figli di Fellini e Pasolini, ritorniamo in qualche modo, pensata o meno che sia, alla grazia di Dio di Cabiria, anche se mediata dalla cultura spiritistica nigeriana (cosa che non sarebbe spiaciuta a Pasolini), in questo delicato, riuscito, innovativo “Princess”, che già ci aveva dato un bel film sull’amore tra due emarginati moderni come “Cuori puri”.
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Esattamente come in Cabiria, anche qui abbiamo una protagonista, Princess interpretata da una strepitosa e verissima nigeriana, Glory Kevin, che di “lavoro”, come dice lei, fa la prostituta nei boschi di Ostia e che si serve di una sorta di grazia magica per non sentire nulla dell’orrore di quello che fa o di quello che subisce.
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E, come in Cabiria, la struttura del racconto, una sorta di “picaresco moderno” come lo definiva Arbasino, verrà modulato dai tanti bozzetti di vita segnati dagli incontri con i suoi clienti/amanti più o meno mercenari. I maschi.
Ce n’è una bella selezione, camionisti che vogliono solo toccarle il culo, il vecchio romano che si fa fare un pompino mentre lei lo deruba, il ricco con macchina importante sciroccato e divertito di Maurizio Lombardi, bravissimo, che riprende un po’ dell’Amedeo Nazzari di Cabiria, il tassista napoletano Sasà Striano, il borghese Corrado Sassi, fino a incontrare l’uomo normale, Lino Musella, che in Cabiria era il più ambiguo François Perier, con cui sogna di avere una vita normale come quella di tutti.
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A differenza del film di Fellini, che aveva una morale in fondo cattolica, qui la grazia si può perdere solo guardando in faccia la realtà e scivolando nella vita senza protezioni magiche diventando così parte di un buio, la notte.
Costruito da De Paolis senza mai perdere un attimo lo sguardo sulla sua protagonista, un po’ alla Dardenne, il film funziona perfettamente come ritratto documentato e commovente della vita delle prostitute nigeriane e della protagonista Princess, sorta di Cabiria moderna, con tanto di parrucche colorate e sempre diverse che ne accentuano, come per la Masina, la forza un po’ clownesca con la quale si muove come in un mondo primordiale.
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De Paolis non sembra però interessato al ritratto sociologico della realtà della suburra romana, quanto al percorso appunto picaresco o fiabesco della sua eroina. Mentre scioglie qua e là nella scena animali morti e animali vivi, che segnano punti importanti della storia come fosse più un horror che un’avventura post-pasoliniana. Bravissimi tutti i maschi, che sono tutti attori, e ancor più brave le ragazze, tutte nigeriane. E tutte vere, a cominciare da Glory Kevin. In sala da oggi.
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