Marco Imarisio per www.corriere.it
giornali russi critici con la gestione della guerra
«Buongiorno Russia! Subito un po’ di musica per affrontare con il sorriso questi tempi così difficili». Se lo dice anche la Nostra Radio, l’emittente che si rivolge a una platea matura proponendo solo vecchi successi degli anni Settanta-Ottanta, allora è vero. Le cose non stanno andando bene. E nel muro innalzato dalla propaganda dei media di Stato a separare la realtà dalla sua rappresentazione trionfale, si intravede qualche crepa.
I celebri talk show televisivi, il più potente megafono a disposizione del Cremlino, vanno avanti come se nulla fosse. Con qualche notevole eccezione. Ieri era domenica, quindi c’erano tutti. Sul Primo Canale suonava la marcia trionfale del corrispondente di guerra Dmitry Kulko. «La linea del fronte sta diventando un enorme cimitero di soldati ucraini». Su NTV, Anatoly Mayorov sposava in modo neutro la versione data pochi giorni fa dal ministero della Difesa. «È in atto una ritirata, ma solo per evitare l’accerchiamento».
Dmitry Kiselyov
La sorpresa è arrivata da Rossiya 1, dove Dmitry Kiselyov, che insieme Vladimir Solovyov, ormai famoso anche dalle nostre parti, è il conduttore russo più popolare e più zelante, ha ammesso che nel Donbass «la situazione sta diventando molto difficile».
Il suo inviato in Ucraina ha avuto l’ardire di aggiungere che le forze armate russe stanno costruendo nuove linee «di difesa» per impedire all’esercito ucraino di «costruire sui successi raggiunti finora».
Le crepe si vedono meglio leggendo i giornali.
Dmitry Kiselyov
È appena il caso di ricordare che dallo scorso 24 febbraio, il concetto di stampa indipendente è quasi del tutto svanito. Nezavisimaya Gazeta, il quotidiano fondato nel 1999 dell’oligarca poi caduto in disgrazia Boris Berezovkij, scrive in prima pagina che «la resa di Lyman sta diventando un problema politico».
E questo costituisce senz’altro una novità. È un problema, «perché ha causato una nuova ondata di critiche allo Stato maggiore e ai vertici dell’esercito non solo dagli esperti ma anche da parte di molti esponenti politici. Non è chiaro come reagirà il Cremlino, e se farà dei cambiamenti».
i giornali russi
Ci sono nomi e cognomi dei principali critici, e anche questo rappresenta un inedito. Vengono citati il leader ceceno Ramzan Kadyrov, e il capo della Brigata Wagner Evgenij Prigozhin, che si dichiarano molto scontenti del Capo di Stato Maggiore Valerij Gerasimov e vorrebbero l’introduzione della legge marziale nelle aree di confine, oltre all’uso delle armi nucleari tattiche.
Anche la Komsomolskaya Pravda, uno dei giornali più vicini al Cremlino, riporta le dichiarazioni dei due «dissidenti», senza alcun commento. Ma in alcuni passaggi ammette che «adesso il nemico cercherà di trarre vantaggio dai propri successi».
VLADIMIR PUTIN
«Banda di idioti». Ieri proprio Solovyev, più furente del solito, se l’è presa con la burocrazia del suo Paese, che a suo dire impedisce un corretto rifornimento di armi e risorse al fronte.
Anche il suo rivale Kiselyov ha dato la colpa alla farraginosità delle gerarchie militari, «un residuo dell’Urss», sposando così in qualche modo le tesi di Kadyrov e Prighozin.
Sia nei talk show che sui giornali, questa presa di coscienza delle difficoltà si traduce in una ulteriore colata di retorica antioccidentale e anti Nato, condita dai consueti insulti.
Ramzan Kadyrov Vladimir Putin
Quello che manca è qualunque accenno di critica ai vertici, insomma al Cremlino. Vladimir Putin viene citato nei titoli con le frasi del suo discorso sull’annessione delle quattro regioni ucraine. «Sono nostri cittadini e lo saranno per sempre». «Non vogliono una Russia libera e forte. Noi invece la vogliamo».
Cercasi con urgenza un capro espiatorio, per fare fronte all’irruzione della realtà. Ma comunque, anche questo risveglio è un inizio. O un segno dei tempi.
vladimir putin 1 Ramzan Kadyrov Vladimir Putin vladimir putin fucile