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    ALLEANZA COL MAL DI PANZA - IL PATTO LETTA-CONTE NON È ANCORA PARTITO CHE GIÀ VACILLA: IL MANCATO ACCORDO SU ROMA SPEGNE QUASI DEFINITIVAMENTE LA POSSIBILITÀ PER PD E M5S DI CORRERE UNITI NELLE ALTRE CITTÀ AL VOTO IL 20 OTTOBRE. ALLA FINE POTREBBE ESSERCI CONVERGENZA SOLO SU UN CANDIDATO SU CINQUE, A NAPOLI: NON SU FICO (SGRADITO A DE LUCA) MA SULL’EX MINISTRO DELL’UNIVERSITÀ GAETANO MANFREDI, AMICO DI CONTE


     
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    ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE

    Fabio Martini per "la Stampa"

     

    Le convulsioni politiche e personalistiche che da settimane scuotono il Movimento cinque stelle e la crisi politico-emotiva che agita il Pd, in poche ore hanno finito per sommarsi: mandando in fumo il patto che - giovedì scorso e riservatamente - era stato raggiunto tra i due ultimi leader del Pd.

     

    virginia raggi e giuseppe conte affacciati al balcone del campidoglio 2 virginia raggi e giuseppe conte affacciati al balcone del campidoglio 2

    L' ex segretario e quello in carica avevano chiuso e sigillato un accordo per la candidatura di Nicola Zingaretti a sindaco di Roma. Ma è bastato un efficace contropiede orchestrato in 48 ore dalla sindaca di Roma Virginia Raggi per mandare in fumo il "patto dei due segretari", con l' effetto indiretto di spegnere quasi definitivamente ogni possibilità di realizzare accordi di coalizione Pd-M5S nelle città nelle quali si voterà il prossimo 20 ottobre.

     

    zingaretti letta zingaretti letta

    Le cinque città politicamente più importanti del Paese: oltre a Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli. E proprio su Napoli si concentrano le residue possibilità di accordo: non sul presidente della Camera Roberto Fico (sgradito al governatore dem Vincenzo De Luca), ma sull' ex ministro dell' Università Gaetano Manfredi, amico di Giuseppe Conte e non sgradito alla nomenclatura Pd napoletano.

     

    gaetano manfredi ministro della ricerca gaetano manfredi ministro della ricerca

    Dunque, un candidato comune su cinque possibili: alla fine un raccolto modesto per un' alleanza che nelle settimane scorse si era data un orizzonte strategico. Una crisi che ha avuto Roma come epicentro.

     

    Giovedì, all' ora del vespro, la partita sembrava chiusa. I due ultimi segretari del Pd si parlano, si capiscono e il patto è suggellato dalle parole confidate nel colloquio da Nicola Zingaretti: «Sono pronto». Il Pd ha finalmente il candidato "giusto" per la sfida del Campidoglio.

     

    raggi conte casellati fico raggi conte casellati fico

    Enrico Letta sorride: un pressing come quella esercitato in queste settimane per convincere Zingaretti, in vita sua non lo aveva mai fatto, pare che abbia confidato. Ma non è ancora tempo di annunciare urbi et orbi la candidatura di Zingaretti, ci sono ancora dei dettagli da mettere a punto. E infatti nelle 48 ore successive il patto dei due segretari va in frantumi.

     

    conte zingaretti conte zingaretti

    Soprattutto per il contropiede di un personaggio finora sottovalutato nella sua capacità di regia politica: Virginia Raggi. La sindaca di Roma in poche ore muove le pedine e compie il miracolo. Costringe a convergere su di lei le diverse, litigiosissime anime dei Cinque stelle: la sua "nemica" Roberta Lombardi ma anche Alessandro Di Battista, Giuseppe Conte ma anche Davide Casaleggio.

    virginia raggi bici in rosa 1 virginia raggi bici in rosa 1

     

    Scende in campo anche il direttore del "Fatto quotidiano" Marco Travaglio che, con equidistanza tra le diverse anime a cinque stelle, scrive che «sradicare Zingaretti dalla Regione sarebbe una dichiarazione di guerra al M5s alleato, che non sarebbe senza conseguenze». Raggi ottiene la promessa a dimettersi, in caso di candidatura di Zingaretti, da parte delle due assessore Cinque stelle appena entrate nella giunta Zingaretti, due donne "toste" come Roberta Lombardi e Valentina Corrado.

     

    raggi lombardi raggi lombardi

    Ma soprattutto - ecco il passaggio più delicato - la Raggi fa sapere ai Dem che lei farà una campagna elettorale durissima e risponderà colpo su colpo ad un Pd che negli ultimi tempi si è fatto sgarbato persino in un personaggio mai sopra le righe come Zingaretti che era arrivato a dire: «Raggi? Una minaccia per Roma» Una campagna elettorale aggressiva che avrebbe azzerato ogni possibilità di accordo al secondo turno.

    ROBERTO GUALTIERI ENRICO LETTA ROBERTO GUALTIERI ENRICO LETTA

     

    E anche dentro al Pd si apre una crepa: Claudio Mancini, cassiere del Pd romano e vicino all' ex ministro dell' Economia Roberto Gualtieri, si dimette dal suo incarico. Come dire: è giusto che Zingaretti si faccia in piena autonomia la sua campagna elettorale. Ma alla fine ha prevalso il contropiede pieno di malizie di Virginia Raggi: dopo quarantotto ore Zingaretti ha finito per ripensarci. Comunicando la sua decisione a Letta nel pomeriggio di domenica.

     

    Aprendo le porte alla candidatura di Roberto Gualtieri, che in queste settimane aveva assistito al suo accantonamento con un silenzio leale e che alla fine è stato premiato dai fatti.

     

    enrico letta giuseppe conte enrico letta giuseppe conte

    Ma le 48 ore nelle quali è andata in fumo la candidatura di Zingaretti raccontano come poche altre vicende le crisi che attraversano Pd e Cinque stelle. Quarantotto ore che chiudono quasi definitivamente la strada per un accordo Pd-M5s anche a Torino, dove nessuno è andato a sondare sino in fondo la disponibilità del Rettore del Politecnico Guido Saracco. Anche per la convinzione comune dei "tre sindaci" progressisti, Castellani, Fassino e Chiamparino: tutti contrari ad un' alleanza con i Cinque stelle. Se va bene, si ricomincia da Napoli.

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