GIUSEPPE CONTE KHALIFA HAFTAR
1 – VOLPI SCOTENNA IL VOLPINO DI PALAZZO CHIGI – IL PRESIDENTE DEL COPASIR RILASCIA UN DURISSIMO COMUNICATO SULLO SHOW DI CONTE PER LA LIBERAZIONE DEI PESCATORI ITALIANI SEQUESTRATI IN LIBIA DA HAFTAR: “UN MIO SINCERO RINGRAZIAMENTO AL GENERALE CARAVELLI E ALL’AISE. UNICAMENTE A LORO VA LA MIA SENTITA GRATITUDINE”
PESCATORI SEQUESTRATI IN LIBIA 5
2 - L'ULTIMO FLOP DEL GOVERNO E L'ATTACCO DEL COPASIR LA LUNGA SERIE DI ERRORI RIMEDIATA SOLO DAGLI 007
Gian Micalessin per “il Giornale”
Ai servizi segreti spetta la soluzione di questioni politicamente irrisolvibili. Ai capi di governo spetta valutarne le conseguenze e il costo per l' autorità dello Stato. In base a queste regole il Direttore dell' Aise (Agenzia Informazioni Sicurezza Esterna) generale Gianni Caravelli e i suoi uomini possono dire di aver sbrogliato un caso apparentemente impossibile.
giuseppe conte raffaele volpi
Altrettanto non si può dire per il nostro Presidente del Consiglio e per il nostro ministro degli Esteri. Non a caso ieri il presidente del Copasir Raffaele Volpi si è rivolto ai nostri 007 sottolineando di voler ringraziare «unicamente loro».
Difficile dargli torto. Per riavere i pescatori sequestrati dal generale Khalifa Haftar Giuseppe Conte e Luigi Di Maio hanno accettato di trasformarsi nel prezzo stesso del riscatto. Volando a Bengasi hanno riconosciuto dignità politica e istituzionale ai sequestratori dei nostri connazionali e si sono inginocchiati ad Haftar.
caravelli
Per intenderci è come se, a suo tempo , fossero volati in Somalia per stringere la mano ai terroristi rapitori della cooperante italiana Silvia Romano. Insomma nella ridicola e tardiva illusione di presentarsi come i risolutori di una vicenda totalmente affidata , invece, alla gestione della nostra intelligence hanno ulteriormente compromesso l' immagine dell' Italia.
PESCATORI SEQUESTRATI IN LIBIA 5
Ma la colpa non è certo dei nostri 007. A loro è stato chiesto, una volta di più, di risolvere una grana libica figlia dall' inconsistenza della nostra politica. E loro hanno ancora una volta obbedito.
Esattamente come succede fin dall' autunno 2018. Allora un Giuseppe Conte fresco d' incarico e smanioso di chiudere con una foto simbolo la Conferenza di Palermo sulla Libia ordinò ad un generale Caravelli, ancora numero due dell' Aise, di prendere un aereo, volare a Bengasi e portare in Italia a tutti costi Haftar. Quella leggerezza segnò la fine della nostra autorevolezza e consegno all' uomo forte della Cirenaica la certezza di avere in pugno Conte e la sua corte. Così è andata anche stavolta.
GIUSEPPE CONTE E KHALIFA HAFTAR A PALAZZO CHIGI
Caravelli e i suoi si sono una volta di più uniformati alle indicazioni di una Presidenza del Consiglio inconsapevole di aver trasformato la liberazione dei pescatori in un' umiliante processione a casa dei nostri ricattatori. Una processione resasi indispensabile per sanare gli errori del primo settembre quando Di Maio vola a Tobruk per incontrare il presidente del Parlamento Aguilah Saleh.
I PESCATORI ITALIANI RAPITI IN LIBIA LIBERATI
Il passo, teoricamente corretto per un ministro chiamato ad interfacciarsi con un autorità politica, è uno schiaffo al generale Haftar già costretto ad accettare il cessate il fuoco firmato da Saleh e impostogli dai suoi alleati egiziani russi ed emiratini.
PESCATORI SEQUESTRATI IN LIBIA 1
Ma con loro non può alzar la voce né, tantomeno, le mani. Può invece farlo con un' Italia protagonista in Libia di un' azione politica confusa e inconcludente costataci il titolo di potenza di riferimento. Un titolo ormai saldamente nelle mani della Turchia da un parte e degli alleati di Haftar dall' altra.
parenti pescatori
E così nel giro di poche ore lo sgarbo di Di Maio viene punito con il sequestro dei due pescherecci. Un sequestro reso possibile anche dalla latitanza - non sappiamo se «ordinata» da Roma o figlia del caso - di una Marina Militare chiamata - in base alle regole della missione Mare Sicuro - a proteggere i nostri pescatori.
LUIGI DI MAIO KHALIFA HAFTAR
E a render il tutto più complesso s' aggiungono le complicazioni del caso Regeni che rendono assai arduo un coinvolgimento a nostro favore delle autorità egiziane. Così i nostri 007 affrontano una trattativa complicatissima minacciata dall' ufficializzazione del peggiore dei ricatti ovvero la richiesta di uno scambio con i quattro scafisti condannati in Italia per la morte, nel 2015, di 49 migranti chiusi nelle sentine di un barcone partito da Bengasi.
L' unico modo per dribblare quella richiesta è sanare lo sgarbo generato dalla visita di Di Maio. Ma ancora una volta Conte e Di Maio propongono la peggiore delle soluzioni ovvero quella di una foto ricordo a Bengasi con cui attribuirsi la paternità della liberazione. Una foto che non ricorderà un successo, ma la sottomissione dell' Italia ad un inaccettabile ricatto.
pescatori libia
3 - COSÌ L'INTERVENTO DEGLI USA HA SBLOCCATO LA TRATTATIVA MA HAFTAR ORA CONTA DI PIÙ
Francesca Sforza per “la Stampa”
La situazione dei pescatori di Mazara del Vallo, trattenuti con i loro equipaggi da inizio settembre a Bengasi nella roccaforte del generale libico Khalifa Haftar, si è sbloccata l'altra sera, durante il vertice di governo dedicato al caso Regeni.
parenti pescatori
Dai servizi operativi sul terreno è arrivato infatti il via libera, la certezza che la visita del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio sarebbe coincisa con il rientro a casa dei diciotto pescatori, tra cui 8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi.
HAFTAR PESCATORI
Era questa la condizione posta dal generale di Bengasi: incontrare le massima autorità italiane per discutere con loro della situazione in Libia - tanto che il caso dei pescatori non è stato oggetto esplicito del colloquio - e rafforzare così la propria legittimazione interna in vista dei prossimi dialoghi intra-libici.
Un prezzo politico che Conte e Di Maio hanno scelto di pagare per una serie di motivi: in primo luogo perché Haftar è sempre stato un interlocutore dell'Italia (e dunque la cosa non rappresenta una particolare violazione degli equilibri esistenti), poi perché anche nel loro caso il ritorno politico in termini di consenso interno è molto superiore al "cedimento" nei confronti del generale di Bengasi.
PESCATORI ITALIANI 9
I pescatori italiani potranno festeggiare il Natale a casa, ringraziamenti ufficiali sono arrivati dalle massime autorità tunisine, grate all'Italia che nel pacchetto siano stati compresi anche i loro connazionali, e - non ultimo - il premier torna rafforzato alla vigilia del colloquio con Matteo Renzi, slittato proprio per l'impegno libico, che recentemente aveva messo in discussione la sua leadership citando anche la debolezza negoziale sulla vicenda degli stessi pescatori.
giacomo giacalone
La svolta è maturata negli ultimi giorni, ma le trattative erano entrate nel vivo già da un mese, con un lavoro incrociato di diplomazia e servizi. Risolutivi sono stati gli americani, ma pressioni importanti sono arrivate dagli Emirati Arabi e anche dai russi, mentre molto esiguo è stato stavolta il ruolo degli egiziani - enfatizzato ad arte da esponenti libici di area tripolina ad uso di politica interna - con cui l'Italia ha rarefatto i contatti in seguito agli ultimi sviluppi giudiziari sul caso di Giulio Regeni, e decisamente fantasioso il supposto intervento di Macron su Al Sisi in favore del rilascio.
Del resto, che la vicenda sarebbe giunta a questa conclusione era anche nell'interesse di Haftar, che puntava a una sua legittimazione internazionale in una fase di stallo come quella attuale e non certo ad un aumento del livello di scontro (l'Italia stava già sondando l'ipotesi di sanzioni e del coinvolgimento di tribunali internazionali).
HAFTAR E GIUSEPPE CONTE
A fronte della gioia dei pescatori e delle loro famiglie, le reazioni della politica italiana non sembrano assecondare il clima da unità nazionale che un tale rientro poteva pure lasciar immaginare: sebbene subito smentito il tweet del portavoce del presidente del Consiglio con la geolocalizzazione dell'incontro con Haftar a Bengasi ha sollevato le critiche di diversi esponenti di Italia Viva, che lo hanno accusato di mettere a rischio gli apparati della sicurezza - «ha capito che non è più al Grande Fratello?», ha ironizzato il capogruppo Davide Faraone - e gli esponenti della destra, da Meloni a Forza Italia, hanno parlato di «Italia umiliata di fronte ad Haftar», mentre Salvini, con un tweet a caldo, ha commentato: «Oggi sono 108 giorni dal sequestro. Con comodo».
michele trinca
A Palazzo Chigi e alla Farnesina, malgrado la pioggia di critiche e distinguo che vengono dai diversi cortili politici, si guarda al risultato: i pescatori sono rientrati a casa, i tunisini hanno detto che non dimenticheranno questo gesto, e soprattutto la nuova amministrazione americana, ai suoi massimi livelli, si è spesa per noi. Tutte cose che non erano affatto scontate.
gli otto pescatori italiani prigionieri in libia giovanni bonomo salvo bernardo vito barraco fabio giacalone pietro marrone GIOVANNI CARAVELLI onofrio giacalone