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    AVVISO AI NAVIGATI: CI TROVEREMO PRESTO UN’ITALIA IMPOVERITA E INCATTIVITA - IL PRESIDENTE DEL BANCO ALIMENTARE GIOVANNI BRUNO: “LE PERSONE IN DIFFICOLTÀ RADDOPPIERANNO RISPETTO AL PRE-COVID. IN 10 MESI CI SARANNO 10MILIONI DI ITALIANI POVERI” - IL SOCIOLOGO MARZIO BARBAGLI: "TROPPI SVANTAGGIATI, ORA LA COLLERA SOCIALE RISCHIA DI ESPLODERE. TEMO RIVOLTE DI DISPERATI E NON VEDO NESSUN PARTITO CHE POSSA METTERSI ALLA LORO TESTA”


     
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    Maria Rosa Tomasello per “la Stampa”

     

    Coronavirus, l'Italia dei nuovi poveri Coronavirus, l'Italia dei nuovi poveri

    Con lo sguardo rivolto avanti, divergente rispetto a quelle che chiama «le polemicucce tra forze politiche» (a partire dal baccano sugli assistenti civici chiamati a vigilare sulla movida), Marzio Barbagli pesa le parole: «I problemi veri sono il dramma dell' economia e le conseguenze sociali che ci aspettano. Temo che possano esserci gradi crescenti di frustrazioni e conflitti: finora non ne abbiamo viste, ma temo rivolte di disperati e non vedo nessun partito che possa mettersi alla loro testa». Sociologo, professore emerito dell' Università di Bologna, per cinquant' anni ha studiato e raccontato le trasformazioni del Paese, dalla famiglia all' immigrazione, alla criminalità. Oggi avverte: il fuoco cova sotto la cenere di una crisi senza precedenti.

     

    Professore, l' emergenza coronavirus ha ridotto allo stremo famiglie e imprese.

    La ripartenza è lenta, spesso gli aiuti promessi dal governo tardano ad arrivare. E lei si dice preoccupato...

    marzio barbagli marzio barbagli

    «Il problema è il confronto che la gente fa nel momento in cui vengono dati soldi e vantaggi. Ci sono continui confronti fra gruppi che non si sentono sufficientemente rappresentati: perché a lui sì e a me no? L' insoddisfazione nasce da questo, e da condizioni oggettive. Far fronte ai bisogni della popolazione è complicato, una gran quantità di denaro è stata investita per sostenere gli strati svantaggiati della popolazione nei prossimi mesi, ma c' è sempre il rischio di commettere errori nella distribuzione».

     

    Vede segnali che potrebbero indicare questa deriva?

    «Finora pochi per fortuna, ma fino a pochi giorni fa era impossibile anche protestare. Tutti siamo stati chiusi in casa, basta pensare alla drastica diminuzione dei reati. Ma le prime manifestazioni fanno pensare a un' insoddisfazione crescente. Questa idea che i sociologi hanno ripreso più volte era chiara anche ad Aristotele, che parlava di invidia: si invidiano le persone vicine nel tempo e nello spazio, per età e reputazione. I confronti che creano insoddisfazione non sono fra strati medio-bassi e strati alti: nessuno si confronta coi super-ricchi, ma tra gradi diversi di svantaggio. E sono inevitabili».

     

    Perché inevitabili?

    Coronavirus, l'Italia dei nuovi poveri Coronavirus, l'Italia dei nuovi poveri

    «Perché l' emergenza ha introdotto forme nuove di disuguaglianze: non rispetto al grado e alla distribuzione di reddito e ricchezza, ma anche all' interno della stessa popolazione occupata. Servizi e terziario sono stati particolarmente svantaggiati. Pensiamo a chi lavora nel turismo: cosa succederà alle centinaia di migliaia di persone che lavorano in questo settore?

     

    Oggi non lo sanno. I ristoratori per esempio: alcuni sono ancora chiusi, altri hanno riaperto e stanno cercando una soluzione. Ma quando si accorgeranno che queste soluzioni sono insoddisfacenti e faranno il confronto con altri settori che sono stati meno svantaggiati senza avere meriti - penso per esempio al pubblico impiego, a persone che hanno il lavoro fisso e non rischiano di essere licenziati - cosa succederà? Questo dramma può provocare nuove forme di frammentazione e di proteste difficili da controllare».

     

    Il governo ha detto che nessuno sarebbe rimasto indietro, ma alcuni sono stati dimenticati, altri stanno ancora aspettando gli aiuti, come la cassa integrazione in deroga. È stato sbagliato fare quella promessa?

    Coronavirus, l'Italia dei nuovi poveri Coronavirus, l'Italia dei nuovi poveri

    «Non ho particolare simpatia per il premier, ma credo che il governo abbia un compito difficile tenendo conto dei problemi ben noti che ha l' apparato del Paese: burocrazia, banche che non si fidano delle assicurazioni dello Stato, non credo che altri avrebbero fatto meglio. Il debito pubblico italiano va verso il 160%, un problema enorme per il futuro. Eppure il governo ha fatto tutto quello che poteva: immettere denaro per dare sostegno agli strati in maggiore difficoltà. E poi non basta fare decreti perché poi quelle regole siano attuate».

     

    Avrebbero dovuto usare strumenti diversi?

    «Le banche avrebbero potuto essere bypassate, ma è più facile a dirsi che a farsi. Diverso è il caso delle risorse per la disoccupazione: è noto che servono mesi prima che la cassa integrazione sia erogata, quindi abbiamo scoperto cose che si sapevano già. Poteva il governo rendere le procedure più rapide? Forse sì, ma sono scelte fatte in una situazione di concitazione, tipico di una emergenza. Il dilemma fin dall' inizio è stato tra salute e lavoro, ma nessuno sapeva bene cosa fare, non solo in Italia».

     

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    In questo quadro i partiti continuano a litigare

    «Credono di parlare al loro elettorato, ma io penso che i cittadini lo vivano con fastidio. Dovrebbero considerare che nel dramma che abbiamo vissuto il dibattito politico è diventato sempre più irrilevante: i cittadini erano attenti alle decisioni, ma il dibattito a cui siamo abituati - inteso come contrasto tra le forze politiche - è considerato sempre più fastidioso».

     

    Come le polemiche sugli assistenti civici?

    «Polemiche sul nulla, nessun timore di autoritarismo. Se queste persone non possono fare multe, ma si limitano a dire a un giovane quali rischi corre o di mettersi la mascherina, mi pare che questo rientri in quel controllo sociale che avviene normalmente dentro una comunità».

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    2 - "IN POCHI MESI CI SARANNO 10 MILIONI DI ITALIANI POVERI"

    Maurizio Tropeano per “la Stampa”

     

    «I poveri della porta accanto». Così Giovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare, definisce la ferita nella società italiana aperta dalla nuova crisi economica. Quanti sono? Il Banco Alimentare ha visto aumentare del 40% in tutta Italia le richieste, e quindi gli interventi, per la consegna di pacchi di cibo per chi ha perso tutto con picchi del 70% nelle regioni del Sud.

    giovanni bruno giovanni bruno

     

    «Prima ne distribuivano 1,5 milioni, adesso almeno 800 mila in più». Ma il peggio deve ancora venire: «Dal 2008 al 2016 il numero dei poveri è raddoppiato per poi assestarsi intorno ai cinque milioni adesso con la pandemia potrebbero raddoppiare nel giro di sette mesi».

     

    E l' allarme non lo lanciano solo le ong. Ma anche i banchieri, tra questi Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, che ha annunciato un piano di interventi da 50 miliardi.

    Ma chi sono i nuovi? «Persone che fino a febbraio pensavano di non avere bisogno di aiuto - spiega Bruno - e che poi si sono ritrovati in coda al banco dei pegni. E lì abbiamo capito le dimensioni di questa crisi».

     

    Secondo Oxfam Italia, già prima dell' emergenza Covid-19, il 25% dei cittadini riteneva di non poter affrontare una spesa imprevista di 800 euro senza indebitarsi, e un terzo delle famiglie non possedeva la liquidità necessaria per vivere più di tre mesi senza cadere in povertà. Adesso la situazione è precipitata e ha travolto «collaboratori domestici, migliaia di stagionali, che non avevano ancora lavorato e che dovranno fare i conti con una stagione turistica mai avviata. E poi ci sono gli impiegati che hanno perso il posto e gli autonomi senza partita Iva. E che dire dei 3 milioni di lavoratori con contratti in nero?», si chiede l' Oxfam. A questo esercito di «nuovi poveri» si potrebbero aggiungere almeno 75 mila piccoli commercianti, la metà dei 150 mila che secondo i dati della Confesercenti non ha riaperto.

     

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    La Caritas ad aprile ha realizzato la prima indagine nazionale sulle nuove povertà a cui hanno risposto 101 associazioni diocesana, il 46% del totale.

     

    Il risultato? Il numero delle persone che si è rivolto a quelle strutture è più che raddoppiato e il 98% di chi ha chiesto informazioni lo ha fatto perché «sta vivendo problemi di lavoro e occupazione», il 69,3% ha problemi familiari mentre il 65,3% segnala criticità legate all' istruzione.

     

    Sei su 10 ha problemi di affitto e il 58% di salute. Il 100% ha poi chiesto aiuti alimentari.

    «Chi riceve cibo gratis - spiega Bruno - può usare i risparmi per pagare le bollette e altre spese, ma non tutti hanno messo da parte dei soldi e la crisi si aggraverà dopo l' estate visto che la maggior parte delle vittime sono persone anziane che spesso contribuivano al sostegno di figli e nipoti». Anche per Ernesto Ramojno, presidente della fondazione antiusura la Scialuppa di Torino «i problemi maggiori arriveranno a settembre quando finiranno risparmi e l' effetto del sostegno pubblico sarà esaurito».

     

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    Che fare, allora? Mario Calderini, professore di Innovazione sociale al Politecnico di Milano, immagina «misure mirate di stimolo all' economia, in particolare sull' edilizia civile, dove si possono facilmente ricollocare le persone cadute in povertà che hanno perso il lavoro». Un grande piano di investimenti di ingegneria delle costruzioni e Impiantistica che dovrebbe «partire dall' edilizia scolastica e della valorizzazione delle strutture ricettive per il turismo».

     

    E nella terza fase «servirebbe investire nell' economia sociale che potrebbe essere la risposta alla rottura di alcuni modelli economici come il turismo di prossimità, la filiera del cibo e quella della cura che potrebbe permettere di evitare la crisi del Terzo settore che dà occupazione e nello stesso tempo ha sulle spalle anche una parte importante del welfare italiano che toccherrbbe allo Stato».

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