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    SIAMO ALLE COLICHE FINALI – IN FRANCIA LE FEMMINISTE HANNO FATTO CAUSA A “MISS FRANCE” PER CONTO DI TRE CONCORRENTI CHE SONO STATE RESPINTE DALLA COMPETIZIONE: IL PRIMO OBIETTIVO È QUELLO DI VEDER RICONOSCIUTO IL CARATTERE LAVORATIVO DELLA COMPETIZIONE, MA IL VERO PROBLEMA SONO I CRITERI DI AMMISSIONE – LE RAGAZZE DEVONO ESSERE ALTE 1 METRO E 70, NON FUMARE NÉ BERE ALCOL IN PUBBLICO, NON FARE IRONIA SULLA POLITICA IN PUBBLICO, NON ESSERE SPOSATE E…


     
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    Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera"

     

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    «Ogni anno protestiamo contro questo concorso che diffonde valori sessisti, ma non cambia niente. Abbiamo quindi deciso di usare il diritto per fare avanzare la causa delle donne», dice Alyssa Ahrabare, una delle portavoci dell'associazione «Osez le feminisme!». L'avvocata Violaine De Filippis-Abate ha presentato una denuncia al collegio dei probiviri del tribunale di Bobigny, per conto dell'associazione femminista e di tre candidate respinte perché non rientravano nei criteri stabiliti degli organizzatori. Il ricorso riguarda Endemol, che produce ogni anno la trasmissione in onda sul primo canale Tf1, e la società Miss France. Il primo obiettivo è che venga riconosciuto il carattere lavorativo della partecipazione.

     

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    Le ragazze «hanno il coraggio di mettere tra parentesi un mese e mezzo delle loro vite», ha ammesso in un'intervista la stessa presidente di Miss France Alexia Laroche-Joubert. Sono chiamate a fare molte prove, a sfilare, ballare, provare i costumi, un impegno notevole non tutelato da alcun contratto di lavoro. Poi c'è la questione dei criteri di accesso. «In base al regolamento, una candidata deve essere alta almeno 1 metro e 70, non fumare né bere alcol in pubblico - spiega l'avvocata di Osez le feminisme! -, avere un comportamento "elegante", non avere tatuaggi più grandi di 3 centimetri, non fare ironia sulla politica in pubblico».

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    Infine non deve essere mai stata sposata e non deve avere figli. Il concorso è stato fondato nel 1920 dal giornalista di origine belga Maurice de Waleffe, che voleva premiare la «donna più bella di Francia» con l'idea che «la scelta della maggioranza indicherà il tipo istintivo di una nazione». Un secolo dopo la manifestazione è spesso occasione di polemiche - come nel 2019 quando venne premiata la non magrissima polinesiana Vaimalama Chaves - ma esiste ancora con ottimi ascolti (quasi nove milioni di telespettatori nel dicembre 2020).

     

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    La pur battagliera Marlène Schiappa, all'epoca vice-ministra per la Parità uomo-donna, qualche anno fa ha difeso Miss France: «È meno sessista della maggioranza delle pubblicità o dei reality», ma ora «Osez le feminisme!» torna alla carica, e tenta l'attacco sul piano legale. Secondo l'organizzatrice Alexia Laroche-Joubert «così si colpevolizzano le ragazze, ma perché non dovrebbero avere il diritto di sognare? Perché togliere loro la speranza di fare carriera?». Le tre ricorrenti chiedono un euro di danni, il che rende ancora più evidente il carattere simbolico della denuncia. Nel 2013 i probiviri accertarono l'esistenza di un legame di lavoro in un concorso analogo, e accolsero il ricorso contro Mister France. Difficile negare ora alle donne quel che è stato già riconosciuto agli uomini.

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