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    "ANCH'IO SONO STATA FERITA NEGLI SCONTRI DI ROMA" – IL RACCONTO DELLA GIORNALISTA DELLA "STAMPA" FLAVIA AMABILE: "ALCUNI MANIFESTANTI SI AVVICINANO AGLI AGENTI CON LE BRACCIA ALZATE, CHIEDONO DI PASSARE. RIPRENDO LE MANI SOLLEVATE, IL TENTATIVO DI DIALOGO MENTRE, IMPROVVISO, ARRIVA L'ORDINE.  “CARICA!”, URLA UN AGENTE. I MANGANELLI MI COLPISCONO SULLA SCHIENA E SULLE BRACCIA. POCO PIÙ IN LÀ…"


     
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    Flavia Amabile per “La Stampa”

     

    flavia amabile flavia amabile

    Ore 18, 05 di sabato 9 ottobre. Un migliaio di partecipanti alla manifestazione contro il Green Pass a piazza del Popolo ha sfondato i posti di blocco ed è arrivata fino a largo Chigi. I palazzi del potere sono a un passo. Le forze dell'ordine, colte alla sprovvista, sono riuscite a improvvisare una barricata con alcune camionette blindate e un manipolo di agenti.

     

    Si sentono assediate, nell'aria volano oggetti, i fumogeni coprono i volti di chi li attacca ed è evidente la sproporzione numerica tra loro e la folla di fronte. Partono le cariche, l'aria si riempie di lacrimogeni e viene fatto avanzare il blindato con l'idrante. Litri e litri d'acqua rovesciati sulle persone, i lacrimogeni che si infilano anche sotto i caschi di un agente costretto a chiedere l'acqua a un passante per pulire gli occhi e tornare a vedere.

     

    I manifestanti arretrano, non smettono però di chiedere di passare, vogliono arrivare alla sede del governo. Gli agenti tendono i manganelli, spingono. I manifestanti cambiano strategia, rispondono mettendosi in ginocchio, in tanti sollevano le braccia per mostrare le mani nude, senza armi. Accanto a loro ci siamo noi giornalisti con telecamere, macchine fotografiche, cellulari. E riprendiamo.

     

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    Mentre ho il telefonino acceso sento i primi colpi di manganello sulle gambe. Un agente, con i modi da capo, sta attaccando manifestanti e operatori dell'informazione anche se in quel momento siamo tutti fermi. Cerca sostegno, si gira verso i suoi e dà l'ordine di caricare. I suoi restano immobili. «Caz! » li incita battendo il manganello sui loro scudi ma i suoi non si muovono. A quel punto si gira di nuovo verso di me. «Forza, via! », urla con un'altra scarica di manganellate sulle gambe.

     

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    Vicino a me c'è Cecilia Fabiano dell'agenzia LaPresse. «Sono giornalista! » urla. Sono giornalista, li avverto anche io. Gli agenti arretrano, i fotografi scelgono una prospettiva diversa, io decido di rimanere tra la folla. Alcuni manifestanti si avvicinano ancora con le braccia alzate, chiedono di passare. Accendo il telefonino. Riprendo le mani sollevate, il tentativo di dialogo mentre, improvviso, arriva l'ordine.

     

    «Carica! », urla un agente. Stavolta i poliziotti obbediscono. I manganelli mi colpiscono sulla schiena e sulle braccia. Poco più in là Francesco Cocco, free lance che lavora per il Foglio, viene preso a calci. È l'ultima carica. Quando, qualche minuto dopo, gli agenti tentano di nuovo di avanzare sulla folla che sta parlando con loro senza fare altro, uno dei capi li blocca. Non sarebbe corretto. Qualcuno l'ha capito.

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