1 - IN AUSTRIA TORNANO LE FRONTIERE
Tonia Mastrobuoni per “la Stampa”
christopher furlong centinaia di migranti al confine tra ungheria e austria
L' Austria ha annunciato di voler sospendere temporaneamente Schengen: ed è pronta a ripristinare la frontiera al Brennero. In un' intervista al quotidiano Oesterreich, il cancelliere austriaco Werner Faymann ha annunciato la svolta e ha usato toni inusitatamente duri nei confronti dell' Europa. «Chiunque verrà da noi dovrà esse re controllato di più».
L' Austria ha deciso di sospendere Schengen. L' annuncio è arrivato ieri sera dal cancelliere Werner Faymann: «Chi non vuole o non può chiedere il diritto di asilo, deve essere respinto. Solo coloro che hanno diritto ad essere riconosciuti come profughi o che non vengono respinti dalla Germania possono rimanere» ha dichiarato. Schengen verrà «temporaneamente sospesa», com' era già avvenuto in autunno, nei giorni caldissimi dei flussi in massa dei rifugiati via Balcani. I guai, ovviamente, non nasceranno certo al confine con la Germania o la Svizzera, ma alle frontiere slovacca, ceca e, soprattutto, italiana. Quelle attraverso le quali transitano i profughi diretti verso nord.
migranti attraversano il confine tra austria e germania
Il politico socialdemocratico austriaco è alleato strettissimo di Angela Merkel, difficile pensare ad una mossa non comunicata alla cancelliera. Faymann ha anche detto che «se l' Ue non riesce a rendere più sicuri i confini esterni, Schengen dovrà essere messa in discussione in toto».
L' annuncio arriva nei giorni in cui a Berlino gira voce che Merkel stia pensando a una mini Schengen di Paesi europei che si chiuderebbe rispetto al resto dell' Ue e che comprenderebbe Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Austria. Una mossa che avrebbe lo scopo di mettere sotto pressione i Paesi dell' Est, ma anche Italia e Grecia, colpevoli, secondo la Germania, di non controllare abbastanza i profughi in arrivo e di non costruire abbastanza velocemente gli hot spot. Faymann ha anche annunciato che taglierà gli aiuti per i Paesi che non assorbono le quote di profughi concordate con l' Ue.
confine ungheria austria d0
L'ATTACCO ALLA MERKEL
Il tema dei profughi continua a tenere banco anche in Germania. Il primo ministro della Baviera, Horst Seehofer (Csu), dopo la breve riconciliazione del congresso di dicembre, ha ricominciato ad attaccare Angela Merkel con più vigore di prima.
E, in generale, per la cancelliera sembra cominciato un conto alla rovescia: se entro il Consiglio europeo di febbraio non sarà riuscita a incassare risultati concreti, le pressioni nel suo partito per una soluzione interna - leggi: sospensione di Schengen - potrebbero diventare schiaccianti. In un' intervista con Spiegel, Seehofer ha rinnovato la minaccia di fare ricorso alla Corte costituzionale: «Nei prossimi 14 giorni inviteremo il governo a ristabilire legalmente l' ordine al confine».
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Se Merkel non risponderà, scatterà la denuncia a Karlsruhe. Nei giorni scorsi il governo bavarese ha diffuso il parere di un ex giudice della Corte, Udo Di Fabio, che aveva criticato il governo per un controllo troppo scarso delle frontiere.
Pur difendendo la cancelliera, in un' intervista alla Sueddeutsche Zeitung il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha parlato di un «tempo limitato» per realizzare le misure europee che dovrebbero ridurre i flussi. E ha scatenato una bufera (anche nel suo stesso partito) per la proposta di una tassa europea sulla benzina per finanziare le misure in favore dei profughi.
austria migrants 61
Pressioni su Merkel sono arrivate anche da un peso massimo dei cristianodemocratici come Volker Bouffier. «Io punto ancora ad una soluzione europea - ha detto il primo ministro dell' Assia - ma se in Europa non si riesce ad andare avanti, bisogna trovare nuove strade». Il ministro degli Interni bavarese e compagno di partito di Seehofer, Stephan Meyer, è più esplicito: «Se l' Europa non è in grado» di trovare una soluzione, «il governo deve ricorrere a misure nazionali per ridurre i profughi in modo veloce e consistente».
Ma anche dai vertici della Spd è partito il pressing su Merkel: il capogruppo al Bundestag, Thomas Oppermann, ha chiesto che la soluzione europea promessa «arrivi presto»; il vicecancelliere Sigmar Gabriel ha spiegato che «se le misure non faranno effetto entro la primavera, i numeri da gestire saranno difficili».
2 - JUNCKER: "SE SI CHIUDONO I CONFINI FINISCE ANCHE L' UNIONE ECONOMICA"
cadaveri di migranti trovati in un camion in austria 8
Marco Zatterin per “la Stampa”
Spiazzati dal clamore dell' ennesimo tassello del domino di Schengen che cade, gli uomini del Team Juncker faticano a trovare un modo diverso per rinfrescare il ritornello che ripetono da giorni. «Se entro il vertice di febbraio non saremo riusciti a regolare il flussi dei rifugiati, la libera circolazione dei cittadini rischierà di finire», confessa un funzionario che risponde nonostante l' ora e il gelido giorno semifestivo.
L' ultimo a dirlo è stato il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans. Ha avvertito che i governi devono attuare gli impegni presi, dunque rafforzare le frontiere esterne, registrare chi entra, cacciare chi non può restare. Bisogna agire in fretta. Perché «resta solo un mese per evitare il peggio».
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Sul caso austriaco aspettano, vogliono capire. Vienna è una delle sei capitali che hanno deciso di rimettere nel cassetto i patti firmati per la prima volta in Lussemburgo poco più di trent' anni fa. Con determinazione variabile a seconda dell' emergenza e delle tensioni politiche interne, anche Norvegia, Svezia, Danimarca, Germania e Francia lo hanno fatto.
Stoccolma ha detto basta dopo aver registrato oltre 150 mila richieste di asilo in dodici mesi. Berlino ha aperto e poi chiuso. Vienna ha eretto in autunno un reticolato al confine «interno» sloveno. Facile per le opposizioni radicali cavalcare il disagio sociale e agitare il fantasma dell' invasione. Difficile fare l' unione (europea) con la forza e cercare di rimettere le cose a posto.
christopher furlong centinaia di migranti al confine tra ungheria e austria
La posta in gioco è alta. Il presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, ha concesso poche illusioni. «Nessuno parla del legame tra libera circolazione di cittadini e capitali - ha affermato -: la fine di Schengen rischierà di mettere fine all' Unione economica e monetaria. Il problema della disoccupazione diventerà ancora più importante. Per questo bisogna guardare alle cose nel loro insieme». Il grande mercato unico è fondato sull' assenza delle frontiere. I controlli ai passaggi da un Paese all' altro costano tempo e soldi, alle persone come alle imprese. «Addio all' economia "just in time"», ha detto a La Stampa il capo dell' Europarlamento, Martin Schulz.
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«Sarebbe la morte del progetto europeo», stima il commissario Ue agli Affari Interni, Dimitri Avramopoulos. Il greco chiede da giorni «scelte coraggiose alle capitali». Invano, sinora. È un circolo vizioso, ha spiegato in serata una fonte diplomatica: «La paura del prezzo politico di mosse assolutamente necessarie fa rinviare le scelte e aumenta la difficoltà dell' azione, nonché il prezzo politico da pagare».
La cosa che a Bruxelles faticano a capire è come si possa indugiare davanti a decisioni già prese. Il nervosismo è evidente nei quartieri europei della capitale belga. Perché le cose vanno male e perché in giro c' è chi comincia a pensare che il Team Juncker abbia chiesto troppo ai governi.
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«Quest' anno dobbiamo riportare Schengen alla normalità», recita il mantra di Timmermans. Implica «ottenere chiari risultati sul recupero del controllo delle frontiere e sulla riduzione dei flussi». È entrato un milione di persone nel 2015 e la tendenza non rallenta. La Commissione ha scritto regole per l' asilo e per una guardia di frontiera comune, ha trattato un' intesa con la Turchia per rallentare i flussi. I leader che non la seguono si incontrano il 18 febbraio. A Bruxelles dicono che sarà il vertice del giudizio. Il dramma è che potrebbero aver ragione.