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    L’OLANDA? UN BEL POSTO PER… MORIRE! – A 20 ANNI DALLA LEGGE, I CASI DI EUTANASIA IN OLANDA COSTITUISCONO IL 4,5% DI TUTTI I DECESSI. E SEMPRE PIÙ SPESSO SONO VALUTATI CON VIDEOCHIAMATE SU ZOOM E PROCEDURE "BREVI" – LA DRASTICA DIMINUZIONE DEI CONTATTI SOCIALI DURANTE LA PANDEMIA PUÒ CONTRIBUIRE ALLA "NON TOLLERABILITÀ" DELLA SOFFERENZA? 


     
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    Articolo di The Boer pubblicato da "Avvenire"

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    A 20 anni dalla legge, i casi di eutanasia sono il 4,5% di tutti i decessi. E sempre più spesso sono valutati con videochiamate e procedure «brevi» Silenzio assordante sugli aspetti negativi del notevole aumento di casi di eutanasia in Olanda.

     

    Il Rapporto annuale 2020 Rte (Comitati etici regionali per l'eutanasia) che è appena stato pubblicato mostra una grande povertà etica. Il numero dei morti è salito ancora: da 6.361 del 2019 a 6.938 del 2020, quasi 7mila. Parliamo del 4,5% di tutti i decessi, senza contare quelli per Covid-19. I numeri erano calati leggermente nel 2018 dopo il caso dell'«eutanasia al caffè», una dottoressa indagata perché aveva praticato l'eutanasia a una donna con demenza avanzata somministrandole «qualcosa nel caffè».

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    Nel frattempo il trend si è nuovamente invertito: sia in cifre assolute che in percentuale, i numeri non sono mai stati così alti. Contemporaneamente registriamo un minimo storico: dall' approvazione della legge sull' eutanasia (aprile 2001) non si erano mai registrati così pochi casi di eutanasie «negligenti»: due, per la precisone.

     

    In un caso è risultato che lo specialista consulente, colui cioè che consiglia il medico che applica l'eutanasia (detto anche «dottore-Scen») fosse anche iscritto come paziente presso lo studio dello stesso medico. [ ndt: Scen sta per Steun en Consultatie bij Euthanasie in Nederland, Programma di sostegno e consulenza in caso di eutanasia nei Paesi Bassi]. Che in dieci anni abbiano avuto solo tre brevi contatti è stato sufficiente al Comitato etico per dubitare sull' indipendenza del consulente.

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    Un altro medico, invece, non trovando nelle braccia di una anziana signora vene adatte all' iniezione, ha iniettato il preparato eutanasico in una vena femorale. Il Comitato etico ha bocciato questa eutanasia perché il medico «ha corso il rischio di far provare dolore alla donna». Questo illustra la povertà etica della valutazione dei comitati, nonostante siano molti gli esperti di etica che vi prendono parte.

     

    Mentre questi medici sono costretti a incassare il giudizio pesantissimo di «eutanasia negligente», le vere domande restano ancora in sospeso.

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    Per esempio, se tutti i pazienti possano giungere a una richiesta di eutanasia in totale libertà. Nel periodo in cui facevo parte del Rte avevo notato molti casi in cui si era verificata pressione sul paziente, ma le prove erano ritenute troppo deboli per poter dichiarare l'eutanasia «negligente». Mi è stato vietato di pubblicare alcunché su questi fatti.

     

    Mi chiedo se la nostra capacità di affrontare avversità e vulnerabilità è forse soggetta ad erosione. Che quei quasi 7.000 casi di eutanasia siano giuridicamente a posto è una buona notizia, ma manca una riflessione autentica. Riguardo alle formalità, poi, mi resta una preoccupazione: quanto reggerà l'esame etico? La percentuale delle segnalazioni gestite dai segretari attraverso la procedura abbreviata è salita dal 90,1% nel 2019 al 95,5% nel 2020.

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    I membri dei Comitati possono consultare quelle segnalazioni e nel caso convocare una riunione del Comitato, ma spesso non ne comprendono l'utilità o non ne hanno il tempo. A questo si aggiunge qualcosa a cui, auspicabilmente, presto verrà posto fine: gli Rte hanno deciso di autorizzare i colloqui di consulenza tramite videochiamata, nonostante la legge preveda che un secondo medico incontri il paziente di persona.

     

    In occasione della decisione probabilmente più importante nella vita di un paziente, sarebbe opportuno poterlo osservare in modo ottimale. Su questo punto ci si sarebbe aspettato un minimo di riflessione: in quanti casi si ricorre alla videochiamata? Influisce sulla libertà del dottore-Scen per emettere un giudizio negativo? Non è che su Zoom sei più propenso a dare l'ok?

     

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    La drastica diminuzione dei contatti sociali durante la pandemia, in un momento della vita in cui più di tutti hai bisogno della vicinanza di qualcuno, può contribuire alla «non tollerabilità» della sofferenza?

     

    Le cure personali apportate da operatori sanitari con mascherine e indumenti sterili possono avere effetti alienanti? La qualità delle cure palliative ha dovuto cedere il passo all'emergenza Covid? E i medici di base, per tutte queste ragioni, sono stati più propensi ad accettare richieste di eutanasia?

     

    Questo Rapporto annuale contiene un paio di passaggi etici interessanti. Come la descrizione del «giudizio 2020-85», in cui la moglie del paziente accusa il medico di indurre il marito all' eutanasia ma il medico decide nonostante tutto di onorare la volontà del paziente alla 'dolce morte'.

     

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    O il «giudizio 2020147», in cui il figlio della paziente fa un discorso molto commovente contro l'eutanasia della madre, ma anche in questo caso l'autodeterminazione del paziente la spunta sulle obiezioni dei suoi cari. Nel «giudizio 2020-83» leggiamo che una signora ha potuto aprire da sola la flebo del prodotto eutanasico, contro tutte le direttive mediche. Il medico segnalante [ ndt: il medico che pratica l' eutanasia deve comunicare il motivo del decesso, la segnalazione viene trasmessa al locale Rte] penso che abbia avuto fortuna con la casuale composizione Comitato.

     

    Nel «giudizio 202053» leggiamo di un caso di eutanasia di una donna con disabilità mentale e disturbi psichiatrici. In questi passaggi si assapora un inizio di riflessione etica.

     

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    Infine la cosa che più mi sorprende come bioeticista è la totale indifferenza di fronte all' aumento dei casi. Secondo il quotidiano Trouw, Jeroen Recourt, neo-presidente di Rte, non si stupisce: «I numeri rientrano in un macro-sviluppo. Sempre più generazioni vedono nell' eutanasia una soluzione al dolore intollerabile».

     

    Questo equivale a dire che il livello del mare si alza per il surriscaldamento terrestre. Come da tradizione i partiti Christen Unie (Unione dei Cristiani) e Sgp (Partito dei Riformati) faranno sicuramente un'interrogazione parlamentare, sensibilizzati come il Cda (Partito dei Democratici Cristiani) su questo argomento. E come da tradizione il ministro risponderà che tutti questi casi di eutanasia avvengono nel rispetto delle procedure. Un colpo di spugna e via.

     

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    Ma il vero elefante nella stanza è che il divieto di uccidere - uno dei pilastri dello stato di diritto - non interessa più a nessuno, o quasi. Si è trasformato in un divieto di uccidere qualcuno contro la sua volontà.

     

    Steven Pleiter, direttore uscente dall' Expertisecentrum Euthanasie (Centro Specialistico per l' Eutanasia), già Levenseindekliniek (Clinica del fine vita), ha detto di aspettarsi che i numeri raddoppino. Una recente ricerca ha dimostrato che in molti quartieri di città i casi di eutanasia sono uno sesto delle cause di decesso.

     

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    Se sottraiamo le morti improvvise - per incidente o arresto cardiaco non si parla di eutanasia - arriviamo a un caso su quattro. E questo - nota bene - nel nostro Paese altamente sviluppato e con le sue eccellenti cure palliative.

     

    Il Rapporto Rte è consistente dal punto di vista giuridico ma debole su quello etico. La decisione del legislatore di mantenere l'eutanasia come punibile in linea di principio contribuisce a questa povertà etica.

     

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    Gli Rte hanno solo due opzioni: o una cosa rientra nella legge o ne è fuori. Basta una imperfezione procedurale e il medico diventa assassino. Perciò se pongo quesiti etici sull' eutanasia non lo faccio con l'intento di estorcere più giudizi di negligenza agli Rte.

     

    Nessuno mette in dubbio l'integrità dei medici e la diligenza delle loro azioni. Ma intorno alla domanda se il forte aumento dei casi di eutanasia abbia anche delle conseguenze regna ancora un silenzio assordante.

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