Antonio G. Rebuzzi* per “il Messaggero”
*Direttore cardiologia intensiva Policlinico Gemelli Università Cattolica Roma
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La cronobiologia è la scienza che studia come e con quale periodicità i vari fenomeni biologici si ripetono nel tempo. Numerosi eventi hanno una ciclicità che può essere giornaliera (la frequenza cardiaca, che è più bassa di notte e più alta di giorno); mensile (il ciclo mestruale) o anche annuale.
È stata anche descritta una differente efficacia dei farmaci a seconda dell' ora di somministrazione, e perfino una differente prognosi per varie patologie a seconda dell' ora di insorgenza.
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Dal punto di vista fisiopatologico, durante le prime ore del mattino, si ha una iper-stimolazione del sistema nervoso simpatico con conseguente aumento del cortisolo plasmatico e delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina).
Tutto ciò porta ad un aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e delle resistenze periferiche con, quindi, un aumento del lavoro del cuore e pertanto una maggiore richiesta di ossigeno. Quest' insieme di processi possono influenzare sia la gravità degli eventi coronarici nonché la risposta alla terapia.
LA SINDROME
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Gli studi che hanno valutato se l' ora di esordio delle sindromi coronariche acute impatti sulla prognosi, hanno dato risultati contrastanti. Alcuni riferiscono che gli infarti tra tra le 4.00 e le 8.00 hanno prognosi peggiore, altri riportano che vanno peggio gli infarti che si verificano tra le 20.00 e le 8.00.
Quindi, notte e mattina molto presto.Il Singapore Myocardial Infarction Registry ha certificato come orario più a rischio quello tra la mezzanotte e le 6.00. Informazioni importanti sia per i pazienti che per i medici.
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Recentemente è stato pubblicato sull' European Heart Journal un studio coordinato dai ricercatori della University of Leeds: ha analizzato l' impatto dell' ora di ricovero per infarto sull' esito della malattia. Sono stati studiati oltre 615.000 pazienti inglesi ricoverati tra il 2004 ed il 2013. La mortalità intra ospedaliera per infarto è stata dell' 8.8% (riducendosi però negli anni dal 12% del 2004 al 7.3% del 2013).
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I PARAMETRI
I pazienti ricoverati durante la notte avevano un tempo di riperfusione coronarica più lungo, e la mortalità era più alta per i ricoverati tra le 20.00 e le 24.00.
Questo porta a pensare che le differenze di mortalità che si registrano sia tra notte e giorno che tra i giorni feriali ed i fine settimana dipendono non solo dalle variazioni circadiane dei parametri biologici, ma in buona parte alla differenza di disponibilità dei servizi ospedalieri.
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Se esiste quindi una differenza di mortalità tra notte e giorno, migliorando l' organizzazione ospedaliera tale rischio si può ridurre di parecchio.
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