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    LA CARNEFICINA DI BRUXELLES - “IL BILANCIO DELLE VITTIME DESTINATO A SALIRE: SU 300 FERITI ALMENO 61 IN CONDIZIONI GRAVI” - I MEDICI: “DOPO 3 GIORNI CI SONO FERITE CHE ANCORA NON SIAMO RIUSCITI A TAMPONARE. SONO TUTTE FERITE DI GUERRA". NELLE BOMBE CHIODI E BULLONI PER FARE PIU' MALE


     
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    Marco Imarisio per “corriere.it”

     

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    «A causa delle condizioni dei feriti l’accesso alle corsie è proibito a tutti i familiari. Si prega anche di restare in silenzio». Il foglio è appeso alla porta tagliafuoco che separa i vivi da quelli che lottano per rimanerlo.

     

    Nella sala d’aspetto dell’ospedale Erasme non vola una mosca, e non c’è spazio neppure per uno spillo. I parenti dei feriti aspettano in piedi, come se stessero facendo la coda in un ufficio postale affollato.

     

    Il dolore e il pudore

     

    Quell’avviso così crudo è forse uno dei pochi segni che restituiscono l’enormità di quel che è avvenuto a Bruxelles. Gli attentati sono avvenuti in luoghi neutri. L’aeroporto dista 18 chilometri, il quartiere «degli europei», così lo chiamano gli altri abitanti, è un mondo a sé.

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    Così tutto è ricominciato in fretta, certo nel dolore, ma in un cordoglio che lascia poche tracce, avvolto da un pudore che è tratto distintivo dei belgi ma rischia di creare assuefazione a questa barbarie in chi osserva dall’esterno.

     

    Il dottore: «Sono ferite di guerra»

     

    «Cosa vuole che le dica. A tre giorni di distanza ci sono ferite che ancora non siamo riusciti a suturare, a tamponare. E in una decina di pazienti almeno le ustioni sono del grado più alto. Sono tutte ferite di guerra».

     

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    La sincerità del dottor Christian Melot, capo dell’urgenze dell’Erasme, è figlia anche della stanchezza. Ma la misura di questa strage può essere colta solo negli ospedali di tutto il Belgio, dove ancora non è finita.

     

    Il ministro della Sanità Maggie de Block ha voluto preparare tutti al peggio fornendo dati tutt’altro che rassicuranti. Sui 300 feriti attualmente ricoverati, 61 di essi sono in condizioni «critiche». È lei stessa a trarre le conclusioni. «Il bilancio delle vittime è destinato a salire».

     

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    Scattato il piano Mash, l’allerta dei servizi ospedalieri

     

    Chiediamo conto al dottor Melot delle dichiarazioni della ministra. «Mi sembrano realistiche» dice. E fornisce i suoi dati. «Qui alle urgenze abbiamo 14 feriti: 8 sono in urgenza “maggiore”, ovvero lottano tra la vita e la morte, altri 3 sono livello appena sotto, ben lontani dall’essere fuori pericolo». 

     

    Quelle bombe, aggiunge, erano state preparate per fare bene il loro lavoro. Il perossido di azoto, o di qualunque miscela si tratti, dà potenza all’ordigno. I chiodi e i bulloni servono a lacerare, spezzare. Il giorno dell’attentato i chirurghi dell’equipe di Melot sono usciti dalla sala operatoria all’alba.

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    E se i terroristi avessero colpito anche in altri luoghi, come non è escluso volessero fare? Il medico si gratta la barba, pensieroso. «È scattato il piano Mash, il nostro stato d’allerta dei servizi ospedalieri. Tutto il personale in ferie o assente per altre ragioni è stato richiamato. Ma già così siamo al limite delle forze. Non è che non voglio rispondere. Non voglio proprio pensarci. Umanamente, con tutto quel che stiamo vedendo, è già troppo difficile così».

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