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    LA COREA DEL SUD È IL NUOVO FRONTE: IN DUE GIORNI I CASI DI CORONAVIRUS TRIPLICATI - L'EPICENTRO A DAEGU, NELLA CHIESA DELLA SETTA: 87 FEDELI CONTAGIATI, ALTRI 9.000 IN AUTO-QUARANTENA PER COLPA DI UNA... - "È COME SE AVESSERO SGANCIATO UNA BOMBA"


     
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    Da La Stampa

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    Una setta, una donna che ha sottovalutato la sua febbre e un mal di gola per oltre dieci giorni, quattro Messe in una settimana. Risultato: almeno 87 fedeli contagiati, altri 9.000 in auto-quarantena, la quarta città del Paese che si ferma, e 51 milioni di sudcoreani che improvvisamente scoprono di essere il nuovo fronte dell' emergenza coronavirus. In due giorni, i casi di contagio in Corea del Sud sono triplicati, da 53 a 204: numeri che hanno fatto diventare il Paese il più grande focolaio dell' epidemia dopo la Cina, se si escludono i 630 ammalati della nave da crociera ancorata in Giappone.

     

    Alla «paziente numero 31», l' involontaria untrice della setta Shincheonji, è stata appiccicata l' etichetta di «super-diffusore» nella città sud-orientale di Daegu, due milioni e mezzo di abitanti.

     

    La donna di 61 anni non è mai stata in Cina, ed è una dei soli tre coreani che hanno contratto il virus da fonti ignote. Ma da quando ha manifestato i primi sintomi è stata in ospedale per un lieve incidente d' auto, è andata al lavoro coi mezzi pubblici, ha mangiato a un buffet. E soprattutto, ha impestato la controversa confraternita, nota per un pastore che crede di essere un secondo Gesù. E se centinaia di fedeli non mostrano sintomi, quasi altrettanti non sono ancora stati controllati.

     

    Daegu e la vicina Cheongdo, dove in un ospedale psichiatrico si sono registrate le uniche due morti finora nel Paese, sono da ieri «zone di attenzione speciale». Quasi tutti i nuovi casi delle ultime 48 ore sono stati identificati qui.

     

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    Il governo ha promesso misure «forti e rapide» per contenere l' espandersi dei contagi, e il sindaco ha già esortato la popolazione a rimanere a casa con la mascherina alla bocca. Asili e biblioteche pubbliche sono già chiuse, i negozi ancora no ma già ieri le strade erano praticamente vuote. «È come se qualcuno avesse sganciato una bomba sulla città», ha detto alla Reuters una delle poche passanti. L' intera chiesa della Shincheonji è stata disinfettata, ma la rabbia monta: su Twitter, ieri sera girava una foto del cancello dell' edificio, ricoperto di uova lanciate da qualcuno.

     

    Per la Corea è un brusco risveglio, la Borsa di Seul ha chiuso con un meno 1,5%.

    L' ansia stava già salendo: nei luoghi pubblici, i cartelli che esortano a disinfettarsi le mani e usare le mascherine sono ovunque. Ma fino a tre giorni fa i contagi erano una trentina, pochi per un Paese a poche centinaia di chilometri dalla Cina e dai suoi 75 mila contagi e oltre 2.200 morti.

     

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    Ora ci sono diversi contagi anche nelle caserme, tanto che l' esercito sta mettendo in quarantena i suoi stessi soldati. La vicina Corea del Nord - che confina con la Cina - ha annullato una maratona prevista a inizio aprile, anche se ufficialmente nessun caso di coronavirus è stato annunciato. Gli esperti temono che un' eventuale epidemia lì possa essere ingestibile.

     

    Il fronte coreano si è aperto mentre in Cina l' aumento dei casi di contagio è in forte rallentamento rispetto alle settimane scorse. Ma è anche il frutto di una metodologia di conteggio meno rigida, che esclude i casi rilevati con le radiografie al petto, e si sta spargendo il sospetto che i numeri reali siano rivisti al ribasso.

     

    I media cinesi danno ampio spazio alle storie di guarigione a lieto fine, e le autorità sono ansiose di mostrarsi in controllo, rimanendo allergiche alle critiche, come dimostra il caso delle espulsioni dal Paese dei tre giornalisti del Wall Street Journal.

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    E nel resto del mondo la paura non scende. Circa 1.100 casi sono stati riportati in 25 Paesi, e in Iran questa settimana sono morte quattro persone. «Siamo preoccupati per l' aumento dei casi Covid-19 in Iran» ha spiegato l' Organizzazione mondiale della sanità che ha già fornito kit con test diagnostici. Il direttore generale dell' Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, avverte che la «finestra» per fermare l' epidemia «si sta restringendo». A.Urs.-

     

     

     

     

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