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    IO MUOIO, TUMORI - LA RICERCA CONTRO IL CANCRO È MOLTO ATTIVA. TUTTAVIA, FRA L’APPROVAZIONE DI UN NUOVO MEDICINALE E LA SUA REALE DISPONIBILITÀ, PASSA MOLTO TEMPO - CON DIFFERENZE ANCHE FRA LE REGIONI ITALIANE - UN’ATTESA LEGATA (SOPRATTUTTO) A RAGIONI ECONOMICHE


     
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    Adriana Bazzi per il “Corriere della Sera”

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    Apprendiamo, quasi quotidianamente, dai media, giornali di carta o online, oppure dalla televisione o da qualsiasi altra fonte di informazione, compresi i social media, che un nuovo farmaco "X" funziona nell' aumentare la sopravvivenza dei pazienti con un qualche tipo di tumore. Chi lo dice?

     

    Lo dicono gli studi pubblicati sulle riviste scientifiche e lo testimoniano gli esperti che periodicamente ne discutono a congressi internazionali come dell' American Society of Clinical Oncology (Asco) in corso a Chicago, che ogni anno riunisce oltre trentamila specialisti ed è il più importante al mondo. I farmaci antitumorali innovativi, sfornati dalla ricerca, aumentano di giorno in giorno: dal 2013 al 2016 l' Ema, l' Agenzia Europea del Farmaco, che ha il compito di autorizzarne l' immissione in commercio, ne ha licenziati 45.

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    Le cure ci sono, nuove ed efficaci, ma il problema è un altro: quanto tempo deve aspettare un paziente italiano (ci soffermiamo sulla nostra realtà, perché in Europa esistono molte disparità nell' accesso alle cure) per poter essere effettivamente trattato con un nuovo farmaco?

     

    Tanto, forse troppo, dice l' ultimo rapporto Favo, la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, presieduta dall' ex Ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, che ha fatto i conti. Eccoli, con una premessa: il primo passo per la registrazione di un farmaco lo fa l' Ema (negli Stati Uniti è l' Fda, la Food and Drug Administration).

    JULIE E MIKE MORTI INSIEME DI TUMORE JULIE E MIKE MORTI INSIEME DI TUMORE

    Poi tutto passa alle autorità nazionali, in Italia è l' Aifa, l' Agenzia del farmaco, che recepisce le decisioni dell' Ema e, in più, concorda il prezzo con le aziende produttrici. Poi sono le Regioni che decidono come e quando offrire la nuova cura al paziente e qui le cose si complicano.

     

    Secondo il rapporto Favo, in alcune Regioni, i tempi di attesa possono arrivare fino a tre anni. Le peggiori? Sarebbero Molise e Valle d' Aosta. Le più virtuose, la Lombardia e la Puglia. Mediamente, da quando un farmaco è autorizzato dall' Ema fino alla sua disponibilità per il paziente italiano, passano 806 giorni, più o meno due anni.

    Commenta De Lorenzo.

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    «Nell' attesa del medicinale giusto si può morire: occorre velocizzare i tempi».

    «Le cose, però, stanno migliorando», aggiunge Carmine Pinto, Presidente dell' Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e oncologo a Reggio Emilia. «L' Aifa sta velocizzando i tempi di approvazione. L' ultimo esempio è il pembrolizumab, un farmaco indicato per la cura del tumore polmonare avanzato non a piccole cellule, che ha avuto un iter molto rapido».

     

    C' è chi sospetta che i ritardi nel mettere a disposizione i farmaci innovativi e più costosi sia una sorta di "razionamento", un modo per ridurre la spesa per trattare queste malattie, in crescita costante (si veda il grafico) e chi, invece, ricorda che, almeno per il 2017, il Governo italiano ha stanziato un fondo di 500 milioni di euro per le nuove cure oncologiche. E che i pazienti non avranno problemi ad accedervi.

    CELLULE TUMORALI SOTTO ATTACCO CHIMICO CELLULE TUMORALI SOTTO ATTACCO CHIMICO

     

    «I farmaci sono costosi - ammette Pinto -. Ma la spesa per l' oncologia non è fatta soltanto di farmaci. Se si vuole risparmiare occorre verificare quali e quanti esami diagnostici sono davvero utili nella gestione del paziente e quali e quanti interventi di chirurgia lo sono. Ragionare sui farmaci è la cosa più semplice, il problema è il resto».

    In Italia al momento (pur con i ritardi segnalati) un paziente può essere curato gratuitamente grazie al nostro sistema sanitario nazionale. E la mortalità per tumore si è ridotta negli ultimi tempi.

     

    TUMORE TUMORE

    Quella "tossicità finanziaria" del cancro, di cui si parla da tempo negli Stati Uniti e che è al centro delle relazioni all' Asco di Chicago anche quest' anno, per noi al momento non c' è. O forse sì. Tossicità finanziaria significa che un paziente, soprattutto negli Usa, quando si ammala, rischia la bancarotta. In America, i cittadini devono stipulare assicurazioni per l' assistenza sanitaria, ma spesso devono contribuire alle spese di tasca propria e finiscono per vendersi la casa o rinunciare all' educazione dei figli. E le statistiche dicono che chi si trova in queste situazioni ha un rischio di morte dell' 80 per cento più alto.

     

    TUMORE CHEMIO TUMORE CHEMIO

    In Italia i farmaci non si pagano, ma esiste comunque una "tossicità economica" della malattia, come ha dimostrato una ricerca, firmata da Francesco Perrone dell' Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli, Fondazione Pascale, e condotta su 3.670 pazienti.

    Se una persona, infatti, ha già problemi finanziari al momento della diagnosi di malattia avrà un rischio di morte più elevato del 20 per cento. Deve affrontare nuove spese, per recarsi nei centri di cura, ad esempio, o per il pagamento di ticket, e, in più, può andare incontro a problemi sul posto di lavoro. Questioni di cui non si parla abbastanza. E che possono ridurre i benefici dei nuovi farmaci.

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