Marco Giusti per Dagospia
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Di fronte a questo interessante ma non così sviluppato, tempestivo, magari casualmente, o forse no, ma spesso irritante "War - La guerra desiderata" di Gianni Zanasi, che lo ha scritto assieme a Lucio e Michele Pellegrini, si rimane non poco storditi. Anche positivamente, attenzione. Perché mette in scena non tanto la paura della guerra, ma il desiderio della guerra in un momento come questo, intrappolati tra pandemia, vera guerra possibile alle porte e arrivo della destra destra al governo.
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Un film perfetto per i tempi, insomma. Anche se nessuno può ritenere possibile una guerra tra Italia Francia e Spagna. Come è possibile leggere la violenza, la voglia di guerra, di vendetta su innocenti come risposta ai rancori di anni e anni di personaggi che pensano di aver subito abbastanza dalla vita e si sentono pronti finalmente al riscatto, a alzare la testa, come ha predicato in campagna elettorale proprio la Meloni.
Tutto questo nel film si trasferisce nelle peripezie di due giovani personaggi a metà tra dramma e commedia. La psicanalista Lea di Miriam Leone, che ha rotto col padre, potente militare nonché viceministro alla Difesa Massimo Popolizio, e si troverà a lottare con un gruppo di giovani pacifisti, che va da Stefano Fresi a Agnese Claisse. E un allevatore di vongole già letterato, il Tom di Edoardo Leo, che si ritroverà arruolato con mitra e mimetica da un barista Veneto guerrafondaio, Giuseppe Battiston, a capo di un gruppo di paramilitari un po' schizzati.
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Ovvio che i due protagonisti, che si sono conosciuti casualmente, non hanno nessuna intenzione di dar vita a una guerra. Anzi. Mettiamoci anche due francesi che tramano nell'ombra, Bruno Todeschini e Anna Mouglalis, un po' di signore che lottano per la pace, da Carlotta Natoli a Barbara Alberti. Su tutto, comunque si guardi il film, domina una bella confusione e non è facile per lo spettatore avere una lettura chiara di cosa abbiano in testa regista e sceneggiatori, che insistono a mettere pagine anche belle sulla violenza inutile nata dal rancore degli italiani che si accendono per la guerra come risposta di classe più che politica.
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Cosa vogliono dire? Che l'Italia è una polveriera piena di fasci violenti della cui esistenza non ci eravamo a corti? Che è facile cadere nel gioco dei violenti pronti a un nuovo fascismo a cento anni dalla Marcia su Roma? Che non ci sono risposte politiche a tutto questo? Mantenendo il racconto sulla metafora, spesso non si capisce del tutto neanche che tipo di film abbiamo davanti. E la commedia scompare dopo i primi colpi di mitra.
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Ma il film non diventa una parabola godardiana sulla guerra. Forse perché siamo troppo attaccati alla coppia popolare Leo-Leone, che ovviamente funziona. E non è facile giocare contemporaneamente la carta della commedia e quella della guerra dell'Italia (neanche troppo) distopica. Alla fine vince quel po' di romance che Zanasi mette in scena con gli occhioni di Miriam Leoni il personaggio simpatico di Edoardo Leo. E la guerra rimane sullo sfondo. In attesa di sviluppi. Come è in fondo nella realtà.
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