Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Vuoi vedere che, complice la stupidità economica del tiranno e la sua vanagloria ed arroganza, Donald Trump ci libera anche di Erdogan, meglio, libera il popolo turco, senza sparare un colpo, altro che lo spettacolo deplorevole del golpe fallito organizzato da Barack Obama?
ERDOGAN TRUMP
Certo è che la rielezione del Cinghialone nel 2020, con buona pace dei nemici nazionali e internazionali accaniti e con la bava alla bocca, viene data altamente probabile, quasi certa, dai broker della City
A tre mesi dalle elezioni di Midterm e due anni dalle prossime elezioni, la riconferma del Presidente è quotata addirittura poco sopra al 2, puntando un euro se ne vincono appena più di due, per l’esattezza la riconferma di Trump viene pagata 2.35 volte la posta giocata e il più vicino degli sfidanti, Elizabeth Warren, 9 volte.
Troppo presto? Può darsi, ma è significativo del clima, soprattutto stride come un unghia su una lavagna col racconto mondiale dei media che a Trump attribuiscono un guaio catastrofico al giorno, pubblico e privato, che soprattutto dipingono il Presidente come un uomo volgare, goffo, inadeguato alla carica, insomma un infortunio della storia.
Prendiamo tre storie recenti e tre narrazioni: le primarie e le elezioni speciali che si sono tenute martedì scorso, il boom economico, le spie russe.
ERDOGAN E OBAMA IN COREA DEL SUD
Ma rileggiamo anche una interessantissima intervista al Financial Times passata sotto silenzio, guarda un po’, del mitologico Henry Kissinger, 95 anni e un cervello giovane, che ha resistito eroicamente a un intervistatore radical chic che tentava disperatamente di fargli dire qualcosa di brutto sul presidente, e che così si conclude, fulminante.
“I think Trump may be one of figures in history who appears from time to time to mark the end of an era and to force it to give up its old pretences. It doesn’t necessarily mean that he knows this, or that he is considering any great alternative. It could just be an accident”.
KISSINGER
Penso che Trump possa essere una di quelle figure che compaiono nella storia di tanto in tanto per segnare la fine di un'era e obbligarla a rinunciare alle sue vecchie ipocrisie. Non vuol dire necessariamente che ne sia consapevole o che abbia di pensato di costituire una grande alternativa. Potrebbe anche essere un accidente della storia”.
Le primarie e le elezioni speciali, ovvero anticipate perché l’eletto si ritira o ha cambiato incarico, sono state raccontate con dovizia di particolari e giustamente come un'anteprima delle tendenze dal prossimo novembre, quando si rinnovano l'intero Congresso, Camera bassa, un terzo del Senato, ben 36 governatori. In ballo da una parte la sfida dei democratici per riprendersi la maggioranza alla Camera, data da tutti per ipotesi probabile, dall'altra nelle primarie del partito repubblicano l'influenza del presidente nella scelta dei candidati suoi contro la nomenclatura a lui avversa, e finalmente con in mano lo strumento per rintuzzarne il potere.
Non è andata così, i repubblicani vincono finora le elezioni speciali e ovunque si affermano nelle primarie i candidati voluti da Donald Trump.
Dice il candidato a governatore della Georgia, Brian Kemp, che l'investitura del presidente, il suo endorsement, e’ come mettere benzina su un fuoco.
newt gingrich e moglie
Lo conferma Newt Gingrich, che del partito è stato presidente e speaker della Camera negli anni di Clinton, un grande repubblicano, il cui parere viene considerato come quello di un guru, e che ora si può incontrare per le strade del centro di Roma dove trascorre lunghi periodi per stare con la moglie Calista, ambasciatore di Trump presso la Santa Sede.
Scrive Gingrich che il messaggio più importante da ricavare dalle primarie di martedì e dalla elezione speciale in Ohio è che il partito repubblicano sta diventando il partito del presidente Trump. Spiega nell'ordine che insieme al leader della maggioranza al Senato.
donald trump newt gingrich
Mitch McConnell, ha nominato e insediato un numero record di giudici federali conservatori e attenti alla Costituzione; ha portato via da Washington una buona parte del potere è liberato le imprese con una deregulation senza precedenti; ha dato la precedenza a un taglio massiccio delle tasse che ha creato una quantità enorme di posto di lavoro e fatto crescere l'economia molto più rapidamente di quel che le élites credevano possibile; ha cominciato a ricostruire l'esercito americano dopo che in 8 anni di amministrazione Obama gli sforzi erano stati tutti volti a ridimensionarlo; ora si sta occupando del partito repubblicano, e nelle primarie trionfano i suoi candidati.
Questo significa che di qui a pochi mesi Trump disporrà di un partito completamente d'accordo con le sue iniziative politiche, che non gli farà perdere più tempo, e significa anche che le voci dei “neverTrumpers” i repubblicani che lo odiano, alla McCain e alla Bill Kristol, diventeranno del tutto irrilevanti.
bill kristol
Anche perché nelle elezioni anticipate, come quella dell'Ohio di martedì Trump dimostra la stessa capacità di cambiare il corso delle cose. Sabato mattina Infatti il riconteggio è finito, il vincitore è il candidato repubblicano, con un margine di 1200 voti di differenza.
Ora, alla vigilia del voto l'affermazione del democratico veniva data per altamente probabile, oggi che ha vinto il repubblicano, sia pur dopo un riconteggio, come mai giornali italiani piccoli e grandi, uniti nell'unico corrispondente collettivo, ci dicono che il voto mostra la debolezza del partito repubblicano, che I democratici ora sperano, che alla Casa Bianca tremano, eccetera eccetera?
Le elezioni di midTerm sono sempre terribili per il partito che governa, storicamente gli americani preferiscono dare una chance all'opposizione con la maggioranza in Parlamento, ma una cosa è certa, che l'avviso e’ indirizzato ai democratici, oltre che ai giornali ;dice che se Trump passa i prossimi due mesi in giro per il Paese a tenere comizi e assemblee, ha fondate probabilità di tenersi la maggioranza al Congresso e Senato contro l'opinione dominante che vuole la rimonta democratica per certa.
RECESSIONE
Il boom economico.
Avete fatto caso che sui giornali italiani se ne parla veramente poco? Quelli americani non commettono lo stesso errore, non potrebbero, ma tentano insistentemente di attribuire il merito dei successi di oggi a Barack Obama. Lo fanno insistentemente Washington Post e New York Times.
La teoria è sempre la stessa. È indubitabile che l'economia vada alla grande ma e’ perché, nonostante Trump, segue la via maestra indicata dal Presidente Obama.
Ma nel 2016 lo stesso Times scriveva che l'economia era avviata alla stagnazione, e più in generale tutti affermavano che la ripresa era lentissima dopo la recessione, la più lenta dei tempi della Grande Depressione. Stiamo parlando di 0,8 /0,9, non dell'attuale 4,1. Nei tre quadrimestri del 2016 la crescita del prodotto interno lordo diminuì gradualmente, e valutando la situazione degli otto anni di presidenza Obama, ci si spinge a parlare di stagnazione secolare.
Tanto che nell'agosto del 2016 a 3 mesi dalle elezioni presidenziali, lo stesso New York Times, che ora attribuisce a Obama i risultati di Trump, scriveva così “ la realtà strisciante della crescita lenta perseguiterà chiunque vinca la Casa Bianca”.
Previsione confermata da tutti, come CBS news che in settembre dichiarava che “ poiché la crescita economica americana tende al basso ormai da molti anni, molti autorevoli economisti si preoccupano che il Paese sia entrato in una spirale lunga nella quale qualsiasi ipotesi di espansione sarà più debole di quelle del passato”.
mueller trump
Ci vuole quindi una bella faccia tosta per sostenere oggi in pieno boom economico – crescita ancora più alta prevista anche per il prossimo trimestre, disoccupazione al minimo per donne, neri, ispanici, offerta di lavoro superiore alla domanda – che si tratta di un successo che viene da lontano. È il frutto di scelte drastiche di deregulation, tagli delle tasse, investimento nella spesa produttiva. Gli americani, anche quelli che non votano repubblicano e non hanno votato Trump, lo sanno, i media si sono incartati.
Le spie russe e la collusione durante la campagna elettorale e le elezioni del 2016.
Qui si potrebbe aprire un capitolo infinito, perché infinita sembra la fase istruttoria dell'indagine dello Special Counsel, e finora nessuna prova di coinvolgimento diretto del presidente è venuta fuori, solo incriminazioni e al momento un processo per un ex collaboratore del presidente, Paul Manafort, che ha lavorato alla campagna tre mesi in tutto, e i cui crimini sarebbero stati commessi entro il 2014, cioè nella preistoria rispetto alla candidatura.
trump manafort
Dall'altra parte ci sono illustri penalisti e costituzionalisti come Alan Dershowitz, ma anche un bel pezzo di partito repubblicano scatenato, che sostengono tanto che le prerogative del presidente non si possono toccare, e che per esempio licenziando un ex direttore dell'Fbi, Trump ha esercitato fino in fondo il proprio ruolo, quanto che all'interno dell'Fbi e del dipartimento di Giustizia ci sono state e in parte ci sono trame e imbrogli e falsi dossier messi insieme per portare con l'inganno a una incriminazione del presidente.
Solo che i giornali americani e tanto più quelli italiani non la raccontano così, raccontano una confusione terribile di dati, persone, sospetti, lasciando intendere che l'incriminazione e l'impeachment di Trump siano sempre e da un momento all'altro un evento possibile, anzi probabile, magari proprio alla vigilia delle elezioni di midterm.
Prendiamo allora un atto ufficiale, quello che fu annunciato proprio alla vigilia del vertice di Helsinki tra Trump e Putin e che rischio’ di mandarlo in malora.
Lo scorso 13 Luglio un Grand Jury statunitense ha depositato l’accusa formale richiesta dal procuratore speciale Muelle, in cui il GRU, l’agenzia di intelligence militare russa, viene accusata di aver attaccato il sistema e la campagna elettorale statunitense.
donna brazile hillary clinton
Solo russi, badate bene, tutti fuori dagli Stati Uniti, nessun americano, e vi ricordo anche che in precedenza è stata dal dipartimento di Giustizia e dal Congresso scartata l'ipotesi che le ingerenze abbiano alterato il risultato delle elezioni.
Prima considerazione. Se nessun americano è coinvolto, se i russi non sono nel Paese, dunque non sono perseguibili, quale valore ha, se non quello di una provocazione politica, l'atto formale?
I fatti sono noti perché vennero fuori all'epoca della Convention democratica, quando un hacker di nome Guccifer 2.0 riusci’ a entrare nei computer del comitato Nazionale Democratico e pubblico’ contenuti che avrebbero dovuto restare riservati e scambi di mail nel sito DCleaks.com.
Gli inquirenti dicono di essere riusciti a risalire all'identità di Guccifer, che sarebbe un agente russo, lui ha sempre negato di esserlo nelle dichiarazioni rilasciate in quei mesi, nelle quali tra l'altro prendeva molto in giro la fragilità del sistema di sicurezza del Comitato Democratico.
donna brazile hillary clinton
Fragilità confermata nell'indictment americano. Si tratta di una banale spearphishing email. una di quelle che ci chiedono di cambiare la password di un nostro account. Si inserisce a quel punto un malware che trasmette tutti i dati di accesso.
Tutto qui? Tutto qui, una bella figuraccia della cyber sicurezza USA.
Segue nell'atto di accusa il tipo di pagamento, sarebbero stati bitcoins, e si affermano i rapporti con WikiLeaks che però nega di aver avuto a che fare con russi.
Si tratta dunque di accesso abusivo a sistema informatico, e bene hanno fatto coloro che hanno ricordato che questo tipo di sorveglianza e spionaggio la NSA americana e la Cia li esercitano abitualmente anche con i propri alleati, anche con noi italiani, anche il presidente Obama, anzi massicciamente con lui.
In questa occasione di spionaggio dell'hacker Guccifer che cosa è venuto fuori? Che il clan di Hillary Clinton comandava sul Partito Democratico e sui responsabili del Comitato elettorale nazionale, i quali la detestavano e la definivano nelle mails una psicopatica, ma le obbedivano ciecamente, danneggiando l'altro aspirante candidato, Bernie Sanders. Fini’ che dovettero dimettersi, facendo una figuraccia, alla vigilia della convention.
Un prezzo basso rispetto alla illegalità dell'intera gestione della campagna elettorale, che la Clinton si era comprata pagando i debiti lasciati nella campagna del 2012 da Barack Obama, come poi documenterà in un libro boicottato dai mainstream media la guru democratica pentita, Donna Brazle.
Eppure, vai con le fake news!