Giuseppe Fantasia per huffingtonpost.it
raggi melandri
Giovanna Melandri prima e dopo. Nel mezzo, una pandemia improvvisa che ha fatto saltare tutto o quasi, a cominciare dai festeggiamenti che dovevano esserci dal vivo per i dieci anni del Maxxi, il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di cui ne presiede, da sette, l’omonima Fondazione.
Un museo che ha visto nascere e realizzarsi come fosse un figlio che quando cresce si smette di tenere per mano e si lascia andare, senza però farsi accorgere che si sta continuando a controllare.
Sì, perché fu proprio lei a firmare, quando era Ministro dei beni culturali nel 1998, la legge istitutiva di un Centro per le Arti Contemporanee. “Ho raccolto il testimone da Walter Veltroni, cui Beniamino Andreatta, ministro della Difesa, aveva ceduto le ex caserme di via Guido Reni proprio per realizzare il Centro”, spiega Melandri all’HuffPost.
MELANDRI MAXXI
Fu Veltroni a indire il Concorso internazionale e a nominare la Commissione presieduta da Daniele del Giudice che scelse tra i progetti di archistar di tutto il mondo proprio quello visionario di Zaha Hadid”. Dall’approvazione della legge istitutiva all’apertura del cantiere, passarono dieci anni, “troppi, perché i governi successivi, è oggettivo dirlo, tagliarono i fondi”.
“Quegli spazi – continua - aprirono quindi solo nel 2010, trasformati completamente da quel genio di Zaha che continua ad esser presente, idealmente, con noi”. “Fui poi chiamata nel 2012 e la prima cosa che pensai fu: realizziamo quello che avevamo pensato, un’istituzione di diritto privato come la Biennale e la Triennale, vigilate sì dal ministero per i Beni e le Attività Culturali, ma con una forte autonomia, perché c’era l’idea della costruzione di un’istituzione unica nel panorama italiano, tra arte e architettura”.
giovanna melandri luca bergamo foto di bacco
“Più che essere una storia personale – aggiunge - il Maxxi è sicuramente una storia dal forte segno istituzionale”. Mentre ci parla, apre la finestra del suo luminosissimo ufficio che è proprio davanti al museo - che per l’occasione si è rifatto il look senza esagerare (il cemento è stato tirato a lucido) – su cui spicca la grande opera al neon More Than Meets The Eye di Maurizio Nannucci, acquisita grazie al contributo degli Amici del MaXXI.
Dopo il lockdown passato con un palinsesto online (#iorestoacasa) che ha avuto quasi quattordici milioni di visualizzazioni, il museo – che ha riaperto dal 22 maggio scorso - ha celebrato i suoi dieci anni con un grande festival, “Una storia per il futuro”, una maratona digitale durata dieci ore con oltre quindici mila visualizzazioni sulla funzione dei musei e il futuro della creatività post Covid-19, con Renzo Piano, premiato alla Carriera, Rem Koolhaas, David Adjaye, Michelangelo Pistoletto, Tomas Saraceno, Nico Vascellari e molti altri.
fausto bertinotti giovanna melandri foto di bacco
“Celebriamo questi primi dieci anni proprio per sviluppare idee, proposte, modelli per i prossimi dieci”, precisa la Melandri e ora più che mai siamo convinti che occorra rafforzare l’anima sociale, educativa e di ricerca delle istituzioni culturali.
Con questo festival, poi, abbiamo voluto riflettere insieme sull’identità dei musei nazionali e globali, sul ruolo che possono avere per contribuire a realizzare un mondo nuovo che è possibile anche grazie alle intuizioni, ai bagliori, alle visioni di artisti, architetti, creativi che hanno dimostrato una generosità straordinaria senza essere ed è proprio per questo motivo che si deve far qualcosa affinché siano remunerati anche online”.
giovanna melandri
Nella piazza, nel frattempo, ritorna la vita tra visitatori, il Campus estivo per i bambini che è sold out, il bar e il nuovo ristorante Mediterraneo in attesa di Estate al MAXXI, il programma con appuntamenti di cinema, libri, teatro e musica.
Dieci anni del Maxxi nel post lockdown: come si può essere utili in questa fase di passaggio?
Il museo è un’istituzione al servizio della società e del suo sviluppo, lo dice l’Icom (l’International Council of Museums, ndr). Per questo abbiamo privilegiato la funzione sociale del museo e abbiamo deciso di riaprire gradualmente, cominciando dal Centro Archivi e dalla Biblioteca dove si può andare a studiare in sicurezza, poi la mostra dedicata a Gio Ponti (“Amare l’Architettura”, ndr), continuando con Real_Italy e At Home, la mostra sulla casa post Covid-19 - multitasking, tecnologica, ecologica e poi Casa Mondo, la prima mostra tutta digitale su Instagram - cercando di fornire un servizio alle famiglie e ai giovani e con un occhio di riguardo verso il pubblico, proponendo alla riapertura un biglietto Open, di costo minore e valido fino al 31 dicembre prossimo.
MELANDRI
Il colpo del coronavirus è stato comunque molto forte e ci ha danneggiati anche perché consideri che la metà del nostro pubblico è internazionale.
Impossibile, immaginiamo, fare adesso un bilancio in tal senso, ma qualche previsione?
Il danno effettivo non lo sappiamo ancora, lo potremo dire alla fine dell’anno, ma abbiamo immaginato quasi -3 milioni di euro di entrate tra biglietti non staccati e sponsor che hanno deciso giustamente di orientarsi altrove per altre emergenze e circa un milione di costi in meno. Il lavoro dei nostri dipendenti l’abbiamo comunque difeso con la cassa integrazione un solo giorno a settimana e tutti loro sono stati mantenuti. Chiediamo comunque al Governo un aiuto maggiore in tal senso.
maxxi gioponti amarelarchitettura
Il Maxxi è oggi un ente di ricerca, un’istituzione autonoma e indipendente, un luogo in cui gli artisti, architetti, creativi contemporanei espongono inquietudini e interrogativi: i suoi quali sono?
Ho iniziato a fare politica a ventiquattro anni con Legambiente. Prima di essere eletta nel 1994 la mia militanza era lì, nell’ambientalismo italiano, ho partecipato alla delegazione degli ambientalisti alla conferenza di Rio del 1992 e ho scritto anche il mio primo libro in cui un capitolo era dedicato all’effetto serra, anticipando un tema. Le mie inquietudini dal ’90 sono arrivate al 2018, quando, nella mostra Low Form.
giovanna melandri foto di bacco
Immaginari e visioni nell’era dell’intelligenza artificiale, un percorso immersivo, multimediale e multisensoriale, l’artista polacca Agnieszka Polska, in un video con il sole parlante fece vedere in maniera commovente l’effetto serra e la congiunzione della crisi climatica, dell’ingegneria genetica, degli effetti sul vivente e della grande questione dell’antropocene.
Quando trovo artisti che ci restituiscono questi temi toccando i precordi antropologici e psichici del nostro domandarci che umanità vogliamo essere - ecco - lì c’è inquietudine, ma anche il senso di un buon lavoro che stiamo facendo. In questi dieci anni tanto è stato fatto, e tanto c’è da fare, non ci si ferma.
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Difficoltà?
La cosa più difficile e affascinante è stato pensare a un progetto che definisse l’identità del museo. Oggi c’è ed è fatto di cinque grandi filoni. Il primo è l’idea che non esiste più la ricerca artistica, architettonica e creativa che non sia legata alla ricerca in altri campi: interdisciplinarità e dialogo tra i diversi saperi sono spesso alla base delle nostre mostre.
Giovanna Melandri
Secondo filone, molto voluto da Hou Hanru (direttore artistico del Maxxi, ndr), è che siamo uno strumento di diplomazia culturale, non da vetrina, perché vogliamo indagare e fare ricerca sui fermenti e su quello che sta avvenendo nel Mediterraneo, in Medio Oriente e attorno a noi.
maxxi – gio ponti concattedrale taranto cortesy gio ponti archives
Le mostre dedicate all’Iran, a Istanbul, a Beirut, all’Africa e ai Balcani si basano su una ricerca, non le prendiamo da altri. Non possiamo pensare alla nostra funzione geopolitica nel Mediterraneo senza strutturare una funzione di valorizzazione e di crescita sul piano della cultura. Il terzo filone è dare voce e forza nel sistema dell’arte contemporanea, agli artisti italiani e questo lo stiamo facendo in molti modi. In tal senso, abbiamo fatto crescere e diventare internazionale il Premio Maxxi per il sostegno ai giovani artisti, affiancati da Bulgari.
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L’architettura è il quarto – abbiamo il compito di conservare gli archivi storici del Novecento, che diventano poi grandi mostre di ricerca suiarchitetti – e il quinto è fotografia. Quando sono arrivata qui, Margherita Guccione (oggi nuovo direttore generale della Creatività Contemporanea al Mibact, ndr), aveva fatto già avuto l’intuizione di iniziare una piccola collezione di fotografi iniziata con Gabriele Basilico, continuata con Letizia Battaglia, Luigi Ghirri, Paolo Pellegrin, Paolo Di Paolo, Giovanni Gastel e l’anno prossimo con Sebastiao Salgado. Le dirò di più.
Dica pure.
L’Italia è un Paese strano, ma che amiamo tutti, dove è tanto faticoso costruire istituzioni collettive e identitarie. Costruire un’identità attorno a filoni di ricerca per i quali sappiamo essere necessari anni non è stato semplice, per rispondere alla sua domanda.
Qual è - o almeno - quale dovrebbe essere, la funzione di un museo nazionale?
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Aiutare e sostenere il sistema, non certo cannibalizzarlo. Il mio obiettivo era di far viaggiare il marchio del Maxxi nel mondo, un museo che ha una doppia anima: arte e architettura.
Altro grande obiettivo è stato quello di rafforzare la nostra collezione. Siamo un laboratorio di futuro e di ricerca, ma c’è la nostra collezione che, malgrado il nostro bilancio piangesse, è visitabile oggi quattro volte alla settimana gratuitamente secondo il modello internazionale, dalla National Gallery al Metropolitan e molti altri.
È stato giusto, perché abbiamo dato valore alla missione fondamentale che è memoria del contemporaneo. La collezione è questo e c’è ancora molto lavoro da fare, non sono ancora contenta. Non mi paragono certo alla Tate o al Beaubourg, ma al Reina Sofía sì. Se è vero che la povertà sprigiona l’ingegno, negli ultimi anni abbiamo organizzato e allestito le mostre acquisendo e producendo, producendo e acquisendo. Ogni mostra ha prodotto un’acquisizione importante. Oggi nella collezione permanente ci sono 531 opere di artisti nazionali e internazionali che sono più che raddoppiate in sette anni e il cui valore patrimoniale è più che triplicato.
john armleder al maxxi
Guardando le mostre degli ultimi tempi emerge l’attenzione anche per la dimensione della ricerca spirituale: perché?
L’esempio calzante in tal senso è la mostra “della materia spirituale dell’arte”, dedicata a una grande storica dell’arte che ci ha lasciato, Lea Mattarella, perché è con lei che ho cominciato la conversazione su questi temi. Mi interessa molto la dimensione della ricerca spirituale, perché è una grande funzione dell’arte. L’arte è politically engaged, non c’è dubbio, ma è anche fatta dimensioni più sottili e nascoste, spirituali appunto, psichiche, a cui noi dobbiamo dare voce. Il Maxxi non è un posto ideologico. L’ideologia deve stare lontana. La libertà – di ricerca, di pensiero – e la critica sono ammesse, ma non il pregiudizio.
remo salvadori al maxxi
Alle critiche, che ci sono ovviamente state e su più fronti in questi anni, lei come ha reagito?
Ho reagito andando avanti. All’inizio non è stato facile.
Perché all’inizio alcuni dicevano che lei non fosse credibile al Maxxi? Perché tanti ce l’hanno avuta e ce l’hanno con la Melandri?
Tutte le polemiche sono ormai alle spalle, contano i risultati. Non so quanto fosse una questione personale, ma tendo a pensare che fosse più una questione del clima generale che si respirava in questo Paese. L’invidia è il male del nostro tempo, ma non è solo questo.
SEAN SCULLY al Maxxi
Col populismo, poi, siamo entrati in una stagione in cui chiunque avesse esercitato una funzione politica - che io, tra l’altro, quando fui chiamata al Maxxi avevo già lasciato e avevo deciso di occuparmi di Human, la fondazione che avevo creato sui temi della finanza sociale, e non avevo affatto intenzione di ricandidarmi - in una stagione diversa, ad esempio quella del ‘Vaffa’, non era credibile”.
Più di tre milioni di visitatori, quasi tredici milioni di incassi in dieci anni: i “vaffa” adesso li dice lei a loro?
giovanna melandri carlo fuortes foto di bacco
No, io non lo dico perché non è una mia parola, ma “leggéteve i numeri sì”, posso dirlo spontaneamente (ride, ndr). I numeri parlano, anzi, dovrebbero parlare di più in tutte le cose che fa questo Paese. Stando allo Spectator Index, indicatore importante che guarda l’economia, la cultura, la scienza e la tecnica prima del Covid-19, noi in Italia eravamo sempre su. Un motivo ci sarà. Tra le altre cose, occorre alimentare questo sistema di produzione contemporanea che ci rende ancora ai primi posti del mondo.
documentario proiettato al maxxi (20)
Presto ci sarà anche una sede del Maxxi a L’Aquila: quando l’apertura?
Il merito del Maxxi a L’Aquila va a Franceschini che decise che Palazzo Ardinghelli, ferito dal terremoto, tornasse a nuova vita, che fosse restaurato con i soldi della federazione russa e divenisse la nostra sede distaccata. Il modello è quello della Tate Liverpool. Faccio questo confronto con altre realtà museali nel mondo per dare l’idea che c’è un’istituzione che diventa strumento di rigenerazione urbana, come il Guggenheim, il Beaubourg e altri. Da Roma in giù c’è una potenzialità di rigenerazione urbana tramite la cultura, possiamo aiutare questi processi e aprire altri Maxxi.
carlotta sami jesus garces lambert paola acquaviva massimo sestini giovanna melandri marta bertolini foto di bacco
Noi siamo pronti e Franceschini sa che ci siamo e che ci sono, ma è importante sottolineare che non vogliamo ripetere Dubai, ma solo pensare che il polo nazionale abbia una funzione rigeneratrice sui territori, quello sì. L’Aquila è molto più di questo. L’apertura dell’edificio restaurato è fissata al primo week end di settembre e il pubblico potrà visitarlo, mentre tra il 28 e il 29 ottobre lo apriremo. Stiamo facendo il possibile, perché il lockdown ci ha impedito di aprire come previsto in questo periodo, ma riusciremo ad onorare questo impegno.
Ci dica un difetto del Maxxi.
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Ce ne sono tanti, non abbiamo mai nascosti i nostri difetti, è anche questo il bello. Uno di quelli che stiamo cercando di correggere è che dobbiamo lavorare più con Roma. Qualcosa è stato fatto visto che nel 2019 i romani che hanno visitato il museo sono passati dal 26% dell’anno precedente al 34%. Questa città non lo vive ancora come un luogo suo, ma dopo questa pandemia qualcosa cambierà.
La sindaca Raggi non viene ai vostri eventi. Perché?
intrvento di giovanna melandri foto di bacco
Questa è una domanda da fare a lei. Ho sentito spesso l’assessore Bergamo e altri suoi assessori, abbiamo idee e progetti da fare con la città. Non abbiamo però un rapporto di governance col Comune, ma anche se siamo un’istituzione nazionale e internazionale, stiamo a Roma. Molti capi di Stato sono stati qui in visita, e anche grandi artisti, architetti e star internazionali di ogni settore. Il museo è amato e visitato.
Cosa le chiederebbe se ne avesse la possibilità?
Sarebbe molto importante che anche la città di Roma riconoscesse il ruolo di questa istituzione che oltre a essere internazionale, ha radici e cuore a Roma. Sarebbe poi giusto e auspicabile che il Comune di Roma divenisse socio del Maxxi.
Lei è nata a New York e poi è tornata in Italia: la sente questo suo pezzo di identità un po’ anglosassone?
al maxxi
Sì, devo dirle la verità. Sono italiana, papà emiliano romagnolo giornalista e dirigente Rai, madre torinese, Cesarina Minoli, oggi 96enne, che ha deciso di scrivere il suo primo libro a 83 anni e il secondo a 93. Sono tornata in Italia che avevo due anni e mezzo ma, come dico sempre, ho bevuto il primo latte. Ho fatto scuole e università qui. Continuo ad avere questa doppia cittadinanza: lì ho votato per Obama, qui non serve dirlo perché si sa.
Cosa ha provato quando ha vinto Trump?
MAXXI
Ho pianto. Questo è un presidente che divide l’America: c’è un Paese che fa paura, che combina in sé alcuni tratti dell’America profonda, ma c’è anche Black Lives Matter che si diffonde ogni giorno di più e crea comunità attorno a valori e diritti imprescindibili.
Cosa le hanno insegnato gli Stati Uniti?
Mi hanno insegnato il valore enorme del pragmatismo, di quanta visione possa essere condensata nella buona amministrazione. Da questo punto di vista gli americani sono più bravi di noi. Se il tuo vicino di casa ha avuto successo, ti vanti perché è il tuo vicino di casa. Qui invece, non ci vantiamo e pensiamo subito che ci deve essere qualcosa sotto, o l’invidia di cui sopra.
Cosa non le piace qui in Italia?
GRAND HOTEL COLOSSEO - MAXXI
Qui soffro questo assetto istituzionale in continua trasformazione, il grande errore di Renzi sulla riforma costituzionale, il non aver spacchettato quel referendum che è stato un errore storico. Per avere pensieri lunghi, una visione strategica e una capacità riformatrice ci vuole anche la stabilità di governo. Da soli non si può fare nulla.
Occorre, quindi, un buon team, ma soprattutto efficiente: qui da lei al Maxxi c’è?
Ho un team che ha elaborato collettivamente una visione e che è composto da moltissime donne. Mi considero capace di elaborare visioni collettive. So costruire le squadre, l’ho sempre fatto, lo faccio anche per la Human Foundation. Do &Think tank per l’innovazione sociale, la fondazione che si occupa di investimenti a impatto sociale, che affianca imprese sociali in Italia e costruisce progetti di finanza ad impatto sociale e ambientale. “Do” è quello che viene fuori: è il pragmatismo di cui le dicevo. Do and think: lo potrei dire anche per il Maxxi. Al Maxxi, nonostante i tempi difficili, si può fare.
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Un claim potente: vale anche per lei?
“Certo, vale anche per me”.
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