Andrea Morigi per “Libero Quotidiano”
SCONTRI TRA GITANI E AFRICANI A ROQUETAS DE MAR
Ci hanno pensato gitani e subsahariani a chiudere i conti con l'utopia della convivenza fra etnie diverse. Hanno fatto tutto da soli, senza l' intervento della popolazione spagnola, che stava festeggiando il Natale nella località andalusa di Roquetas de Mar.
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Poco più in là, invece di contemplare il presepe, si combatteva la guerriglia urbana. La notte è stata illuminata dalle automobili incendiate e dalle fiamme delle bottiglie molotov lanciate sulle strade, mentre risuonavano le grida e il clangore dei cartelli stradali, divelti e utilizzati come armi, nel quartiere di Cortijos de Marin, dove risiedono i presunti assassini di un immigrato quarantunenne della Guinea Bissau.
Lo avevano accoltellato a morte, durante una lite per un incidente stradale, scatenando la reazione della comunità africana locale, composta da 3mila persone, che è scesa in piazza accusando gli zingari del delitto. Soltanto una trentina di loro si sono abbandonati alla violenza spiega il prefetto Antonio Sanz minimizzando l' episodio come un «fatto di pura delinquenza», che non può «essere inteso o etichettato in un ambito di xenofobia».
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Excusatio non petita, in un contesto nel quale risiedono persone di 110 nazionalità e dove si concepisce l' interscambio culturale come sinonimo di insurrezione. Le autorità cercano di riportare la calma fingendo che la situazione sia del tutto ordinaria e che il processo d' integrazione degli stranieri sia riuscito.
Se lo fosse, per sedare la rivolta e mantenere l'ordine pubblico, sarebbe stato sufficiente l' intervento dei 40 uomini della Guardia civile locale. Invece, si è reso necessario l' invio di altri 60 militari di rinforzo da Madrid, Siviglia e Valencia. Finora sono state arrestate quattro persone, accusate di aver partecipato ai disordini, ma si dà ancora la caccia agli autori del delitto che ha provocato il caos.
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Sul piano politico, in Spagna prevale ancora la ricetta ormai fallita del multiculturalismo. Il sindaco ex comunista di Madrid, Manuela Carmena Castrillo, si adegua e mette sullo stesso piano il ramadan islamico, il capodanno cinese e la settimana santa cattolica. I tre eventi saranno finanziati in parti uguali, ognuno con 150mila euro, dalle casse del Comune, senza alcuna distinzione fra il culto che appartiene alla maggioranza degli spagnoli e le tradizioni delle minoranze religiose ed etniche.
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Contro il relativismo culturale, nel resto d'•Europa si schierano invece alcune popolazioni meno sensibili al richiamo del politicamente corretto. Il primo segnale di rivolta era arrivato, sempre a Natale, dalla Corsica, dove per il secondo giorno consecutivo centinaia di persone hanno marciato nei quartieri musulmani di Ajaccio scandendo slogan come «Questa è la nostra casa!» e «Fuori gli arabi», sfidando il divieto di manifestare imposto dalle autorità dopo le violenze anti-arabi culminate nella devastazione di un centro islamico. «Combattiamo contro la feccia, non contro gli arabi», uno degli slogan urlati dai manifestanti. Il governatore dell' isola, Christophe Mirmand, sabato scorso aveva proibito ogni tipo di protesta o raduno almeno fino al 4 gennaio.
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In Germania, nel frattempo, oltre a concretizzarsi in un sempre maggior consenso verso Alternative fur Deutschland, la reazione alle aperture della cancelliera Angela Merkel compie un salto di qualità. Diversi centri di accoglienza per rifugiati africani e siriani sono stati attaccati due giorni fa a Guben, nello stato tedesco del Brandeburgo. Gli assalitori hanno mandato in frantumi diversi vetri degli edifici adibiti a centri di accoglienza e urlato slogan contro gli stranieri, riuscendo poi a darsi alla fuga.
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Nella vicina Sassonia, il premier Stanislaw Tillich, della Cdu, ha criticato gli attacchi xenofobi responsabili, ha detto, di aver danneggiato la reputazione della regione. Ora, dichiara, «servirà tempo per riparare i danni» subiti come conseguenza degli attacchi condotti negli ultimi mesi da parte di «un gruppo di gente che semina odio e sentimenti xenofobi». Un bell' esame di coscienza, forse, gli potrebbe indicare che era inevitabile che la politica dell' accoglienza indiscriminata producesse degli anticorpi sociali.
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