rupert murdoch
1. FACEBOOK VUOLE AIUTARE GLI EDITORI: SE FALLISCONO, CHE COSA PUBBLICHERÀ?
DAGONOTA - Facebook ha annunciato di voler aiutare gli editori a vendere abbonamenti alle loro testate attraverso il social network, aggiungendo che non vorrà una fetta delle somme pagate dagli utenti, né scipperà i dati dalla transazione (tipo quelli personali, della carta di credito, quelli che rivelano i gusti dell’utente ecc.).
Iniziano dunque a emergere i dettagli del piano di Mark Zuckerberg, che cerca di venire incontro agli editori dopo la loro fuga dagli instant articles, buoni a portare molto traffico a lui e pochi introiti pubblicitari a loro.
chelsea flower show jerry hall e rupert murdoch
Il genietto di Menlo Park ha capito che non gli conviene portare i produttori di contenuti al fallimento: nonostante il suo continuo correggere l’algoritmo per mostrare un maggior numero di post privati e foto di amici, molti utenti usano Facebook come un grande aggregatore di notizie (Google da tempo ha pensionato il suo feeder RSS e Twitter fatica ad aggiungere nuovi utenti). Se spariscono quei contenuti, ci restano solo fotografie di piatti in tavola e selfie photoshoppati.
2. "TASSATE GOOGLE PER LE NOTIZIE" - LA RICHIESTA DI MURDOCH E DEL GRUPPO TEDESCO SPRINGER, L' EUROPARLAMENTO NE DISCUTE
Paolo Mastrolilli per La Stampa
Imporre una tassa a Google News, per farle pagare gli articoli degli altri media che offre gratis online ai propri utenti. È l' ultima proposta avanzata in Europa, nell' ambito della discussione per riequilibrare il mercato dell' informazione.
axel springer
I giganti di Internet e dei social, come appunto Google e Facebook, offrono gratis gli articoli dei giornali, e poi incassano i profitti della pubblicità. Gli altri media così restano senza ricavi, tanto dalle sottoscrizioni dei siti, quanto dall' advertisement.
All' inizio di luglio la News Media Alliance, che riunisce oltre 2000 testate americane e canadesi, ha chiesto al Congresso di intervenire, cambiando le leggi antitrust per consentirle di negoziare come un cartello i compensi per l' uso dei contenuti dei suoi soci. Facebook ha risposto che dall' autunno lancerà un' iniziativa per facilitare le sottoscrizioni ai siti, ma è chiaro che questo non basta, perché il grosso dei profitti sta nella pubblicità.
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In Europa il dibattito è più avanzato. A giugno Bruxelles aveva imposto una multa da 2,4 miliardi di euro a Google perché violava le regole della competizione, ma ora c' è una nuova proposta in favore della quale si sono alleati grandi gruppi come il tedesco Springer e la Newscorp di Mudorch. Si tratta di una tassa che verrebbe imposta al colosso della Silicon Valley come ricompensa per gli articoli degli altri offerti gratis.
ZUCKERBERG
A spingerla, secondo la France Presse, c' è anche la European Alliance of News Agencies, che ha pubblicato questa dichiarazione: «L' uso non autorizzato del contenuto mediatico sta minacciando l' accesso sostenibile dei cittadini alle notizie di qualità. È cruciale che vengano tutelati i "neighbouring rights" delle agenzie e degli altri editori, coprendo tutta l' attività sul web».
Con «neighbouring rights» si intende appunto l' obbligo delle piattaforme online di pagare per i materiali sottoposti al copyright che usano. L' ipotesi dunque sarebbe quella di imporre una tassa a monte, che costringerebbe aziende come Google o Facebook a dare comunque un loro contributo per i contenuti prodotti da altri e offerti gratis.
La proposta ha appena cominciato il suo percorso nel Parlamento europeo e la discussione è ancora aperta.
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Francia, Spagna e Germania la sostengono, mentre Gran Bretagna, Irlanda e Paesi nordici sono contrari. Per essere approvata, avrebbe bisogno di una maggioranza che rappresenti almeno il 65% della popolazione dell' Unione. Google naturalmente si oppone, e un esperimento simile era fallito in Spagna, quando l' azienda di Mountain View aveva risposto alla tassa chiudendo il suo aggregatore di notizie.
Secondo la France Press, tre commissioni dell' Europarlamento hanno già approvato una versione di questa proposta, ma quello degli Affari Legali deve ancora decidere.
L' obiettivo sarebbe di arrivare ad un testo condiviso tra la fine del 2017 e l' inizio del 2018.