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    NO COPY! - LA PIRATERIA IN ITALIA NEL 2011 È COSTATA TRA 3,75 E 5,6 MILIARDI DI EURO


     
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    Mauro Masi per MF-Milano Finanza

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    Qualche settimana fa in questa Rubrica si è tentato di quantificare il valore della pirateria multimediale in Italia fornendo una cifra (circa 2 miliardi di euro/anno) che merita ora una più ampia declinazione.

    Come si è detto, è sempre molto difficile stimare in modo attendibile fenomeni che provengono da illeciti; in questo caso la difficoltà è ampliata anche da notevoli incertezze (sia in diritto, sia nella prassi) sulla nozione stessa di pirateria multimediale.

    Secondo la migliore dottrina, per pirateria digitale (o multimediale) deve intendersi qualsiasi attività di riproduzione, duplicazione e distribuzione non autorizzata di prodotti digitali audiovisivi tutelati dal diritto d'autore ovvero la commercializzazione, effettuata in qualsiasi modo, anche a mezzo della Rete, di supporti contenenti musica, film o programmi software protetti da copyright, nonché la visione illegale di programmi televisivi protetti da diritti.

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    Le moderne tecnologie permettono con facilità, ed a costi irrisori, la duplicazione di un'opera, identica all'originale, in un numero indefinito di copie; quando necessaria, è possibile la preventiva decrittazione, ad opera di hacker, del codice di protezione dei supporti originali (es.: DVD), per riversarne il contenuto in un disco all'interno di un PC.

    Su Internet si trovano gratuitamente disponibili dei programmi che "comprimono" i files contenenti le opere tutelate in modo da poterli memorizzare su computer e quindi di scambiarli più velocemente in Rete; i programmi di file-sharing o di condivisione dei files, più diffusi sono quelli dominanti E-mule, b-torrent o kazaa ed altri.

    Non è raro che copie non autorizzate di opere vengano effettuate con la complicità di persone che lavorano nelle fasi di post-produzione (per i film, ciò può avvenire anche nelle sale di doppiaggio).

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    Fin qui il perimetro della pirateria multimediale, fenomeno che si affianca nelle statistiche ufficiali al dato della contraffazione che invece è riferito alle violazioni delle norme nazionali ed internazionali sui brevetti, marchi e/o disegni industriali.

    C'è da dire con chiarezza che anche in Italia contraffazione e pirateria costituiscono un area di investimento per la criminalità organizzata ad alto rendimento in rapporto al rischio valutato molto basso anche perché da noi l'opinione pubblica ha - per molto tempo e, sostanzialmente, tutt'ora - considerato con indulgenza il fenomeno, come un reato "minore" o addirittura un non-reato.

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    E ciò al di là dello sforzo lodevolissimo e crescente delle Forze dell'ordine e delle Istituzioni preposte. A questo riguardo, una stima attendibile realizzata sui beni sequestrati in Italia nel triennio 2009-2011 relativi a merci piratate e/o contraffatte spinge ad una quantificazione complessiva del fenomeno intorno ai 3,3 miliardi di euro all'anno.

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    Utilizzando un'altra procedura si hanno stime diverse. E cioè se si considera che il dato relativo alle merci sequestrate relative alle sole violazioni del diritto d'autore/copyright per il 2011 vale tra i 1,5 e 2 miliardi di euro e che tale settore nella media del triennio 2009/2011 vale tra il 35 e il 40% del totale, si può stimare il dato complessivo della pirateria e contraffazione in Italia nel 2011 in una cifra compresa tra un minimo di 3,75 ad un massimo di 5,6 miliardi di euro annui.

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    Una cifra enorme (per dare un'idea, più dei proventi della vituperata IMU in un anno) e che grava pesantemente sul nostro sistema economico in termini di costi diretti e di costi opportunità nonché in termini di una sempre crescente perdita di posti di lavoro.

     

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