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    ORMAI SIAMO AL "CRIMINE DI SUSSISTENZA" - UN BARISTA DI TORINO È STATO BECCATO A SPACCIARE COCA E AL GIUDICE HA SPIEGATO LA RAGIONE: "TRA LOCKDOWN E DEBITI NON CE LA FACEVO PIÙ. DOVEVO MANTENERE LA MIA FAMIGLIA E HO INIZIATO A SMERCIARE DROGA" - A CASA DELL'UOMO, LA POLIZIA HA TROVATO OTTO INVOLUCRI DI COCAINA E 2.300 EURO IN CONTANTI...


     
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    Massimiliano Nerozzi per www.corriere.it

     

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    La motivazione non è ovviamente una giustificazione — e men che mai una scriminante — ma potrebbe dare l’idea della disperazione: «Ero pieno di debiti, con il bar chiuso a lungo, e dovevo mantenere la mia famiglia», racconta l’uomo al gip Stefano Vitelli, dopo l’arresto per spaccio.

     

    A fine marzo, i poliziotti della squadra Volante avevano bussato a casa sua, trovando otto involucri contenenti cocaina, una bustina con lo stesso stupefacente e 2.300 euro in contanti, in camera da letto.

     

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    «Ero disperato e mi sono messo a spacciare», confessa lui, italiano, poco più di 60 anni e nessuna assidua frequentazione con il codice penale, come capita invece spesso in questi casi: anzi, un solo precedente, risalente al 3 gennaio 2006, per piccolo spaccio. Patteggiò un anno di reclusione, con sospensione condizionale della pena.

     

    Da lì in poi ha sempre rigato dritto, fino a questi mesi di lockdown quando il bar, poco distante da Porta Palazzo, è spesso rimasto con la serranda giù, facendo crollare gli incassi: «Non ce la facevo più».

     

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    Se la famiglia era riuscita a sopravvivere durante la prima zona rossa, nella primavera dell’anno scorso, il bilancio casalingo è precipitato con le serrate a singhiozzo.

     

    Sposato, con due figli, uno dei quali già grande, non sapeva come far quadrare i conti. E così, nel momento più cupo, ha purtroppo imboccato la strada sbagliata. L’opportunità gli è arrivata da qualche cliente del locale, «e da queste parti capita», come ha fatto capire al gip, al fianco dell’avvocato Enrico Moschini

     

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    Del resto, la zona è ad alta densità di pusher, nonostante il locale sia verso via Milano e non corso Giulio Cesare: insomma, non dev’essere stato difficile trovare il gancio giusto. Si sarebbe dunque procurato un po’ di droga, per poi rivenderla.

     

    «Capire come funziona non è stato difficile». Chissà se poi, all’atto pratico, l’ha fatto un po’ troppo maldestramente, come un novello protagonista da «Breaking bad», di certo la voce s’è sparsa nel quartiere.

     

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    In fondo, basta un movimento, una mossa, una chiacchiera sbagliata. O un’attività appariscente, o invadente. Perché poi, gli agenti sono andati quasi a colpo sicuro: «Segnalazione di fonte confidenziale», c’è scritto all’inizio di due paginette di verbale.

     

    È così che i poliziotti della squadra Volante si sono presentati nell’appartamento del barista, per fare una perquisizione dall’esito già scritto. In camera da letto sono infatti saltati fuori otto dosi di cocaina, già pronte per essere vendute, per un totale di sei grammi, e in più un altro sacchetto con lo stesso stupefacente, per altri 80 grammi circa.

     

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    Continuando la ricerca, i poliziotti hanno ritrovato anche il presunto incasso dello spaccio, ovvero 2.300 euro in contanti. Anche se — secondo la versione difensiva — almeno 5-600 sarebbero risparmi della moglie, che ha un regolare lavoro.

     

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    Inevitabile la conclusione: l’uomo, grande e grosso, in senso letterale, è finito in manette con l’accusa di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, ed è ora in custodia cautelare alle Vallette. Dopo che il gip ha convalidato l’arresto e accolto la richiesta del pubblico ministero di turno, Enrico Arnaldi di Balme.

     

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    Al barista, durante l’udienza, non è rimasto che ammettere quel che già i fatti narravano, aggiungendo il perché, in poche parole: «Ero disperato, e non ce la facevo più ad andare avanti».

     

    Adesso valuterà il da farsi con il proprio legale, sperando di ottenere gli arresti domiciliari, il che non sarà semplice: a volte, in questi casi, il giudice non li concede se l’unico indirizzo possibile è quello del proprio domicilio. Che ero lo stesso indirizzo dello spaccio.

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