DAGONEWS
IL PD TRA IL GRILLINO ZINGARETTI E L'ETERNO FRANCESCHINI
dario franceschini e nicola zingaretti alla finestra dell'abbazia di contigliano 5
È in atto un grande riposizionamento nei partiti. Nel Pd la debolezza di Zingaretti la vedono tutti, ma fanno finta di non ''vedere'' l'accordo che il segretario siglò con Franceschini alla nascita del governo Conte-bis, ben conoscendo la capacità della volpe democristiana di fare fuori tutti i galletti del pollaio democratico.
Il patto, in soldoni: Zingaretti si occupa del partito, Franceschini comanda dentro al governo. Se poi ci sarà aria di promozione al colle più alto, l'ambizione malcelata di Su-Dario, il segretario non mancherà di dare tutto il suo sostegno.
franceschini zingaretti
Non a caso quando è partito il missile da Bergamo, con Giorgio Gori che chiedeva la defenestrazione di Zingaretti, Franceschini ha subito offerto il suo corpo a difesa del leader per mancanza di leadership.
Ma non è solo il marito di Cristina Parodi a credere che il partito si stia suicidando, con Zingaretti che ormai si fa sentire solo quando bisogna difendere Conte (mentre nel M5s sono decisamente più tiepidi), e il Pd che non cresce di mezzo punto nei consensi, anzi ne fa guadagnare agli alleati.
NICOLA ZINGARETTI GIORGIO GORI
Anche l'ala degli ex renziani, i Lotti e i Marcucci, rumoreggia: possibile che più stiamo al governo e più portiamo acqua al mulino grillino, che era invece stato prosciugato da Salvini? Persino tra gli ex DS come Gualtieri, Amendola, Fassino, l'idea è che va benissimo l'alleanza (ti credo, li fa governare col 18%), ma qualche critica a Conte ogni tanto si potrebbe anche sussurrare.
IL MOVIMENTO 5 STELLE SI SPACCA PER NON MORIRE CASTA?
fico grillo di maio
Nel Movimento il riposizionamento è ancora più netto: gli attacchi del redivivo Dibba e la reazione fortissima di Beppe Grillo hanno convinto i parlamentari a serrare i ranghi. Ormai le fazioni di Di Maio e Fico sono unite in vista del voto del MES, pronte a tenere in piedi il governo con il pronto soccorso azzurrino di Forza Italia. Mes più Berlusconi Un'alleanza renderà ancor più indigesto il voto a molti grillini, che Conte cerca di rimandare il più possibile.
grillo e conte
Gli Stati Generali servivano proprio a questo. A dare l'idea ai leader europei che il governo italiano sia molto affaccendato nel decidere misure concrete e riforme travolgenti. Un teatrino con qualche ripresa sui giornali stranieri per convincere gli elettori olandesi e austriaci che l'Italia non sta qui a cazzeggiare ma è pronta a ricevere i soldi del Recovery Fund perché ha fatto i compiti a casa, triste espressione montiana che resta però validissima.
GIUSEPPE CONTE INCONTRA BEPPE GRILLO
Il problema di fondo non cambia: prima di erogare i quattrini del RF, che tanto arriveranno non prima del 2021, l'Italia deve mettere la sua firmetta sotto al Mes. I tempi sono un elemento cruciale: ciascuna parte proverà a chiudere il suo accordo prima dell'altro per portare a casa il trofeo. Conte dalla sua ha Merkel e Macron, che stanno lavorando ai fianchi Rutte affinché faccia da mediatore con gli altri paesi ''frugali''.
La base di partenza del nuovo negoziato vede la quota a fondo perduto del Recovery Fund, o meglio Plan, passare da 500 a 350 miliardi, mentre i restanti 400 miliardi sarebbero in prestito. La proporzione tra le due voci viene così ribaltata, per la gioia dei paesi ostili, ma la somma totale resterebbe la stessa, per non far incassare a Gentiloni e agli altri un'altra umiliazione (il fondo proposto dai commissari italiano e francese partiva da 1500-1600 miliardi).
CONTE MERKEL SANCHEZ MACRON
Torniamo al Consiglio europeo, che si terrà il 17 luglio, nel compleanno e ''a casa'' di Angela Merkel, visto che la Germania il 1 luglio avrà la presidenza di turno dell'Unione. Se non si dovesse trovare un accordo sul Recovery Fund in quella sede, la prima de visu dopo mesi di videoconferenze, Angelona non esclude di convocare un altro consiglio straordinario dopo due settimane, per portare a casa una proposta definitiva prima della pausa agostana.
matteo salvini e francesca verdini in spiaggia a sabaudia 14
Cosa che permetterebbe a Conte di rimandare a settembre il voto sul Mes, forse addirittura dopo le elezioni amministrative, dove scommette su un ridimensionamento leghista.
Infatti, se Salvini portasse a casa le due regioni blindate (Veneto e Liguria), ma non riuscisse a strappare nessuna delle altre (Puglia, Campania, Marche, Toscana), sarebbe un durissimo colpo per l'ala riottosa del Movimento, convinta che appiattirsi a Bruxelles porti voti alla Lega. Se Salvini non vince pur mantenendo l'opposizione al Mes, vuol dire che al grosso degli italiani non frega niente di questa battaglia, e la fronda grillina avrebbe in mano un'arma spuntata.
giuseppe conte rocco casalino emmanuel macron
Ma c'è un ma: se il Parlamento, con scatto patriottico, decidesse di saltare la consueta e lunga pausa estiva, per dare il messaggio al Paese di voler recuperare il tempo perduto durante la pandemia, sarebbe difficile far slittare ancora il voto sul Mes.
Quindi Conte e Casalino devono capire cosa conviene: dare l'immagine di una politica che si rimbocca le maniche, rischiando la scissione grillina, oppure di una politica in braghe di tela e racchettoni, che però tiene in piedi la traballante maggioranza.
Casalino di Battista
A proposito di scissione: uno scenario sempre più concreto (immaginato dall'ex guru grillino Paolo Becchi un anno fa) vede lo sdoppiamento come unica strada per la sopravvivenza dei 5 Stelle. Il ragionamento fila: l'attuale classe dirigente, da Di Maio alla Taverna, da Fico a Crimi, è al secondo mandato e dunque da statuto dovrà andare a casa alla fine della legislatura. Se non lo facesse, ripresentandosi alle urne in modalità ''casta incancrenita'', perderebbe buona parte del suo appeal, trascinando nel baratro pure il ''puro'' Di Battista e il furbo Casaleggio.
mimmo paresi, davide casaleggio, alessandro di battista, virginia raggi
Questo duo invece, se si staccasse temporaneamente dai 5 Stelle governisti, per tenere vivo un movimento ''extraparlamentare'' fedele alle origini e non sverginato dalle trame di Palazzo, potrebbe ripresentarsi alle prossime politiche offrendo di nuovo la fuffa anti-sistema che gli altri hanno venduto per un ricco piatto di lenticchie (i rimborsi non più rendicontati).
LA LOTTA TRA SALVINI E GIORGIA PER LA LEADERSHIP DEL CENTRODESTRA
Infine, il centrodestra. Mentre Berlusconi è più contiano di Casalino (e nel prossimo articolo vi spiegheremo perché), l'opposizione imita Rutte e chiede a Gualtieri come intende spendere i soldi per l'extra-deficit che sarà costretto a chiedere al Parlamento. In mancanza di Mes e di Recovery Fund, i soldi sono finiti e il ministro del Tesoro sta già scrivendo una Finanziaria 2021 tutta sangue e deficit e senza coperture.
ANTONIO TAJANI, MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI
Il centrodestra vuole partecipare ai lavori (finché ha i presidenti di commissione è più facile), e mettere alle strette il ministro del Tesoro. L'obiettivo è mostrare alla parte produttiva del paese quale nuovo e mirabolante tipo di assistenzialismo sta congegnando l'alleanza giallo-rossa, grazie alle tasse che gli imprenditori stanno per versare in barba alla pandemia.
matteo salvini e giorgia meloni alla foiba di basovizza per il giorno del ricordo
Conte, per seminare zizzania, ha ricevuto i leader separatamente. Ma l'obiettivo non è tanto dividere i tre, Berlusconi, Salvini e Meloni, quanto gli ultimi due. Il Capitone ripete di essere lui il capo del centrodestra, avendo ricevuto più voti degli alleati alle ultime elezioni. Giorgia invece, forte dei sondaggi in ascesa, lo rintuzza: "vedremo poi chi è il capo". I due non hanno una vera strategia in realtà, vanno di tattica: giorno per giorno cercano l'occasione buona per portare a casa qualche punto, e ci si buttano.
matteo salvini luca zaia e le ciliegie
Lo stesso vale nella Lega: Zaia che ripete di non volere il comando del partito dice una cosa ovvia, perché non può certo tentare il colpo di stato prima del voto regionale. Gli serve la conferma elettorale per andare – con l'appoggio di Giorgetti – all'assalto di Salvini, magari indebolito da un risultato non eccezionale nelle altre regioni.
matteo salvini giancarlo giorgetti lorenzo fontana
I due hanno il sostegno dei leghisti in Veneto, ovviamente, ma anche in Lombardia, dove Attilio Fontana è totalmente in quota Salvini, che gli ha messo al fianco la sua ex Giulia Martinelli (capo segreteria) e il fedelissimo Davide Caparini. Il flop di Fontana (anche solo comunicativo, visto che quello politico è stato ingigantito) si può dunque addossare alla fazione salviniana, elemento in più in mano a Zaia per dare l'assalto al partito. Al momento giusto.
matteo salvini a cervia con l'ex compagna giulia martinelli
SUL COLLE PIU' ALTO
Amoreale della fava: in tale caos, chi gode è solo il Conte Casalino. E ne ha bisogno visto il rapporto gelido che ha con Mattarella. L'unico che ancora lo sta a sentire è Ugo Zampetti, il segretario generale del Quirinale. Ma, dicono, sempre meno convinto delle doti di salvatore della patria del devoto di Padre Pio (tutto).
mattarella conte zampetti