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    "PIETROSTEFANI E GLI ALTRI ARRESTATI DI PARIGI? ANDAVANO ESTRADATI 40 ANNI FA. NON ACCADDE PER COLPA DELL'IPOCRISIA DEI POLITICI E DEGLI INTELLETTUALI” - FERDINANDO POMARICI, MAGISTRATO CHE CHIESE 22 ANNI PER GLI ASSASSINI DEL COMMISSARIO CALABRESI - "LO STATO NON DOVEVA RINUNCIARE ALL'ASPETTO PUNITIVO E RISARCITORIO, È L'UNICO MODO PER ONORARE LE VITTIME"


     
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    Paolo Colonnello per "la Stampa"

     

    FERDINANDO POMARICI FERDINANDO POMARICI

    L' ultima volta che prese la parola per questa storia fu nel lontano aprile del 1990 e fu per chiedere la condanna a 22 anni di reclusione degli assassini del commissario Luigi Calabresi. Poi Ferdinando Pomarici, già allora magistrato di punta nella lotta al terrorismo oggi in pensione, di questo processo che si protrasse per altri 9 anni e 14 sentenze (tra annullamenti, ricorsi, conferme), non volle più parlare. «Non mi voglio mescolare alle tante voci inutili che affollano i talk show».

     

    Ma ieri, l' arresto di Giorgio Pietrostefani, l' unico dei tre imputati (gli altri erano Adriano Sofri e Ovidio Bompressi) fuggito nel 2002 per rifugiarsi a Parigi, ha cambiato qualcosa, ha chiuso un ciclo. Perché nella visione "olistica" della giustizia di un magistrato tutto d' un pezzo come Pomarici, un processo non può essere separato dalla pena né dalla redenzione dell' eventuale condannato. «Così come prevede la Costituzione: ora gli arrestati, se sapranno dimostrare di aver cambiato vita, potranno accedere ai benefici di legge che il giudice di sorveglianza vorrà concedergli».

     

    Si chiude un' epoca dunque e si archivia anche la famosa "dottrina Mitterand" che permise ai molti terroristi nostrani di riparare in Francia.

    Sofri Bompressi Pietrostefani Sofri Bompressi Pietrostefani

    «Non confondiamo: la dottrina Mitterand in questa storia non c' entra nulla perché il suo presupposto era che per rimanere in Francia non bisognava aver commesso fatti di sangue. Invece quelli arrestati ieri erano tutti stati condannati per omicidio. E dunque avrebbero potuto essere tranquillamente estradati 40 anni fa».

     

    E perché non accadde?

    «Credo per comodità, per pigrizia, per quieto vivere. Per non dover affrontare i giornalisti, per un' ipocrisia di fondo della classe politica e degli intellettuali di questo paese».

    Parole dure, procuratore.

    Giorgio Pietrostefani adriano sofri Giorgio Pietrostefani adriano sofri

    «Dico solo quello che penso: chi avrebbe dovuto procedere non ha voluto affrontare il problema. Certo, si sarebbe esposto a polemiche, dovendosi assumere le proprie responsabilità. Si preferì non farlo. Oggi che l' aria è cambiata, scopriamo che ci sono persone che hanno commesso omicidi che da 40 anni stavano in libertà»

     

    Per tutti questi anni non si è potuta rendere giustizia alle vittime di una stagione di cui si è preferito nascondere la polvere sotto il tappeto. È così?

    Giorgio Pietrostefani Giorgio Pietrostefani

    «Come sempre in Italia manca un vero dibattito sulle grandi questioni, che non ci può essere se prima non c' è un aspetto punitivo e risarcitorio. Perché esiste lo Stato? Per impedire che la vedova Calabresi o il figlio Mario, o qualunque famigliare di una delle vittime di quella stagione, un domani prendano un mitra e vadano a sparare agli assassini riconosciuti dei loro cari. Ma se lo Stato rinuncia a questa possibilità come ha fatto per anni, quale dibattito si può aprire? » .

     

    Per qualcuno questi arresti sono in realtà più una vendetta dello Stato debole che un atto di giustizia. In fondo, a 40 anni dai fatti, che senso ha mettere in carcere una persona che sicuramente non è più la stessa?

    FERDINANDO POMARICI FERDINANDO POMARICI

    «Infatti la tragedia è proprio questa: aver rinunciato al loro arresto tanti anni fa, significa da una parte averli condannati a una vita di menzogna e averli privati nel contempo della possibilità di chiedere alla magistratura i benefici concessi a chi dimostra di aver cambiato vita.

     

    E non sono io a dirlo, ma la Costituzione che detta i tempi giusti. E che prevede l' espiazione in carcere. Poi c' è l' aspetto rieducativo della pena che è altrettanto importante di quello punitivo ma arriva dopo. Se saltiamo a piè pari questi passaggi, non potremo mai aprire la strada a una valutazione dell' emenda del reo».

     

    Dottore, però dopo 40 anni come si fa a giudicare la coscienza di un individuo?

    «Non è questo il punto. Se si sottrae allo Stato la possibilità di valutare l' intervenuto cambiamento di una personalità come quella, ad esempio, di Pietrostefani, si sottrae la funzione della giustizia di un Paese democratico. Tra Pietrostefani e Sofri, trovo che alla fine sia stato molto più serio Sofri».

     

    Rimase sorpreso della fuga di Pietrostefani?

    «No, lui era già un manager quando venne arrestato la prima volta, e si era completamente de-ideologicizzato. Per cui era diventato estraneo a qualunque forma di tenuta sul punto di ciò che era stata Lotta Continua».

     

    il commissario luigi calabresi il commissario luigi calabresi

    Come giudicherebbe oggi quell' organizzazione?

    «Non certo terroristica, Lotta Continua anzi fu sciolta dal suo interno perché ci fu chi si rese conto che stava dando luogo ad organizzazioni terroristiche».

     

    Che figura ci fanno i francesi?

    «Di connivenza. La loro è stata boria, perché si ritenevano il sistema giudiziario migliore d' Europa e non accettavano l' idea che potessero esserci condanne in contumacia».

     

    E per lei, che significato hanno questi arresti?

    «Il fatto che tutti i colpevoli siano stati consegnati alla giustizia mi dà una sensazione di vittoria personale, ma non verso gli imputati bensì per aver onorato un impegno verso le vittime. È la soddisfazione di un percorso ultimativo della giustizia».

    GIORGIO PIETROSTEFANI GIORGIO PIETROSTEFANI Giorgio Pietrostefani Giorgio Pietrostefani

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