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    ZALONE RINGRAZIA PER LA PROMOZIONE - PIROSO: ''QUANDO CAMILLA NESBITT SCRIVE ALLA MAMMÌ CHE S'INDIGNA PER IL FILM DI CHECCO E NON PER LE COPERTINE DEL SUO 'ESPRESSO', LE PIACE VINCERE FACILE. ECCO ALCUNE COPERTINE ULTRA-SEXY DELL'EPOCA…'' - CAZZULLO: ''ZALONE NON È RAZZISTA, NON FA SATIRA SUGLI IMMIGRATI, FA SATIRA SU DI NOI E LE NOSTRE PAURE''


     
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    ALESSANDRA MAMMI': ECCO PERCHE' NON VEDRO' IL FILM DI ZALONE

     

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    CAMILLA NESBITT: ''STUPORE E RACCAPRICCIO DAVANTI ALL'ARTICOLO DI ALESSANDRA MAMMI'''

    https://m.dagospia.com/stupore-e-raccapriccio-camilla-nesbitt-scrive-a-dagospia-e-risponde-alla-mammi-221184

     

     

     

    1 - IL VIDEO DI ZALONE E’ SESSISTA PER LA FIRMA DE “L’ESPRESSO”. LE COPERTINE OSE’ INVECE NO

    Antonello Piroso per “la Verità

     

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    Sono solo canzonette. Ma anche no. Da venerdì 6 dicembre Immigrato, cioè il video-colonna sonora dell'ultimo film di Checco Zalone, Tolo Tolo, ha totalizzato oltre due milioni e mezzo di visualizzazioni su Youtube.

     

    Merito anche delle polemiche intorno al significato "metapolitico" da appioppare al testo, su cui si è già intrattenuto su queste colonne Francesco Borgonovo sabato scorso.

    Tutto grasso che cola, in vista dell'arrivo in sala il prossimo primo gennaio, per l'attore-regista pugliese e quell'altra faina incanutita che è il suo produttore Pietro Valsecchi.

    Come se ciò non bastasse, a fare ulteriore pubblicità all'ultimo manufatto zaloniano è anche il confronto a distanza tra Alessandra Mammì, firma dell'Espresso, e Camilla Nesbitt, moglie di Valsecchi.

     

    alessandra mammi foto di bacco alessandra mammi foto di bacco

    Motivo della singolar tenzone? Il ruolo della donna nella canzone di cui sopra.

    Ussignur, mi verrebbe da dire: siamo ancora qui a disquisire dell'uso dell'immagine femminile, Il corpo della ragassa volendo citare il titolo di un romanzo di Gianni Brera del 1969, da cui 10 anni dopo il regista Pasquale Festa Campanile ricavò l'omonimo film con una ultrasexy Lilli Carati? Quasi all'alba del terzo decennio del terzo millennio, in cui le donne rivendicano pubblicamente la libertà della propria fisicità, financo sessuale, perfino come pornostar?

     

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    A dar fuoco alle polveri è stata Mammì, scrivendo a Dagospia per annunciare che non andrà a vedere il film nonostante l'entusiasmo del marito Marco Giusti (critico cinematografico che sempre per il sito aveva sfornato una recensione tutt'altro che negativa: "Zalone è l'unico in grado di affrontare la confusione ideologica degli italiani"): "Quel che mi ha più irritato non è il legittimo sospetto di vedere uno spot razzista (nientemeno, nda) ma la certezza di essere di fronte a un messaggio sessista".

     

    Cioè? "Ma l'avete vista la moglie -bianca traditrice- che occhieggia alla virile prestanza del nero? Fa ridere, dice il marito (mio). Questa non è satira, ma brutale maschilismo".

    Eh, la peppa. Su due piedi, a me sarebbe venuto da replicare: "Signora, ma lei ha mai sentito Zalone quando intona Uomini sessuali sui gay? Oppure La Taranta del Centrodestra, maramaldeggiando con le rime baciate dedicate a Mara Carfagna a Mariastella Gelmini? A voler essere un gendarme del politicamente corretto, anche lì sì ci sarebbero stati gli estremi dell'omofobia e del sessismo, ma non ricordo alcuno a sinistra inalberarsi per quel perculamento molto più che abrasivo".

     

    checco zalone video immigrato checco zalone video immigrato

    Nesbitt è invece intervenuta sul serio, con un incipit che non lascia spazio a dubbi: "Ho letto con stupore e raccapriccio la lettera di Mammì...".

     

    Raccapriccio perchè -scrive lady Valsecchi- avremmo voluto leggere cotanto risentimento quando il di lei marito Giusti ha pubblicato il Dizionario stracult della commedia sexy, ovvero un viaggio di 528 pagine sui film "a luci rosse" degli anni 70 (nel presentare la sua fatica, Giusti peraltro ha messo in mezzo un altro esponente della sinistra massmediologica: "Ricordo perfettamente il lancio che Carlo Freccero, allora responsabile dei film di Canale 5, fece di quelle pellicole con Edwige Fenech e Gloria Guida").

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    Stupore perchè "dov'era Mammì quando il suo giornale, l'Espresso, ha riempito per anni la copertine di donne scollacciate? L'Espresso sì, Zalone no. La solita doppia morale della sinistra".

     

    Diamo per scontato che la controindignazione di Nesbitt sia sincera e non faccia parte di un'abile strategia di marketing, cui l'intemerata di Mammì ha offerto un'occasione d'oro per battere il ferro promozionale.

     

    Sia come sia, sulle cover dell'Espresso a Nesbitt piace vincere facile.

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    Chi scrive ha iniziato a far (male) questo mestiere scrivendo per Panorama diretto da Claudio Rinaldi, chiamato affettuosamente dalla truppa "la mente criminale". Che sapeva benissimo che se voleva recuperare un po' di copie vendute rispetto a un numero "moscio", doveva schiaffare in copertina una bonazza per recuperare un buon 15% di vendite, e stiamo parlando di 75 mila copie su 500 mila vendute, non esattamente bruscolini.

     

    Difficile dire chi avesse cominciato: Panorama per adeguarsi all'Espresso (cui si accodavano volentieri -ma con tirature più basse- Epoca e Europeo)? O viceversa? Di certo, c'è che lasciando il primo per passare al secondo, Rinaldi non mutò approccio.

     

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    E se l'Espresso di Livio Zanetti (direttore dal 1970 al 1984) nel 1975 aveva provocato con una copertina-scandalo sull'aborto, una vera donna incinta fintamente crocifissa, da lì in poi ogni pretesto fu buono per impaginare, con titoli grondanti sapienti doppisensi, donne giovani e micro (o affatto) vestite.

     

    Non si rimane delusi: si va da "Vita da single" a "Un tuffo nella crisi", da "Anni d'oro" a "In vacanza con lo spread", da "Voglio una vita leggera" (e quindi senza vestiti) a "Vincere le allergie", da "Rinascere nel 1995" (con Claudia Koll desnuda) a "Malati di test" (con un paio di chiappe in primo piano, certo: con gli elettrodi), da "Nudo anch'io" (in cui il protagonista era Vittorio Sgarbi bello "biotto", in risposta alla copertina di Panorama che riproponeva un manifesto pubblicitario di Luciano Benetton nudo);

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    da "Povera Rai, poveri noi" (con signorina piegata in doggy style) a "Diario del Viagra" (dove uno s'immaginerebbe di trovare un uomo, come dire?, felice di essere vivo, e invece no: c'è una donna nuda a cavallo della pillolina blu), da "A tutta coca" (dove c'è sì una narice imbiancata, ma la prima cosa che si nota sono le labbra turgide e dischiuse) all'autoreferenziale e autopromozionale "Nudi in copertina: si può? Non si può?";

     

    fino a, e qui siamo davvero al capolavoro, "Tutti da Ciampi sabato sera" (sottotitolo: "Da Castelporziano a Capalbio-Indagine sulle spiagge dei potenti", e quindi con quale scatto corredare l'inchiesta? Ma è ovvio: una ragazza che con una mano si copre il seno, e con l'altra ammicca all'abbassamento delle mutandine con il pollice a tirare l'elastico...). Serve aggiungere altro?

     

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    2 - IL TRAILER DI ZALONE NON È RAZZISTA FA SATIRA SULLE NOSTRE PAURE

    Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera

     

    È chiarissimo che la geniale canzone di Checco Zalone non fa satira sugli immigrati. Fa satira su di noi. L' immigrato all' inizio pare una seccatura e alla fine si rivela una fregatura. Esattamente le paure inconsce - ma anche esplicite - degli italiani. Con tanto di presa in giro degli slogan leghisti - «prima l' italiano!» - e finale a petto in fuori sul balcone. (E con il rovesciamento dello schema di Cetto La Qualunque: non è più il marito a portare l' amante straniera a letto con la moglie, ma la moglie a portare l' immigrato a letto con il marito).

     

    Da qui la domanda: ma quelli che hanno dato del razzista a Checco sono gli stessi che non riescono a capire quello che leggono, o in questo caso vedono? Forse la vera risposta è un' altra. Sui social tutti parlano, molti insultano, calunniano, minacciano, e quasi nessuno ascolta. Per farsi sentire si avverte la necessità di alzare la voce. A costo di dire palesi sciocchezze. Forse dovremmo tutti prendere i social, e pure noi stessi, meno sul serio. Rinunciare a considerarli specchio della realtà, e ridurli a quello che sono: specchio del narcisismo di massa.

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