MONTEVERDE BABY GANG 1
Lorenzo D' Albergo per “la Repubblica - Edizione Roma”
Strutturati come una vera gang, armati di catene e bottiglie, erano diventati il terrore dei commercianti bengalesi di Monteverde. In dodici, in gran parte minorenni ma comunque ben organizzati, a partire dallo scorso aprile avevano iniziato a colpire i negozianti a cadenza quotidiana. Ogni sera, dopo cena. «Per noia», come hanno spiegato candidamente alla polizia.
A interrompere le scorribande della banda di ragazzini sono stati gli agenti del commissariato di zona, diretti da Antonio Roberti. In 12, comprese due ragazze, hanno sfilato davanti ai poliziotti: a seconda dei ruoli rivestiti durante i singoli raid, sono stati denunciati per rapina, furto, estorsione, lesioni e minacce. L' unico a salvarsi dalle accuse, ma solo per questioni di età, è stato il 13enne del branco.
I primi a sconfiggere la paura, dopo una lunga opera di convincimento dei poliziotti, e a denunciare le aggressioni sono stati due commercianti di largo Ravizza. Poi sono arrivate altre due segnalazioni in via di Monteverde.
MONTEVERDE BABY GANG 2
Nel primo caso, il titolare del supermarket era stato preso a calci e pugni, colpito da una bottigliata e ricoperto di spazzatura. Mentre in due infierivano sullo straniero, gli altri facevano razzia di birre e patatine. Durante il secondo colpo, uno dei ragazzi più violenti ha usato una catena per sbarazzarsi del proprietario del negozio. Ennesima rapina il 19 agosto in via Verospi: «I soldi o diamo fuoco a tutto».
Frase che riassume la ferocia dei membri del branco, più impegnati a commentare le loro bravate su Facebook che preoccupati di presentarsi a scuola al mattino. Tra le fila della gang anche alcuni baby pregiudicati: una giovane spacciatrice di hashish e un boxeur italo-egiziano (lo scorso 3 ottobre ha fracassato la mandibola a un filippino). E i genitori?
«Non sapevamo nulla», hanno ammesso sconsolati.
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Una curiosità: l' indagine è partita dal video di un gruppo di bengalesi ripresi a picchiare un italiano in strada. Il segno di una possibile guerra tra comunità che la polizia potrebbe aver sedato sul nascere.